— Primo corridoio a sinistra, seconda porta a sinistra.
— Grazie.
Si spostarono per cedere il passo ai due visitatori e li osservarono in silenzio. Tutte le facce rimasero impassibili, ma le loro menti gridavano anche il minimo pensiero.
“Non c’è stata nessuna chiamata dalla porta per far accompagnare due visitatori da Thorstern. Come fanno a girare da soli per i corridoi?”
“C’è qualcosa che non va” pensava un altro. “Non è normale che due visitatori non siano accompagnati da qualcuno di noi. Non è mai capitato.”
“Non mi piace” stava pensando un terzo. “Ma perché non dovrebbe piacermi? Forse perché non ho abbastanza grattacapi per conto mio? Ne ho in abbondanza!” La mente si perse in mille pensieri e concluse: “Che vadano all’inferno”.
“Seconda porta a sinistra, vero?” pensava una quarta mente divertita. “Gargan è stato rapido nel prendere la decisione. Non vuole mai correre rischi. Ecco perché non è mai diventato qualcuno. Gli piace sempre giocare sul sicuro.”
Quello di loro che aveva dato l’indicazione, Gargan, concluse il suo pensiero. “Quando girano l’angolo del corridoio, suono l’allarme per il capo.” E cominciò ad avviarsi verso il punto della parete in cui si trovava il pulsante.
Non appena si trovarono nell’altro corridoio, Raven fece un cenno d’intesa a Charles, e insieme raggiunsero la seconda porta che si apriva sulla loro sinistra. — Posso raccogliere un’infinità di onde pensiero, ma nessuna viene da Thorstern — disse Raven, indicando la porta. — E qui dietro non ci sono menti pensanti. La sala è vuota. Non c’è anima viva. — Rimase per qualche istante con gli occhi fissi al battente. — Ci sono una mezza dozzina di sedie, un tavolo e uno schermo per le comunicazioni interne. Le pareti sono di pietra. La porta può essere chiusa, con un comando a distanza e aperta soltanto a distanza. Hmm!
— Una trappola per topi, migliorata — disse Charles, e sulla sua faccia grassoccia, attorno alla bocca, si disegnarono alcune rughe. Aveva assunto l’espressione di un ragazzo che si accinge a rompere la finestra di un vicino. — Proprio il posto in cui sono tentato di entrare per far vedere quanto poco io consideri certe cose.
— Anch’io — disse Raven, e spinse la porta, il cui battente girò sui cardini senza rumore. Poi si andò a sedere su una sedia al centro della stanza e fissò lo schermo spento.
Charles si accomodò accanto a lui, e la sedia scricchiolò sotto il suo peso. Rivolse l’attenzione allo schermo, ma la sua mente, come quella di Raven, scrutava in tutte le direzioni, cercando di comprendere qualcosa nel confuso vocio che proveniva da dietro le pareti di pietra.
“Avevo due assi. Se tu… una tipica locanda marziana con aria fresca e la birra calda…, …c’è stata un’esplosione che ha scosso tutta la città. Noi abbiamo raggiunto di corsa gli elicotteri e…, …aveva dei capelli biondi che scendevano fino alle ginocchia…, …le pattuglie dei Terrestri hanno cominciato a girare come pazze…, … così quello sporco individuo stava leggendo i miei pensieri e…, …sì, un ipno, un certo Steen. Lo vogliono a tutti i costi. Io non so…, …vi dico che quei due non dovrebbero essere…, …Cosa? Cosa sta succedendo?”
— Ci siamo — disse Raven, girando leggermente la testa.
“…dicono che questo Steen abbia… Dove? Nella stanza dieci? Come hanno fatto a entrare?…, …ne ho avuto fin sopra i capelli di stare su Marte. Non so come facciano quei disgraziati… Bene, Gargan. Ci penso io, …è precipitato nella foresta e ha scavato una buca profonda…”
Click! Un piccolo scatto e una dozzina di grosse serrature chiusero la porta che si trovava alle spalle di Raven e di Charles. Lo schermo si illuminò, e dopo qualche istante comparve una faccia.
— Allora, Gargan aveva ragione. Cosa fate voi due in quella stanza?
— Stiamo seduti ad aspettare — disse Raven, e distese le gambe come uno che si accomodi di fronte allo schermo di casa.
— Questo lo vedo. Ora non potete fare altro. — La faccia sfoderò un sorriso che mise in evidenza una orribile fila di denti. — La guardia al cancello giura di non aver fatto entrare nessuno. Eppure voi due siete passati. C’è una sola risposta a questo. Siete degli ipnotici. Lo avete costretto ad aprire il cancello, poi gli avete cancellato dalla mente il ricordo di quel che aveva fatto. — Scoppiò in una risata. — Molto abili. Ma siete in trappola. Provate a ipnotizzare lo schermo.
— A quanto pare, considerate un crimine il fatto di essere ipnotici — disse Raven colpendo il punto debole del tipico essere comune.
— È un crimine l’usare l’ipnosi per scopi illegali — ribatté l’altro. — E, qualora non lo sappiate, la violazione di domicilio è un altro reato. Raven si rese conto che quelle chiacchiere erano solo una perdita di tempo.
— Secondo me è un reato anche il concedersi un divertimento da bambino e fare attendere il capo. Siamo venuti per parlare con Thorstern. Mandatelo a chiamare, prima che qualcuno vi insegni il buon senso a suon di legnate in testa.
— Sporco insolente! — urlò l’altro diventando livido. — Io potrei…
— Potreste cosa, Vinson? — chiese la voce profonda di una persona uscendo perentoria dall’altoparlante. — È un grave errore perdere la calma, qualunque sia la circostanza. Bisogna conservare il controllo in qualsiasi momento, Vinson. Con chi state parlando?
Charles diede una lieve gomitata a Raven. — Sembra che sia finalmente arrivato l’onnipotente Thorstern.
La faccia sullo schermo si era girata e fissava di lato con sguardo sottomesso.
— Ci sono due anormali che vogliono fare i furbi. Sono entrati non si sa come. Siamo riusciti a rinchiuderli nella Sala Dieci.
— Davvero? — La voce della persona era pacata e sicura. — Vi hanno spiegato il motivo per cui sono entrati in questa casa?
— Hanno detto di voler parlare con voi.
— Non vedo per quale motivo li dovrei accontentare. Oltre tutto creerebbe un precedente e darebbe libero accesso a tutti quelli che riescono a superare le mura del castello. Credono che possa restare sempre a disposizione di tutti?
— Non so, signore.
L’interlocutore non inquadrato cambiò idea. — Oh, be’… purché questa occasione non serva da pretesto per occasioni future, potrei anche sentire cos’hanno da dire. Per quanto improbabile, è possibile che apprenda qualcosa di utile. Mi saprò regolare meglio, molto meglio, se scoprirò che mi stanno prendendo in giro.
— Certo, signore — annuì la faccia, servile, poi sparì dallo schermo e si fece avanti un individuo dal viso largo e quadrato. Thorstern, che aveva superata la mezza età, aveva i capelli bianchi e grosse borse sotto gli occhi; il suo aspetto era simpatico e virile, e i suoi lineamenti rivelavano chiaramente uno spirito intelligente e ambizioso.
Thorstern fissò prima Charles, scrutandolo dalla testa ai piedi, poi girò lo sguardo. — Io vi conosco — disse senza mostrare la minima sorpresa. — Qualche minuto fa mi hanno consegnato la vostra fotografia. Voi siete David Raven.
11
Raven continuò a fissare lo schermo, senza scomporsi.
— Come mai avete voluto una mia foto?
— Non sono stato io a chiederla — rispose Thorstern, troppo pronto per lasciarsi sfuggire un’ammissione. — Mi è stata consegnata dalle autorità, che su questo pianeta agiscono con vera efficienza. In questo momento la vostra foto circola in ogni angolo della città. Pare che la polizia abbia una gran voglia di mettervi le mani addosso.
— Chissà poi perché — disse Raven, fingendosi stupito.