Il chimico finse di ignorare entrambi. Ruiz-Sanchez poteva capire tutto ciò, almeno per quel che lo riguardava: il loro tentativo di redigere in comune un rapporto imparziale sulla spedizione di Lithia per il «J.I.R.» s’era rivelato disastroso per le relazioni, già tese, fra i due scienziati. Ma quella stessa tensione, come il Gesuita poteva vedere, addolorava Liu senza ch’ella stessa se ne accorgesse; e questo, lui non poteva ammetterlo. Liu non c’entrava, era innocente. Fece un tentativo disperato per attirare l’attenzione di Michelis…
— Attualmente, è nel suo periodo di apprendimento — disse, — e passa necessariamente la maggior parte del tempo ad ascoltare. Bisogna un po’ rifarsi alla famosa leggenda del bambino lupo che, allevato da animali, giunge a un dato momento nelle città senza conoscere il linguaggio degli uomini, ma con questa differenza: che i Lithiani non imparano la loro lingua durante l’infanzia, e quindi non hanno nessun «blocco» che impedisca loro di impararla agli inizi della vita adulta. Ecco perché Egtverchi ha bisogno di ascoltare continuamente (i nostri bambini lupo, nella maggioranza dei casi, invece non imparano a parlare). E infatti egli ci sta ascoltando anche in questo momento.
— Ma perché non risponde alle nostre domande? — domandò Liu turbata, evitando di guardare direttamente Michelis.
— Perché, secondo il suo punto di vista, non ha ancora niente da dirci — disse Ruiz. — E ai suoi occhi non abbiamo l’autorità necessaria per rivolgergli delle domande. Qualunque Lithiano adulto potrebbe interrogarlo, ma a quanto pare noi non ne abbiamo i requisiti; e quella che Mike chiama «parentela adottiva» non significa nulla per una creatura adattata a un’infanzia solitaria.
Michelis non disse nulla.
— Prima, almeno, ci chiamava — riprese Liu in tono triste. — Cioè, almeno chiamava voi.
— La cosa è diversa. Prima si trattava di una reazione di piacere; non aveva nulla a che vedere con l’autorità o con l’affetto. Se prendiamo un gatto, o anche un topo, e gli impiantiamo un elettrodo nel setto o nel nucleo caudato, in modo che possa stimolare elettricamente il proprio cervello col semplice atto di premere una leva, allora possiamo addestrarlo a fare qualsiasi cosa (tra quelle che può fare, beninteso) in cambio della sola ricompensa di quella piccola scossa nel cervello. Nello stesso modo, un gatto, un ratto da laboratorio, un cane, imparano a rispondere al proprio nome, o a fare qualche azione, per ottenere piacere. Ma non possiamo aspettarci che l’animale ci rivolga la parola o risponda alle nostre domande soltanto per il fatto che può fare certe azioni sotto stimolo.
— Non ho mai studiato questi antichi esperimenti sul cervello — disse Liu. — Mi paiono una cosa orribile.
— Anche a me — rispose Ruiz. — È un antico filone di ricerche che, per chissà quale motivo, si è interrotto. Non ho capito perché i nostri megalomani non l’abbiano mai applicato agli esseri umani. Una dittatura basata su questo principio potrebbe davvero durare mille anni. Comunque, la cosa non ha niente a che vedere con ciò che mi chiedevate di Egtverchi: quando sarà maturo per parlare, Egtverchi parlerà. Frattanto, non abbiamo la statura necessaria, per costringerlo a rispondere alle nostre domande. Per ottenere questo, dovremmo essere degli adulti Lithiani, altri quattro metri.
Gli occhi di Egtverchi si ricoprirono della loro membrana, poi, bruscamente, il Lithiano giunse le mani.
— Voi siete già troppo alti per me — disse con la sua voce rauca, attraverso l’altoparlante.
Colta da una gioia improvvisa, Lìu batté le mani.
— Avete visto, Ramon? Avete visto? Egtverchi, che cosa vuoi dire? Spiegaci che cosa hai voluto dire.
Egtverchi mormorò a titolo sperimentale:
— Liu, Liu, Liu…
— Sì, proprio così, Egtverchi. Continua, continua… che cosa volevi dire? Spiegaci che cosa volevi dire.
— Liu…
Egtverchi parve aver perso interesse a proseguire. Ogni colore era scomparso dai suoi bargigli. Riprese il suo atteggiamento di statua.
In quell’istante, Michelis emise un colossale sbuffo di disprezzo. Liu si volse di scatto, e così pure Ruiz, anche senza averne avuto l’intenzione.
Ma era troppo tardi. Il massiccio chimico della Nuova Inghilterra aveva già voltato loro la schiena, come disgustato con se stesso per avere interrotto il proprio silenzio. Lentamente, anche Liu si volse dall’altra parte, forse soltanto per nascondere il proprio viso a tutti, compreso Egtverchi. Ruiz venne lasciato solo, al vertice di quel tetraedro di disinteresse.
— Sarà davvero una bella esibizione, per un aspirante cittadino delle Nazioni Unite — disse improvvisamente Michelis, in tono di amarezza, senza voltarsi. — Suppongo che era quanto vi aspettavate chiedendomi di venire qui. Che cosa vi ha indotto a parlarmi dei grandi progressi che avrebbe fatto? Da come parlavate, a questo punto dovrebbe già essere in grado di enunciare complicati teoremi matematici.
— Il tempo — disse Egtverchi, — è una funzione del cambiamento, e il cambiamento è l’espressione della validità relativa di due proposizioni, una delle quali contiene un tempo t e l’altra un tempo t primo, che differiscono tra loro soltanto per il fatto che l’una contiene la coordinata t e l’altra la coordinata t primo.
— Giustissimo — disse freddamente Michelis, volgendo lo sguardo verso la testa massiccia di Egtverchi. — Ma so benissimo da dove viene tutta questa farina. Se sai fare soltanto il pappagallo, ti ci vorrà ben altro per diventare un cittadino della nostra cultura, mi puoi credere.
— Chi siete? — domandò Egtverchi.
— Il tuo garante, e che Dio mi aiuti — disse Michelis. — Ho un certo nome e una discreta riputazione e posso garantirti che se vuoi avere diritto di cittadinanza su questo pianeta, Egtverchi, dovrai fare qualcosa di meglio che cercar di passare per Bertrand Russell o per Shakespeare.
— Non credo che possa capire questi concetti — intervenne Ruiz. — Abbiamo tentato di spiegargli la proposta di naturalizzazione, ma non ha dato minimamente a vedere che avesse capito. Ha appena finito di leggere i Principia, così che non c’è nulla di assurdo nel fatto che si verifichi un certo «feed-back», come si dice in cibernetica: un certo ritorno di informazione. È una cosa che gli capita di tanto in tanto.
— In un «feedback» di primo grado — mormorò Egtverchi con voce sonnolenta — se le connessioni sono invertite, la minima perturbazione si aggraverà da sé. In un «feedback» di secondo grado, un’uscita dai limiti normali provocherà variazioni fortuite nella rete, le quali cesseranno solo quando il sistema sarà ridivenuto stabile.
— Gran Dio! — gridò selvaggiamente Michelis. — Dove sei andato a prendere questa roba? Basta! Se credi di darmela a intendere per un solo istante…
Egtverchi chiuse gli occhi e tacque. Michelis urlò di nuovo:
— Insomma, vuoi o non vuoi parlare?
Senza aprire gli occhi, Egtverchi riprese: — Conseguentemente, il sistema potrà sviluppare funzioni vicarie, se alcune delle sue parti siano andate distrutte.
E tacque di nuovo. S’era addormentato.
Anche ora, gli capitava molto spesso di addormentarsi.
— Reazione di fuga — spiegò dolcemente Ruiz. — Ha creduto che lo minacciaste.
— Mike — disse Liu, con una specie di gravità disperata, — che cosa avete intenzione di fare? Non vi risponderà mai, soprattutto se gli parlerete con quel tono. Malgrado il suo aspetto, è ancora un cucciolo, un bambino. È chiaro che impara tutte queste cose automaticamente e che ogni tanto gli capita di ripeterle, quando gli sembrano appropriate, ma se continuiamo a interrogarlo non sa come proseguire. Abbiate un po’ di fiducia in lui! Dopo tutto, non è stato lui a chiedervi di far venire il comitato per la naturalizzazione.