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Sally riprese a spalare mentre King la studiava con attenzione.

«Puoi dirlo a me o all’FBI, scegli tu.»

«Non so di che cosa stai parlando, Sean. Perché avrei dovuto pregare sulla tomba di Junior? Come ti avevo già detto, lo conoscevo a malapena.»

«È proprio quello che sono venuto a chiederti, perché invece è evidente che lo conoscevi bene.»

«Be’, ti sbagli.»

«Sei sicura di volerti intestardire così?»

«Ho un sacco di lavoro da concludere prima di sera.»

«Ottimo, è tuo dovere. Conosci un buon avvocato?»

Sally smise di spalare e lo fissò sgomenta. «Perché dovrei aver bisogno di un avvocato? Non ho fatto nulla di male.»

King le tolse gentilmente il badile dalle mani e lo appoggiò di lato. Poi le si avvicinò così tanto da costringerla ad arretrare con le spalle allo sportello di legno di uno dei box. «Permettimi di essere il più chiaro possibile. Se sei a conoscenza di informazioni relative all’assassinio di Junior Deaver o al furto con scasso e intenzionalmente nascondi la cosa alle autorità, è un reato punibile con la detenzione. E se sarai accusata di reticenza ti occorrerà un avvocato. Se non ne hai uno posso raccomandartene diversi, tutti bravissimi.»

Sally parve sul punto di scoppiare a piangere da un istante all’altro.

«Non so niente, Sean, non so niente!» gemette.

«Allora non hai assolutamente nulla di cui preoccuparti. Ma se stai mentendo, potresti finire in carcere.» Le restituì il badile. «E se da un lato là dentro non hanno cavalli, dall’altro hanno pur sempre quintali di merda. Della varietà umana.»

King estrasse di tasca uno dei suoi biglietti da visita e lo incastrò da un angolo nella fascia tergisudore del cappello di Sally. «Perciò quando ci avrai riflettuto e avrai capito che ho ragione, chiamami. Posso aiutarti.»

Mentre lui si allontanava con passo deciso, Sally levò il biglietto da visita dal cappello e lo osservò con aria impotente.

58

Lo studio di Eddie era situato in un fienile a due piani riattato che sorgeva dietro la vecchia rimessa. Michelle entrò da una porta laterale e chiamò Eddy a voce alta.

L’interno era stato completamente rifatto. Il piano superiore aveva una fila di ampie finestre panoramiche e un lucernario centrale per garantire l’illuminazione giusta al pittore; tavoli da lavoro, cavalietti, e secchi di pennelli e altri attrezzi erano disposti con ordine. Grandi e piccole tele in vari stadi di lavorazione erano appese alle pareti. L’odore intenso di colori a olio e di trementina aleggiava greve nell’aria. Un’ampia scala di legno portava a una stanzetta senza finestre munita di porta.

«Eddie?» ripeté Michelle mentre esaminava alcune opere appese alle pareri. Ritratti e paesaggi erano eseguiti con una meticolosa attenzione per i dettagli. C’era una scena quasi finita di una battaglia della Guerra di Secessione che, all’occhio dichiaratamente inesperto di Michelle, non avrebbe affatto sfigurato in un museo.

Su un altro muro erano appesi in perfetto ordine con tanto di etichette numerosi oggetti. Aveva tutta l’aria di essere una collezione di reperti storici relativi alla passione di Eddie per le rievocazioni.

Michelle si voltò quando udì un rumore di passi affrettati sulla scala di legno. Eddie indossava un grembiule da vecchio pittore, la parte anteriore del quale era macchiata di pittura blu; i suoi capelli erano spettinati e scomposti in modo affascinante. Sottobraccio reggeva quella che sembrava una piccola tela dipinta di recente. Era coperta da un drappo.

«Ehilà! Ero di sopra a ultimare una cosa.»

Michelle indicò i quadri. «Non sono un’esperta, ma non mi sarei mai aspettata di vedere lavori di un tale livello.»

Eddie agitò la mano con noncuranza, ma il suo sorriso tradiva quanto il complimento gli avesse fatto piacere. «Da un punto di vista tecnico non sono certo un imbrattatele, penso. Ma i pittori veramente geniali hanno quel qualcosa in più — credo che nessuno sia in grado di quantificarlo — che io non ho. Ma va bene anche così. Sono felice del talento che ho, e anche i miei clienti.» Prese la tela che aveva sottobraccio e la pose su un cavalletto vuoto, ma senza scoprirla.

«Ebbene? Avete avuto fortuna con la mamma?»

«Quando tua madre si rifiuta di fare qualcosa, tanto vale cercare di smuovere una montagna. Ma non demorderemo. Che cos’è?»

Eddie si era girato verso di lei con un sorriso smagliante. «Okay, chiudi gli occhi.»

«Cosa?»

«Chiudi un momento gli occhi.»

Michelle esitò, ma poi fece come le chiedeva.

«Okay, e adesso aprili.»

Quando li riaprì, si trovò a fissare se stessa, o almeno il suo ritratto su tela, con il costume da ballo che indossava alla rievocazione storica. Si avvicinò al quadro e lo studiò da vicino, con attenzione, prima di voltarsi ammirata verso Eddy.

«Ecco perché ti ho scattato una foto con la Polaroid» le spiegò.

«È bellissimo. Come hai fatto a dipingerlo così in fretta?»

«Ci ho lavorato tutta la notte. Con la motivazione giusta uno è capace di portare a termine qualsiasi cosa. Ma non ti rende giustizia, Michelle, assolutamente.» Eddie avvolse la tela con carta da pacchi marrone, che fissò con scotch. «È tuo. Puoi portartelo via.»

«Ma perché mi hai fatto un ritratto?»

«Hai trascorso un’intera giornata a guardarmi recitare la parte del soldato: era il minimo che potessi fare.»

«Mi è piaciuto moltissimo. Non è stato un peso.»

«Lo apprezzo comunque.»

Michelle sfiorò il quadro impacchettato. «E io apprezzo questo.»

Lo abbracciò di slancio, e rimase sorpresa dalla forza con cui la strinse. E a sua volta lo strinse più forte a sé. Per un lungo momento i loro corpi restarono incollati l’uno contro l’altro. Eddie odorava di colori a olio, di sudore e di qualcos’altro, qualcosa di intensamente maschile. Michelle seguì lievemente con mani carezzevoli i muscoli sodi della sua schiena e delle spalle. Non avrebbe voluto lasciarlo andare, ma alla fine si ritrasse da lui, con gli occhi bassi.

Lui le prese in modo gentile il mento con una mano e le sollevò il capo. «Senti, so che probabilmente la cosa comincia a imbarazzarti un pochino. Non mi sto facendo avanti. Domani non ti sveglierai trovando fuori della porta di casa una macchina nuova fiammante. Però…»

«Eddie…» sospirò Michelle, ma lui alzò la mano per interromperla.

«Però dico che è bello avere un’amica.»

«Pensavo che ne avessi a bizzeffe di amici, sia uomini che donne.»

«In realtà sono più un solitario. Faccio il pittore e combatto per finta in finte battaglie.»

«E fai entrambe le cose benissimo» disse Michelle.

«È proprio così» disse un’altra voce.

Si voltarono entrambi all’entrata in scena di King.

«Ciao Eddie» salutò.

I due si scambiarono una cordiale stretta di mano mentre Michelle li osservava imbarazzata.

King si guardò intorno ammirando i quadri alle pareti. «Hai davvero un occhio straordinario.»

«Sicuro che mia madre non ti abbia pagato per dirlo?»

King osservò la collezione di reperti storici della Guerra di Secessione. «Una raccolta interessante.»

«Uno dei miei pochi hobby.» Sorrise a Michelle. «Sai una cosa, Sean? Dovremmo convincerti a partecipare alle rievocazioni storiche. Ti ci vedo su un robusto stallone andare alla carica dritto in bocca a una batteria di cannoni nordisti, dormire tra nugoli di zanzare e sgranocchiare gallette fino a farti scoppiare le arterie.»

King lanciò un’occhiata a Michelle e sorrise. «Il giorno in cui mi vedrete fare una cosa del genere sarà il giorno in cui il cielo cadrà e ci ucciderà tutti» disse, ripetendo la replica di Michelle all’offerta di Lulu di fare la ballerina di lap dance.