Quella bizzarra tranquillità continuò per diversi altri giorni. Dormivamo fino a tardi, esploravamo il deserto, ci godevamo i quaranta gradi all’ombra, mangiavamo, guardavamo le stelle. Vornan era riservato, quasi guardingo. Tuttavia, lì parlava della sua epoca più di quanto facesse abitualmente. Indicando le stelle, cercò di descrivere le costellazioni che conosceva, ma non riuscì a identificarne nessuna, neppure l’Orsa Maggiore. Parlò dei tabù del cibo, e disse che sarebbe stato temerario, da parte sua, sedersi a tavola con i suoi ospiti, in una situazione analoga nel 2999. Rammentò pigramente i dieci mesi trascorsi nel nostro tempo, come un viaggiatore che sta per concludere il suo itinerario e comincia a ripensare con piacere ai suoi ricordi.
Noi ci guardavamo dall’ascoltare i notiziari televisivi, quando Vornan era con noi. Non volevo sapesse che c’erano stati disordini in Sud America, per la delusione causata dal rinvio della sua visita, o che una sorta di isterismo dilagava nel mondo, e dovunque tutti si attendevano dal visitatore le risposte agli enigmi dell’universo. Nelle sue precedenti dichiarazioni, Vornan aveva orgogliosamente affermato che avrebbe finito per fornire le risposte a tutto, e quella promessa sembrava negoziabile all’infinito, benché in pratica Vornan avesse suscitato più enigmi di quanti ne avesse risolti. Era una gran bella cosa poterlo tenere lì, in isolamento, lontano dalle leve di comando che avrebbe potuto impugnare così facilmente.
La quarta mattina ci svegliammo nella fulgida luce del Sole. Tolsi gli opacizzatori alle finestre e vidi che Vornan era già in terrazza. Era nudo, comodamente disteso su una sdraio di piumaplastica, e si crogiolava al Sole. Bussai sul vetro. Alzò gli occhi, mi vide, sorrise. Uscii mentre lui si alzava. Il suo corpo snello e liscio sembrava fatto di una sostanza plastica, senza suture; la pelle era perfetta, e non aveva peli. Non era né muscoloso né flaccido, e sembrava nel contempo fragile e poderoso. So che può sembrare un paradosso. Ed era anche formidabilmente maschio. «Qui fuori c’è un calduccio meraviglioso, Leo,» disse. «Togliti quella roba e tienimi compagnia.»
Esitai. Non avevo parlato a Vornan del disinvolto nudismo delle mie precedenti visite a quella casa; e fino a quel momento era stata scrupolosamente rispettata la decenza. Ma naturalmente, Vornan non aveva tabù contro la nudità; e adesso che aveva fatto la prima mossa, Shirley si affrettò a imitarlo. Uscì sul terrazzo, vide Vornan nudo, me in pigiama e disse sorridendo: «Sì, è giusto. Volevo proporlo ieri. Qui non ci vergognamo dei nostri corpi.» Dopo questa dichiarazione di liberalismo, si tolse la leggera vestaglietta e si sdraiò a prendere il sole. Vornan osservò con una curiosità che mi parve straordinariamente distaccata, mentre Shirley rivelava il suo corpo agile e magnificamente dotato. Mi sembrava interessato, ma solo in teoria. Non era il Vornan famelico che conoscevo. Ma Shirley tradiva un profondo disagio interiore. Il rossore le arrivò fin quasi alla base della gola. I suoi movimenti erano esageratamente disinvolti. I suoi occhi corsero con espressione colpevole sull’inguine di Vornan, poi si ritrassero in fretta. I capezzoli la tradirono, rizzandosi in un’eccitazione improvvisa. Lei se ne accorse, e si affrettò a stendersi sul ventre, ma io ebbi il tempo di notarlo. Quando Shirley ed io e Jack avevamo preso insieme il Sole, era stato tutto innocente come nell’Eden; ma l’irrigidirsi di quei fiorellini di tessuto erettile annunciavano sfacciatamente ciò che lei provava nello stare nuda di fronte a Vornan nudo.
Jack apparve un po’ più tardi. Valutò la situazione con un’occhiata divertita: Shirley distesa a natiche in su, Vornan spogliato e dormicchiante, io che camminavo inquieto avanti e indietro. «Una bellissima giornata,» disse, con troppo entusiasmo. Aveva addosso i calzoncini e li tenne. «Vado a prendere la colazione, Shirl?»
Né Shirl né Vornan si presero il disturbo di vestirsi, quella mattina. Lei sembrava decisa a stabilire la stessa informalità che era stata il segno distintivo delle mie visite; e dopo i primi momenti di confusione, finì per accettare la situazione in modo più naturale. Stranamente, Vornan sembrava del tutto indifferente al suo corpo. Me ne accorsi molto tempo prima che se ne rendesse conto Shirley. Le sue piccole civetterie, i movimenti sottilmente abili, il modo di flettere una coscia formosa o di gonfiare la cassa toracica per sollevare i seni, erano del tutto sprecati, con lui. Poiché evidentemente lui proveniva da una cultura in cui la nudità tra persone pressoché estranee non era niente di straordinario, la cosa non era strana… solo che l’atteggiamento di Vornan verso le donne era sempre stato così predetorio, nei mesi precedenti, ed era misterioso il fatto che non reagisse per nulla agli incanti di Shirley.
Anch’io mi spogliai completamente. Perché no? Era comodo, e poi era di moda. Mi accorsi, però, che non riuscivo a rilassarmi. In passato non mi ero mai accorto che prendere il Sole insieme a Shirley generasse in me un’ovvia tensione. Adesso però un tor rente di desiderio mi ruggiva nel sangue, talvolta, dandomi le vertigini, e dovevo aggrapparmi alla ringhiera del terrazzo e distogliere lo sguardo.
Anche il contegno di Jack era strano. Per lui, lì, la nudità era del tutto naturale; ma continuò a tenere i calzoncini per un giorno e mezzo, dopo che Vornan aveva indotto me e Shirley a spogliarci. Sembrava lo facesse per sfida… lavorava in giardino, potava un arbusto, con il sudore che gli colava giù per l’ambia schiena, macchiando la cintura degli short. Alla fine, Shirley gli chiese perché era così pudico. «Non so,» disse lui, stranamente. «Non me n’ero accorto.» E continuò a tenere i calzoncini.
Vornan alzò la testa e disse: «Non sarà per me, vero?» Jack rise. Toccò il fermaglio degli short e se li sfilò, voltandoci castamente la schiena. Benché da quel momento andasse in giro senza, sembrava decisamente infastidito.
Jack pareva affascinato da Vornan. Parlavano a lungo, con citatamente, davanti a bicchieri di bevande ghiacciate; Vornan ascoltava pensoso, dicendo qualcosa di tanto in tanto, mentre Jack snocciolava un torrente di parole. Facevo poco caso a quelle discussioni. Parlavano di politica, di viaggi nel tempo, di conversione dell’energia e di molte altre cose, e ogni conversazione diventava ben presto un monologo. Mi chiedevo perché Vornan fosse tanto paziente, ma senza dubbio lì c’era poco d’altro da fare. Dopo un po’, mi chiusi in me stesso e mi limitai a starmene disteso al Sole a riposare. Mi rendevo conto di essere terribilmente stanco. Quell’anno era stato molto faticoso per me. Sonnecchiavo. Mi crogiolavo al Sole. Sorseggiavo bibite ghiacciate. E lasciavo che la distruzione ingoiasse i miei amici più cari, senza intuire neppure lontanamente l’approssimarsi degli eventi.
Vedevo la vaga insoddisfazione che cresceva in Shirley. Si sentiva ignorata e respinta, e potevo capire perché. Voleva Vornan. E Vornan, che aveva requisito tante dozzine di donne, la trattava con rispetto glaciale. Come se avesse abbracciato un po’ tardi la morale borghese, Vornan rifiutava di accettare le avances di lei, indietreggiando con molto tatto. Qualcuno gli aveva spiegato che era scorretto sedurre la moglie del proprio ospite? La correttezza non aveva mai costituito un pensiero per lui, in passato. Potevo attribuire quella miracolosa dimostrazione di continenza, adesso, solo alla sua vena innata di malizia. Era capace di portarsi a letto una donna per capriccio, come nel caso di Aster, diciamo; ma adesso lo divertiva deludere Shirley solo perché lei era bella e nuda e chiaramente disponibile. Era una reviviscenza del vecchio, diabolico Vornan, pensavo: il classico dispetto.