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— Io ti conosco — mormorò Jane. — Ti conosco meglio di quello che credi. Tu devi andare a vedere se la Regina dell’Alveare può vivere là, protetta dalla quarantena parziale già in vigore sul pianeta. Ciò che vuoi è andare là, per scoprire se riesci a capire chi sono i maiali.

— Anche se tu avessi ragione, Jane, non posso andarci — borbottò Ender. — L’immigrazione in quella colonia è rigidamente limitata, e inoltre io non sono cattolico.

Jane roteò gli occhi. — Sarei qui a insistere tanto, se non sapessi in che modo ci puoi arrivare?

Un’altra faccia apparve. Era quella di una fanciulla, ma niente affatto innocente e dolce come Jane. La sua espressione era fredda e dura, negli occhi le brillava uno sguardo penetrante, e aveva le labbra strette nella smorfia rigida di chi ha dovuto imparare a vivere nella dura morsa della sofferenza. Non dimostrava neppure diciott’anni, ma su quel volto sembrava esserci una vita intera.

— La xenobiologa di Lusitania: Ivanova Santa Catarina von Hesse. Chiamata Nova, o Novinha. Ha chiesto l’intervento di un Araldo dei Defunti.

— Perché ha quell’espressione? — domandò lui. — Cosa le è successo?

— Ha perso i genitori quand’era una bambina. Ma negli ultimi anni ha amato come un padre un altro uomo. Quello che è stato ucciso dai maiali. È per parlare della sua vita e della sua morte che chiede i tuoi servizi di Araldo.

Osservando quel viso Ender dimenticò le sue preoccupazioni per la Regina dell’Alveare e per i maiali. Riconosceva l’angoscia da adulto dipinta nello sguardo di un fanciullo. L’aveva già vista durante le ultime settimane della Guerra contro gli Scorpioni, quand’era stato spinto oltre i limiti della sopportazione, giocando battaglia dopo battaglia in un gioco che non era un gioco. L’aveva vista dopo la conclusione della guerra, allorché aveva scoperto che quelle sedute di addestramento non erano affatto un addestramento, e che tutte le simulazioni erano state realtà, perché lui aveva comandato le flotte di astronavi terrestri via ansible. Quel giorno, quando gli era stato detto che aveva appena sterminato l’intera razza degli Scorpioni, quando aveva capito quale genocidio era stato commesso sotto il suo comando strategico, si era guardato allo specchio e la faccia che aveva visto era stata quella, esausta per un senso di colpa troppo pesante da sopportare.

Cosa accadeva a questa ragazza? Cos’aveva fatto Novinha di tanto grave da riempirla di una simile angoscia?

Ascoltò in silenzio mentre Jane gli recitava i fatti principali della vita di lei. Si trattava di dati ufficiali, scarni, ma non per nulla Ender era un Araldo dei Defunti. Il suo genio, o la sua maledizione, era la capacità di estrapolare delle vicende là dove un altro avrebbe visto soltanto dei fatti. Questo aveva fatto di lui un brillante stratega militare, sia nel guidare i suoi uomini — ragazzi come lui, in realtà — sia nel prevedere ogni mossa del nemico. E ciò significava anche che dai nudi eventi della vita di Novinha riusciva a intuire — no, non a intuire, a sapere — come la morte dei genitori e una risolutezza monacale avessero isolato Novinha, e come la volontà di subentrare nel posto occupato dai genitori avesse irrigidito la sua solitudine. Sapeva cosa c’era dietro il fatto, notevole, d’essere riuscita così precocemente a ottenere la qualifica di xenobiologa. E sapeva anche cos’avessero significato per lei l’affetto e il quieto appoggio di Figueira, e quanto profondo fosse il suo bisogno dell’amicizia di Libo. Su Lusitania non c’era un’anima che conoscesse davvero quella ragazza. Ma lì, in una caverna di Reykjavik, sul gelido mondo di Trondheim, Ender Wiggin la conobbe, e la amò, e pianse lacrime silenziose pensando a lei.

— Tu andrai, allora — sussurrò Jane.

Ender non riuscì a rispondere. Ma Jane aveva ragione. Lui sarebbe andato in ogni caso, ormai. Sia come Ender lo Xenocida, nella speranza che le condizioni protette di Lusitania ne facessero il luogo adatto a liberare la Regina dopo quei tremila anni di prigionia, rimediando così al terribile crimine commesso nella sua infanzia. Sia, inoltre, come Araldo dei Defunti, per capire i maiali e spingerli all’umanità, cosicché fossero accettati come umanoidi, se lo erano, e non odiati e combattuti e sterminati come varelse, alieni.

E adesso aveva anche un’altra e forse più profonda ragione. Sarebbe andato per aiutare moralmente quella ragazza, Novinha. Perché nell’intelletto brillante, nell’isolamento, nel senso di colpa e nel dolore di lei vedeva le stesse cose che gli avevano rubato la fanciullezza, i semi della stessa sofferenza che si portava ancora dentro. Lusitania distava ventidue anni luce. Lui avrebbe viaggiato fin là ad una velocità quasi prossima a quella della luce, e al momento del suo arrivo Novinha avrebbe avuto circa quarant’anni. Se fosse stato in suo potere l’avrebbe raggiunta con l’istantanea rapidità filotica dell’ansible, ma sapeva che il dolore di lei avrebbe dovuto aspettare. Lo avrebbe trovato là, immutato, in sua attesa. Forse che la sofferenza di lui non era sopravvissuta intatta malgrado il trascorrere degli anni?

Le lacrime gli si erano asciugate sul volto, le sue emozioni si placarono. — Quanti anni ho? — chiese.

— Dalla tua nascita ne sono trascorsi 3081. Ma hai l’età soggettiva di 36 anni e 118 giorni.

— Quanti ne avrà Novinha al mio arrivo là?

— Settimana più, settimana meno, a seconda della data di partenza e di quanto l’astronave si avvicinerà alla velocità della luce, ne avrà quasi trentanove.

— Voglio partire domani.

— Ci vuol tempo per prenotare un posto su un’astronave, Ender.

— Quante ce ne sono in orbita attorno a Trondheim?

— Una mezza dozzina, naturalmente, ma soltanto una che possa partire domani. E ha un carico di skrika, roba di lusso, per Cyrillia e Armenia.

— È un pezzo che non ti domando quanto sono ricco.

— Non ho certo smesso di occuparmi dei tuoi investimenti, in questi ultimi anni.

— Acquista la nave e il carico a mio nome.

— Come pensi di piazzare tutto quello skrika su Lusitania?

— Su Cyrillia e su Armenia che se ne fanno?

— Un po’ lo indossano, e il resto lo mangiano. Ma lo pagano molto di più di quanto potrai tirare fuori dalle tasche dei lusitani.

— Allora lo regalerò a quella gente. Li aiuterà ad essere meno risentiti per l’arrivo di un Araldo in una colonia cattolica.

Jane si trasformò in un genio che usciva dalla bottiglia. — Ho udito la tua parola, o Padrone, e la obbedisco! — Il genio spiraleggiò in una nuvoletta di fumo verde che fu risucchiata nel contenitore. Poi i contatti laser si spensero e l’aria sopra il terminale rimase vuota.

— Jane — disse Ender.

— Sì? — rispose lei, parlandogli questa volta dal gioiello fissato all’orecchio.

— Perché ci tieni tanto che io vada su Lusitania?

— Voglio che tu aggiunga un terzo libro ai due che riunisti in un solo volume. La Regina dell’Alveare e l’Egemone: uno dedicato ai maiali.

— Come mai ti interessi tanto di loro?

— Perché quando avrai scrìtto libri che svelano l’anima delle tre specie senzienti conosciute in questa parte del cosmo, allora sarai pronto a parlare anche della quarta.

— Un’altra razza di umanoidi? — chiese Ender.

— Sì. Io.

Lui ci rifletté qualche momento. — E tu sei pronta a rivelarti al resto dell’umanità?

— Lo sono sempre stata. La domanda è: loro sono pronti a conoscere me? Non hanno avuto difficoltà a immedesimarsi nell’Egemone, lui era umano. E per la Regina dell’Alveare non c’è stato problema, perché per quel che ne sanno tutti gli Scorpioni sono morti. Se saprai far sì che loro amino i maiali, che sono vivi e che hanno le mani lorde di sangue umano… allora capirò che sono pronti a conoscermi.