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«Che cos’è avvenuto dopo?» lo pungolò King.

«Mi sono addormentato. Cioè, credo di essermi in effetti addormentato. Perché, a parte questo, non ricordo nulla, e quando mi sono svegliato mi sono ritrovato qui all’ospedale. Che cosa diavolo è successo?»

«I dottori parlano di solfato di morfina, noto anche come MS Contin» rispose Williams. «Garantito per mettere al tappeto chiunque per otto o nove ore, o anche di più.»

«Ma perché?» domandò Eddie. «Cos’è capitato nel frattempo?»

King lanciò un’occhiata a Williams. «Non glielo hai ancora detto?»

«Dirmi cosa?» gli fece eco Eddie.

Williams lo fissò negli occhi. «Sally Wainwright è stata assassinata intorno alle cinque e mezzo di questa mattina.»

Eddie si tirò su a sedere così in fretta da strapparsi quasi l’ago della flebo. «Cosa?» gridò. «Sally?»

«Eddie!» strillò sua madre costringendolo a sdraiarsi ancora. «Ti farai male.»

Improvvisamente Eddie strabuzzò gli occhi e urlò di nuovo. «Dio santo! Dorothea! Sta bene?»

«Non le è successo niente» si affrettò a tranquillizzarlo Williams. «Sta assolutamente bene.»

«Per ora» borbottò Bailey.

Eddie si abbandonò di nuovo sui cuscini, ma afferrò sua madre per un braccio. «Qualcuno ha ucciso Sally nel sonno?»

King disse: «No, è stata uccisa nelle scuderie».

«Ma perché Sally?» domandò Eddie.

Williams guardò King, che spiegò: «Ci aveva informato di un dettaglio essenziale che scagionava completamente Junior dal furto con scasso avvenuto a casa di tua madre».

Ora fu la volta di Remmy di restare sbalordita. «Ero già arrivata alla conclusione che Junior non c’entrava affatto, ma com’è possibile che Sally ne avesse la prova?»

«È così, e per il momento non aggiungiamo altro» dichiarò Williams.

«Quello che vi ha detto accusava qualcun altro?» volle sapere Eddie.

«No» ammise King.

«Allora perché ucciderla?»

«Non so darti una risposta. Non conosco la risposta a un mucchio di interrogativi.»

Bailey prese la parola. «Ma quello che sappiamo di sicuro, Eddie, è che ieri sera sei stato drogato, e mentre eri incosciente qualcuno ha ucciso Sally. Una persona che conosceva i suoi orari e le sue abitudini quotidiane, e che sapeva che a quell’ora del mattino sarebbe stata nelle scuderie.»

Tutti rimasero a lungo in silenzio finché Eddie non esclamò: «State insinuando che mia moglie…».

Fu Williams a intervenire. «Io non sto insinuando niente. Confermo solo un dato di fatto. Però a questo punto Dorothea è sospettata.»

Eddie scosse il capo. «È una rispettabile donna d’affari.»

«Con problemi di tossicodipendenza e forse sospettata di omicidio» puntualizzò Remmy in tono tagliente.

«Taci, mamma!» urlò Eddie.

Questa reazione colse tutti alla sprovvista. Remmy lasciò andare lentamente la mano di suo figlio.

Eddie puntò un dito accusatore contro Williams. «Se pensate anche solo per un istante che Dorothea abbia narcotizzato me e poi ucciso Sally, state sprecando tempo prezioso mentre il vero assassino se la passa liscia.»

«È nostro dovere indagare su ogni possibile traccia» disse Bailey con calma.

«Comprese le più ridicole?»

«Sarà meglio che ti riposi un po’, Eddie» intervenne King in tono gentile. «Hai avuto una notte molto dura.»

«Bene, adesso vorrei chiedere a tutti di lasciarmi solo.»

Distolse lo sguardo senza salutarli e si coprì il volto con l’avambraccio.

Remmy si alzò dalla sedia e si avviò verso la porta. «Verrò più tardi a vedere come stai, figliolo.»

«Come ti pare» tagliò corto Eddie.

Remmy arrivò alla porta, poi si voltò verso Williams. «La sa una cosa? Ho l’impressione che non sia stato fatto un solo passo avanti nelle indagini e che si sia ancora al punto di partenza. Sono state uccise un mucchio di persone e non si è fatto alcun progresso.» Indirizzò a Bailey un’occhiata perfida. «Il discorso vale anche per l’illustre FBI. Mi chiedo per che diavolo pago le tasse.» E uscì dalla stanza.

Gli uomini la seguirono fuori.

Michelle indugiò un momento presso la porta e lanciò un’occhiata a Eddie dietro di sé. Era ancora immobile sul letto, con la faccia coperta. Se ne andò in silenzio.

74

Trascorsero due giorni senza tracce di Roger Canney, nonostante Chip Bailey e Williams avessero posto tutta la zona sotto controllo.

«È come se fosse andato a rintanarsi in qualche dannato buco chissà dove» si lagnò l’agente dell’FBI in una riunione del pool investigativo.

Con otto morti in totale e i tentati omicidi di King e Michelle, ora Wrightsburg straripava di agenti e ispettori delle forze dell’ordine che si dannavano dalla sera alla mattina per scovare indizi e prove, e soprattutto rappresentavano il modo più appropriato di saziare l’orda di giornalisti che aveva invaso la città. Era difficile trovare un solo cittadino che non fosse stato intervistato. Non si poteva più guardare i telegiornali nazionali o leggere il “Washington Post”, il “New York Times” o “USA Today” senza vedere un servizio sui cruenti fatti di sangue di Wrightsburg. Un esperto dopo l’altro proponevano soluzioni, la maggior parte delle quali non avevano niente a che fare con i fatti veri e propri del caso. La gente del posto cominciava a mettere in vendita abitazioni a prezzi stracciati, l’economia locale aveva subito un tracollo, e non sembrava più esagerato pensare che la cittadina si sarebbe spopolata e avrebbe cessato di esistere se l’assassino o gli assassini non fossero stati catturati al più presto. Eminenti membri della leadership politica ed economica della Virginia chiedevano — non certo sorprendentemente — la testa di Williams, insieme a quelle dei suoi due principali — per quanto di fresca nomina — vice: King e Maxwell. Anche Bailey era sottoposto alla pressione dei suoi superiori, ma si occupò delle sue cose come al solito, verificando con metodo qualsiasi potenziale indizio, nonostante quasi tutti finissero invariabilmente in un vicolo cieco.

Eddie fu dimesso dall’ospedale più o meno alla stessa ora in cui Sylvia completò l’autopsia di Sally; non che la causa della sua morte fosse mai stata in dubbio. Nessuna nuova pista si era materializzata, ma almeno non c’erano stati altri morti.

In mezzo a tutta questa confusione e a questo caos di esami minuziosi, quando tutta la città parve sul punto di implodere da un momento all’altro, Sean King tirò fuori due bottiglie di buon vino dal suo frigorifero portatile e andò a cena con Michelle a casa di Harry Carrick.

Quando la sua socia uscì dal cottage e salì sulla Lexus decappottabile, King spalancò tanto d’occhi a quella vista. «Sei splendida, Michelle» si complimentò, esaminando attentamente il bell’abitino aderente che arrivava più o meno a metà coscia e mostrava una dose salutare delle sue gambe da campionessa olimpionica. Sfoggiava anche un elegante scialle blu drappeggiato sulle spalle; non portava più il braccio al collo. Si era truccata e a quanto pareva si era persino lavata i capelli, tanto che nessuna delle solite ciocche ribelli le ricadeva sulla faccia. Era uno stridente contrasto con i suoi soliti jeans, giubbotti impermeabili, scarpe sportive, tute da ginnastica e trecce al vento.

Da parte sua King indossava un elegante completo con tanto di cravatta, e aveva perfino un fazzoletto nel taschino della giacca.

«Volevo solo fare buona impressione su Harry» si affrettò a dire Michelle. «Ma accidenti, da te non mi aspettavo tanti complimenti.»

«Non so proprio di che cosa stai parlando.»