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La donna era morta, a questo punto.

Morta.

E qualcosa aveva lasciato il suo corpo.

Qualcosa era uscito dal suo cervello.

Peter si accorse che i suoi pensieri giravano in cerchio su quel fatto inesplicabile.

Da qualche parte c’era un errore.

Da qualche parte doveva esserci un errore.

Fece tornare la registrazione all’inizio, dieci minuti prima del decesso, e la riesaminò stavolta osservando la testa di profilo.

Perché il gruppo di puntolini viola s’era spostato dall’emisfero sinistro alla tempia destra? L’altra tempia era più vicina.

Un momento… quando aveva esalato l’ultimo respiro Mrs. Fennell era girata verso di lui, con un lato della testa a contatto del cuscino. E la tempia che sfiorava il cuscino era la sinistra. La destra si trovava un poco più in alto e completamente esposta all’aria. Che questo ne avesse fatto una specie di «via di fuga» più libera?

Peter istruì il computer di dargli una ripetizione dei momenti decisivi visti da una quantità di angoli diversi, con metodi di analisi dei dati diversi e diversi codici-colore. Il risultato continuò ad essere lo stesso: l’immagine era sempre quella.

Aprì a schermo una finestra con gli altri sintomi vitali di Mrs. Fennell collegati al tempo: pulsazioni cardiache, respiro, pressione del sangue. Il gruppetto di segnali elettrici aveva cominciato a muoversi proprio quando il cuore di lei s’era fermato, dopo il suo ultimo respiro.

Peter aveva trovato esattamente ciò che stava cercando: un elemento di riscontro inequivocabile che indicasse la fine della vita, una prova innegabile a dimostrazione che un corpo umano era soltanto carne, pronto per il prelievo degli organi.

Un elemento di riscontro.

Quella non era la definizione giusta, e lui lo sentiva nelle viscere. Stava evitando deliberatamente di pensarci. E tuttavia la cosa era lì, registrata dal suo ultrasensibile strumento: la dipartita dal corpo di Peggy Fennell della sua anima immortale.

Peter sapeva che se avesse chiesto a Sarkar di venire subito a casa sua lui sarebbe venuto. Quando l’amico entrò Peter non riusciva più a contenere l’eccitazione; i suoi occhi lampeggiavano, e per quanto ci provasse non poteva reprimere un sogghigno. Condusse Sarkar nello studio e rimandò a schermo per lui la registrazione della morte cerebrale di Mrs. Fennell.

— Tu hai alterato il programma — fu quel che disse l’amico.

— Nossignore. Non vedo perché avrei dovuto farlo.

— Oh, andiamo, Peter!

— È la verità. Non ho fatto altro che fornire i dati al computer, senza rielaborarli in precedenza. Tu hai visto esattamente ciò che è successo.

— Fammi rivedere l’ultima parte — disse Sarkar, — a una velocità cento volte inferiore.

Peter premette alcuni pulsanti.

— Shabhanallah — mormorò l’amico. — Questo è incredibile.

— Piuttosto inspiegabile, no?

— Ma tu una spiegazione ce l’hai, non è vero? — disse Sarkar. — Qui in questa simulazione. Quell’immagine è il nafs… l’anima, che si distacca dal corpo della donna.

Con sua stessa sorpresa Peter si accorse di reagire con ostilità a quell’idea, quando la sentì esprimere a voce. — Sapevo che avresti detto questo.

— Be’, cos’altro potrebbe essere?

— Non lo so.

— Nient’altro — dichiarò Sarkar. — Questa è l’unica interpretazione possibile. Ne hai già parlato con qualcuno?

— No.

— Mi chiedo come potrai rendere pubblica una notizia del genere. Con un articolo su una rivista scientifica? O informerai la stampa?

— Non lo so. Non ho ancora avuto tempo di pensare alla cosa in questa prospettiva. Suppongo che quando avrò steso una relazione inviterò in ditta i giornalisti di alcune stazioni televisive.

— Non dimenticare Fleischmann e Pons — lo avvertì Sarkar.

— Quelli della fusione fredda? Già, quei due si buttarono davanti alle telecamere senza accorgersi di avere i pantaloni sbottonati. Comunque dovrò registrare molti altri decessi prima di trarre qualsiasi conclusione. Bisogna che abbia la certezza che questo accade a tutti, e una casistica esente da pecche da far esaminare al mondo scientifico. Ma non potrò temporeggiare in eterno. Qualcun altro potrebbe inciampare sulla stessa scoperta fin troppo presto.

— E i brevetti?

Peter annuì. — Ci ho pensato. La mia ditta ha già i brevetti di quasi tutta la tecnologia usata nel superEEG… dopotutto, è solo un perfezionamento dello scanner cerebrale che abbiamo costruito per il tuo lavoro sulla IA. È ovvio che non renderò pubblico niente prima di aver protetto l’intera apparecchiatura.

— Quando farai l’annuncio — disse Sarkar, — avrà molta risonanza. Questa è una cosa grossa, amico. Tu hai dimostrato l’esistenza della vita dopo la morte.

Peter scosse il capo. — Tu salti a conclusioni non supportate dai dati. Un piccolo debole campo elettrico abbandona il corpo al momento della morte. Questo è tutto. Non c’è niente che dimostri che questo campo sia consapevole o vivente.

— Il Corano dice…

— In una relazione scientifica non posso citare le dichiarazioni del Corano, della Bibbia o di altre scritture. Tutto ciò che io so è che un campo d’energia coesiva sopravvive alla morte del corpo. Se questo campo continui ad esistere per un apprezzabile periodo di tempo dopo questa separazione, o se porti con sé dei dati reali, è cosa del tutto ignota… e a questo punto ogni altra interpretazione è solo un pio desiderio.

— Tu vuoi essere deliberatamente ottuso. È un’anima, Peter. Io lo so.

— Non voglio usare quella parola… pregiudica l’aspetto scientifico di ogni discussione.

— Va bene, chiamala come ti pare. Casper il Fantasma Amico, se preferisci… anche se io battezzerei Onda dell’Anima il fenomeno elettromagnetico registrato dalla strumentazione. Ma il fenomeno esiste… e tu sai bene quanto me che la gente dirà che si tratta dell’anima, né più né meno, e che questo dimostra la realtà della vita dopo la morte. — Sarkar guardò l’amico negli occhi. — Questa scoperta cambierà il mondo.

Peter mormorò un assenso. Non c’era altro che potesse dire.

Capitolo undicesimo

settembre 2011

Peter non vedeva Colin Godoyo da mesi; l’ultima volta era stato alla conferenza della compagnia californiana che vendeva l’immortalità nanotecnologica. Non erano mai stati veramente amici — o così almeno pensava Peter — ma quando Colin lo chiamò in ufficio chiedendogli di andare a pranzo con lui qualcosa nella sua voce gli parve urgente, cosicché accettò. Il pranzo non avrebbe potuto durare troppo, comunque; Peter aveva appuntamento alle due con un importante cliente statunitense.

Andarono a un piccolo ristorante che a Colin piaceva, sulla Sheppard East, all’incrocio con Vic Park, un locale dove al banco servivano sandwich tagliando l’arrosto o il prosciutto con un coltello invece di affettarlo a macchina, e i toast venivano arrostiti in un forno a legna. Peter non aveva mai pensato a se stesso come una persona che i camerieri ricordassero particolarmente, ma sembrava che tutti i ristoranti di North York lo considerassero un cliente regolare, anche se, con l’eccezione del Sonny Gotlieb Restaurant, frequentava gli altri solo una o due volte al mese. Il cameriere prese l’ordinazione di Colin (scotch and soda), ma dichiarò che sapeva già quello che Peter preferiva (Diet Coke con uno spruzzo di limone, giusto?). Quando il cameriere si fu allontanato, Peter guardò Colin con aria d’attesa. — Ebbene, che c’è di nuovo?

Colin aveva più capelli grigi di quel che ricordava, ma ostentava come al solito un abito molto costoso e quel giorno portava ben sei grossi anelli d’oro. I suoi occhi si spostavano incessantemente da una parte e dall’altra. — Suppongo che tu abbia saputo di me e di Naomi… Peter scosse il capo. — Saputo cosa?