— A mamma non va a genio che tu sia Ender.
— Lo so.
— Ma ti vuol bene lo stesso.
— So anche questo.
— E Quim… questa è buffa davvero, ma ora che sa che sei Ender gli piaci di più proprio per questo.
— E perché lui è un crociato, e io mi sono fatto la mia cattiva fama vincendo una crociata.
Olhado ebbe un sorrisetto. — Hai ucciso più esseri viventi che chiunque altro nella storia.
— Mia madre mi diceva sempre: sii il migliore, qualunque cosa fai.
— Ma quando hai fatto l’elegia per papà mi hai fatto sentire triste per lui. Tu riesci a far sì che le persone si amino l’un l’altra e si perdonino. Come hai potuto annientare quei miliardi di esseri viventi nello Xenocidio?
— Ero convinto di giocare un videogame. Non sapevo che quella era la realtà. Ma questa non è una buona scusa, Olhado. Se avessi saputo che stavo combattendo battaglie vere, avrei fatto la stessa cosa. Credevamo che loro volessero sterminarci. Eravamo in errore, però non avevamo modo di scoprirlo. — Ender scosse il capo. — Solo che io ne sapevo di più. Io conoscevo il nemico. Ed è così che le ho sconfitte, le Regine degli Alveari di tutti quei pianeti. Le conoscevo così bene da amarle, o forse le amavo tanto da conoscerle. E non volevo più combatterle, neppure per gioco. Ne avevo abbastanza. Volevo soltanto tornarmene a casa. Così misi fine a quello che credevo un gioco, e nell’ultima battaglia polverizzai il loro pianeta natale.
— E oggi abbiamo trovato un posto dove riportare alla vita l’ultima Regina. — Olhado s’era fatto serio. — Sei sicuro che non cercherà di vendicarsi? Come puoi dire che non tenterà di spazzar via l’umanità, a cominciare da te?
— Ne sono sicuro — disse Ender, — come posso esserlo di qualunque altra cosa.
— Non assolutamente sicuro — constatò Olhado.
— Sicuro abbastanza da ridarle il diritto alla vita — disse Ender. — Ma non possiamo pretendere l’assoluta certezza. Quando crediamo a fondo in una cosa, agiamo come se fosse vera. E questo tipo di sicurezza noi la chiamiamo conoscenza. Fatti. Scommettiamo la vita su di essi.
— Credo che tu stia facendo proprio questo. Scommetti la tua vita su di lei, su quel che pensi lei sia.
— Io sono molto più presuntuoso. Ci sto scommettendo anche la tua vita, e quella di tutti gli altri, e non ho neppure chiesto la loro opinione.
— È comico — disse Olhado. — Se domandassi a chiunque se si fiderebbe di Ender, per una decisione che coinvolge il destino della razza umana, mi risponderebbe di no senza esitare. Ma se chiedessi se si fiderebbe dell’Araldo dei Defunti, per la la maggior parte direbbero di sì. E nessuno immaginerebbe che stiamo parlando della stessa persona.
— Già — mormorò Ender. — È comico.
Nessuno dei due rise. Poi, dopo un lungo silenzio, Olhado ritrovò la voce. I suoi pensieri erano tornati all’argomento che gli stava più a cuore. — Non voglio che Miro se ne vada via per trent’anni.
— Diciamo venti.
— Fra vent’anni io ne avrò trentadue. Ma lui tornerà con l’età che ha adesso. Vent’anni. Dodici anni più giovane di me. Se mai ci fosse una ragazza disposta a sposare uno con gli occhi di metallo, potrebbe trovarmi sposato e con dei figli. Non mi riconoscerebbe neppure. Io voglio essere sempre il suo fratellino più piccolo. — Olhado deglutì. — Sarebbe come se lui morisse.
— No — disse Ender. — Sarebbe come se lui passasse dalla sua seconda vita alla terza.
— Anche questo è come morire — mormorò Olhado.
— È anche come rinascere — disse Ender. — E se uno sa che dovrà rinascere, può sopportare di morire.
Valentine chiamò il giorno dopo. Le mani di Ender tremavano nel battere le istruzioni sul terminale. Non si trattava di un semplice messaggio scritto, inoltre. Era una chiamata a voce, via ansible e in diretta, con precedenza assoluta sulla rete. Incredibilmente costosa, ma questo non era un problema. A emozionare Ender era il fatto che se Jane — con le comunicazioni ansible con i Cento Mondi interrotte — faceva passare quella chiamata, significava che era una cosa urgente. E solo allora Ender aveva riflettuto che Valentine poteva trovarsi in pericolo. La Federazione Starways doveva aver già capito che lui era coinvolto nella ribellione, e per loro sarebbe stato automatico piombare su sua sorella.
Era invecchiata di ventidue anni. Inquadrato nel campo olografico, il suo volto mostrava le sottilissime rughe lasciate dal sole e dal vento sulle isole, sui fiordi e sulle barche di Trondheim. Ma il suo sorriso era immutato, e negli occhi aveva la stessa luce. Ender rimase muto per alcuni secondi, guardando i mutamenti che il tempo aveva portato a sua sorella; e ammutolita fu anche lei, perché Ender non era cambiato affatto, una visione che risaliva a galla dal suo passato.
— Ah, Ender — sospirò. — Sono mai stata tanto giovane?
— E io sarò mai capace d’invecchiare con tanta bellezza?
Lei rise. Poi si poggiò una mano sugli occhi e pianse. Ender no; come avrebbe potuto? Sua sorella gli mancava soltanto da due mesi. A Valentine lui mancava da ventidue anni.
— Suppongo che tu abbia saputo dei nostri guai con la Federazione — disse lui.
— Immaginavo che tu ci fossi dentro.
— Fino al collo, a dir la verità — annuì Ender. — Ma sono contento d’esser qui. Ho deciso di restare per sempre.
Lei sorrise e si asciugò gli occhi. — Sì. L’aveva immaginato. Ma dovevo chiamarti per esserne certa. Non voglio buttar via vent’anni nello spazio, per poi arrivare lì e scoprire che te ne sei già andato.
— Tu verrai qui? — si stupì lui.
— Pare che io abbia trovato molto eccitante la vostra rivoluzione laggiù, Ender. Dopo vent’anni passati ad allevare una famiglia, a insegnare ai miei studenti, ad amare un marito e a vivere in pace con me stessa, credevo che non avrei più resuscitato Demostene. Ma poi è arrivata la notizia dei contatti illegali con i maiali, e subito dopo quella che Lusitania era in rivolta, e all’improvviso la gente si è messa a dire le cose più ridicole, e mi sono accorta che era l’inizio dello stesso antico odio. Ricordi i video sugli Scorpioni? Quanto apparivano terribili e spaventosi? D’un tratto qui ci siamo trovati con il video dei corpi che avevano trovato, quegli xenologi, non ricordo i nomi, e foto e conferenze impressionanti, trasmesse per far rinascere la febbre della guerra. E poi storie sulla Descolada, e sul fatto che chiunque lasci Lusitania per andare su un altro pianeta lo distruggerà… la peggior pestilenza mai immaginata negli incubi…
— Ed è la verità — disse Ender. — Ma ci stiamo lavorando sopra. Cerchiamo di scoprire un metodo per impedire alla Descolada di espandersi, se uno di noi andasse su un altro pianeta.
— Vero o no, Ender, tutto sta spingendo verso la guerra. Io ricordo cosa fu la guerra interstellare. Così ho resuscitato Demostene. Sono riuscita, neppure io so bene come, a mettere il naso in rapporti e documenti riservati, Ender. E ho scoperto che la flotta è armata con il Little Doc. Se decidessero di farlo, potrebbero polverizzare Lusitania. Proprio come…
— Proprio come io ho fatto altrove. Giustizia poetica finire nello stesso modo, non ti pare? Chi di spada ferisce…
— Non scherzare così con me, Ender! Adesso sono una rigida matrona di mezz’età, e non ho più pazienza per le frivolezze. Non in questo momento, almeno. Ho scritto alcune sporche verità su quello che la Federazione sta facendo, e ho pubblicato gli articoli firmandoli Demostene. Il loro servizio segreto mi sta addosso. Tradimento, è la parola che usano.
— E così ti trasferisci qui?
— Non soltanto io. Jakt ha intestato la flotta da pesca ai fratelli e alle sorelle. Ci scontriamo già con molti ostacoli, ma siamo riusciti a comprare un’astronave. Evidentemente qui c’è un movimento di resistenza che ci sta aiutando… un agente di nome Jane, che opera sui computer per mascherare le nostre attività.