Il suo isolamento era stato così evidente che Pipo, fin dal banco dove sedeva, aveva potuto percepirlo. Novinha s’era scostata dal sindaco lasciando la mano di lei quasi subito. Durante la messa le sue lacrime s’erano asciugate, ma non aveva mai distolto gli occhi dalle due bare e infine s’era seduta in silenzio a capo chino, quasi come una prigioniera che rifiutasse di collaborare con i suoi catturatori. Pipo s’era sentito spezzare il cuore a quella vista. E tuttavia sapeva che se anche ci avesse provato non sarebbe riuscito a nascondere la sua gioia per la fine della Descolada, per la certezza che nessun altro dei figli gli sarebbe stato strappato. Lei se ne sarebbe accorta; il suo sforzo per consolarla avrebbe assunto un tono odiosamente falso, e l’avrebbe spinta ancor più lontano da tutti loro.
Dopo il servizio funebre s’era incamminata in cupa solitudine verso l’uscita, senza rispondere alle mani che la toccavano e alle voci colme di benevolenza di chi le assicurava, con crudele cecità, che senza dubbio i suoi genitori sarebbero divenuti santi, seduti alla destra del Signore. Che razza di conforto potevano dare quelle parole a una bambina? — Non ci perdonerà per ciò che le abbiamo fatto oggi — aveva detto Pipo a sua moglie.
— Perdonarci? — Conceição non era una di quelle mogli che da una parola ricostruiscono la catena di pensieri del marito. — Non siamo stati noi a uccidere i suoi genitori, e…
— Ma oggi ci sono troppi sorrisi intorno a lei. Questo non lo dimenticherà mai.
— Sciocchezze. Comunque, lei non può capire. È troppo piccola.
Capisce, invece, aveva pensato Pipo. Forse che Maria non capiva queste cose, quand’era ancor più giovane di Novinha?
Negli anni successivi — otto ne erano trascorsi da quel giorno — gli era capitato di rivederla ogni tanto. Aveva la stessa età di suo figlio, e fino al tredicesimo compleanno i due erano stati in classe insieme. A volte l’aveva sentita discutere un suo lavoro nell’aula della scuola, ed era rimasto stupito dalla sua chiarezza intellettuale e dall’eleganza con cui sapeva esporre le idee. Ma nello stesso tempo gli era apparsa fredda, completamente distaccata dagli altri. Libo non era certo espansivo, però la sua timidezza non gli aveva impedito di farsi molti amici e conquistare il favore degli insegnanti. Novinha invece non aveva legami di amicizia, non c’era nessuno di cui cercasse lo sguardo dopo un momento di vittoria o di scoramento. Anche agli insegnanti era impossibile trovarla in qualche modo simpatica, visto che rifiutava la confidenza altrui al punto di non rispondere a chi le rivolgeva la parola.
— È emozionalmente paralizzata — aveva detto un giorno Dona Cristã, quando Pipo si era informato sui suoi progressi. — Non c’è modo di raggiungerla. Dichiara d’essere perfettamente soddisfatta così com’è, e di non vedere alcun motivo per cambiare.
E adesso Dona Cristã veniva alla Stazione Zenador per parlare a Pipo di Novinha. Perché proprio a lui? Una sola era la ragione che riusciva a escogitare, se la preside della scuola aveva scelto lui per discutere di un’orfana. — Devo credere che in tutti questi anni, mentre voi vi prendevate cura di Novinha, l’unico a interessarsi della sua riuscita sono stato io?
— Non l’unico — disse lei. — Attorno a Novinha si sono svegliati interessi di ogni genere un paio d’anni fa, quando il Papa ha beatificato i suoi genitori. Decine di persone sono venute a chiederle se intorno alla figlia di Gusto e Cida Os Venerados si fossero verificati eventi miracolosi, come pare sia accaduto a tanti parenti di Beati o Santi.
— Sono veramente andati da lei a chiederle questo?
— Ci sono state delle voci, e il vescovo Peregrino ha dovuto investigare. — Dona Cristã strinse rigidamente le labbra, come ogni volta che nominava il giovane padre spirituale della Colonia Lusitania. Era noto che le cose non andavano troppo lisce fra la Chiesa e l’Ordine dei Filhos da Mente de Cristo. — La risposta di lei è stata molto istruttiva.
— Posso immaginarlo.
— Sembra che abbia detto al vescovo, più o meno, che se i suoi genitori ascoltavano le preci e godevano ormai di un’effettiva influenza in Paradiso, a beneficio di chi li invocava, perché mai allora non avevano risposto alle sue preghiere quando li aveva supplicati di ritornare dalla tomba? Questo sarebbe stato un miracolo utile, gli disse, e non privo di precedenti. E se i due Os Venerados avevano davvero il potere di fare miracoli, allora ciò significava che non la amavano abbastanza da realizzare la sua preghiera. Ma lei preferiva credere che i genitori la amassero ancora, e che semplicemente non avessero quel potere.
— Una sofista fatta e finita — disse Pipo.
— Una sofista e un’esperta nel puntare il dito accusatore. Disse al vescovo che quando il Papa aveva beatificato i suoi genitori era stato come se la Chiesa avesse dichiarato che le due anime la odiavano. E che la petizione per farli canonizzare significava che la Colonia Lusitania la disprezzava. Di conseguenza la Chiesa aveva commesso un atto indegno nei suoi confronti. Il vescovo Peregrino era livido.
— Tuttavia non aveva esitato a mandare la petizione.
— Per il bene della comunità. E bisogna ammettere che i miracoli ci sono stati.
— Certo. Qualcuno tocca la porta della chiesa e il suo mal di capo scompare, e subito grida: «Milagre! O santos me abençoaram! Miracolo! I santi mi hanno fatto la grazia!»
— Sappiamo entrambi che Roma esige prove molto più concrete prima di parlare di miracoli. Ma questo non importa. Il Papa ha graziosamente concesso di chiamare Milagre la nostra piccola cittadina. E non stento a immaginare che quando qualcuno pronuncia questo nome in sua presenza Novinha si senta bruciare d’indignazione.
— O diventi gelida. Uno non sa mai a quale temperatura morale diano origine questi sentimenti.
— Comunque, Pipo, lei non è il solo ad aver domandato dei suoi progressi. Ma è l’unico che l’abbia fatto interessandosi al bene della ragazza come persona, e non già pensando ai miracoli dispensati dai suoi Beati genitori.
Pipo ebbe una smorfia triste nel pensare che, a eccezione dei Filhos che amministravano le scuole di Lusitania, soltanto lui aveva mostrato un barlume d’interesse umano per quella ragazzina, in quegli anni.
— Un amico ce l’ha — intervenne Libo.
Pipo aveva dimenticato che il figlio li stava ascoltando. La presenza di Libo era così silenziosa che spesso passava inosservata. Anche Dona Cristã ebbe un lieve sussulto. — Libo — disse, — forse siamo stati indiscreti a parlare davanti a te di una tua compagna di scuola.
— Adesso sono apprendista Zenador — le ricordò lui. Questo per dire che non era più sotto la sua autorità di preside.
— Chi è questo suo amico? — domandò Pipo.
— Marcão.
— Marcos Ribeira — spiegò Dona Cristã. — Quel ragazzo alto…
— Ah, sì, quello robusto come un cabra.
— È molto forte — annuì Dona Cristã. — Ma non ho mai notato che fra loro vi fossero rapporti amichevoli.
— Un giorno Marcão fu accusato di non ricordo cosa. Lei ne era stata testimone, e parlò in sua difesa.
— Tu le attribuisci un altruismo forse inesistente, Libo — disse Dona Cristã. — A mio avviso è più esatto presumere che abbia parlato contro il vero colpevole, e intendesse dirigere il biasimo su di lui.
— Marcão non la pensa a questo modo — disse Libo. — Ho notato un paio di volte come la guardava. Non è molto, ma c’è qualcuno a cui piace.
— E a te lei piace? — chiese Pipo.