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Furono due di loro, robusti e coi gradi di caporale, a farmisi incontro. Quello che m’aveva condotto lì disse: — Ecco il maggiore DeSota, signori — salutò e usci in fretta.

A conferma della rapidità con cui si susseguivano gli avvenimenti non riflettei che di norma un caporale non saluta mai un altro caporale. Così dissi al più grosso dei due: — La prima cosa di cui ho bisogno è una tazza di caffè, caporale.

Lui inarcò un sopracciglio spesso come uno dei suoi gradi, poi sogghignò. — Diamo a quest’uomo un po’ di quel caffè, capitano Bagget — disse. E mentre l’altro «caporale» andava a riempirmi un bicchiere di carta si presentò: — Sono il colonnello Frankenhurst, maggiore. Sa quale sarà il suo compito?

— Uh… spiacente, signore — mi scusai. — La missione? Sì, in linea generale. Voglio dire che, a quanto ho capito, dovrò trovare la Presidente Reagan. E a questo punto suppongo che sarete voi due a intervenire, per catturarla e riportarla qui.

— Una rognosa improvvisazione — disse spassionatamente. — Bene, non importa. In queste ultime quarantott’ore il capitano e io abbiamo ripassato la parte. Se qualcuno ci ferma lascerete parlare me. Tutto ciò che lei deve fare è di passare per un senatore. Pensa di cavarsela? — E sogghignò, a chiarire che aveva la situazione in pugno. — Non si preoccupi troppo, maggiore. Tanto per cominciare può darsi che non se ne faccia nulla. Hanno dei guai con l’impianto-spia; quella gente dall’altra parte si muove attorno così in fretta che i tecnici non riescono a seguirli. Secondo le ultime voci, pare che non apriranno il portale prima delle tre del mattino, in ogni caso.

— Sarebbe un’idiozia — osservò il capitano-caporale, tornando col caffè. — Dovranno rimandare almeno alle otto, altrimenti la nostra comparsa desterà dei sospetti.

Il colonnello scrollò le spalle. — Ovviamente — aggiunse il capitano con un sospiro, e mi guardò da capo a piedi, — un abito da sera non apparirà del tutto normale alle otto di mattina.

— Non si scandalizzeranno per così poco — disse il colonnello. — Bene, DeSota, le andrebbe di conoscere gli altri doppioni? Questa è Nancy Davis… naturalmente l’avrà vista alla TV. — Naturalmente l’avevo vista: era la protagonista del serial Mamma sei fantastica, e mi chiesi come fossero riusciti a distoglierla dalle sue molte benemerite (e redditizie!) attività che andavano dalla raccolta di fondi per la Protezione Animali alle campagne per il Diritto alla Vita. — Lei è la Presidentessa — ridacchiò il colonnello Frankenhurst. — John, qui, è un comandante della polizia addetto alla sicurezza interna della Casa Bianca… nella nostra linea temporale fa il pilota civile, nell’Ohio. E il campione del ring è un senatore come lei. — Attese che stringessi la mano a tutti e sorrise compiaciuto. — Riunirvi non è stato facile, ma formate un’ottima squadra. Qualcuno non siamo riusciti ad averlo, purtroppo. Abbiamo anche cercato il Generale Porteco, il consigliere militare della Presidentessa, ma il nostro amico era appena uscito dal trattamento D.T. e quelli del penitenziario non sono riusciti a rimetterlo in piedi.

L’ultimo dei civili si fece avanti. — Professor Greenberg, Scienze Politiche — si presentò. — Non sono il doppione di nessuno. Ho l’incarico di farmi un’idea delle strutture sociali dell’altra linea temporale, e di consigliarvi su come restringere il più possibile le differenze fra voi e i vostri alter-ego. Di conseguenza devo cominciare da lei, maggiore… è già stato nell’altra linea temporale, no? Che idea se n’è fatta?

Così nella mezz’ora successiva fui io a tenere banco. Non avevo granché da dire, in realtà… cos’avevo conosciuto dell’altro universo, oltre quelle poche miglia quadrate di deserto nel New Mexico? Ma era più di quanto sapessero tutti i presenti, e ciascuno aveva delle domande. Il professor Greenberg volle chiedermi quanto costasse una lattina di Cola Cola nei loro distributori automatici. Il «senatore» Clay volle sapere quale percentuale di negri ci fosse nelle loro forze armate. La «Presidentessa» Nancy Davis domandò quali fossero i «serial» di maggior successo alla loro TV, e se per caso sapevo se da loro l’aborto fosse stato legalizzato. Il colonnello-caporale Frankenhurst volle essere informato sulle loro tecniche di combattimento a mani nude, e chiese se durante l’occupazione di Sandia li avessi visti reagire con mosse di judo oppure di karaté.

Feci del mio meglio. Ma mentre cercavo di ricordare, per Nancy Davis, chi fosse il presentatore del loro show Star Parade, ci furono dei passi in corridoio, la porta si aprì e venne dentro il Presidente Brown seguito dal suo entourage al completo. Non aveva l’aria molto soddisfatta.

Non m’ero aspettato che si facesse vedere, poiché avevo sentito dire che s’era incavolato a morte constatando i danni che i militari avevano fatto alla sua dimora legale, senza contare la sua agenda d’appuntamenti buttata all’aria da chi aveva depennato i nomi di quelli non autorizzati a vedere ciò che succedeva… che erano la maggioranza.

— Ah, eccola qua! — disse brusco, riuscendo a trovare una specie di smorfia con cui rispondere al blando sorriso di Nancy Davis. — Ho bisogno di parlare con lei. Adesso, se non le spiace!

Per nulla intimidita lei annuì affabilmente. — Certo, signor Presidente. Cosa posso fare per lei?

— Tanto per cominciare potrebbe dirmi che accidente di persona è — sbottò lui. — Non si è neppure degnata di rispondere al mio messaggio pubblico! Cosa bisogna fare per ottenere la sua preziosa attenzione?

— Suppongo che lei si riferisca all’altra me stessa, signor Presidente — disse lei, sorridendo del suo speciale sorriso televisivo, un trionfo, ne ero certo, della cosmesi e della chirurgia estetica. — Non so se posso darle questa risposta, comunque. Dopotutto io non sono realmente la Presidentessa… qui.

— Entri nella sua parte, santo cielo! — ruggì lui. — Ha un’idea di cosa c’è in gioco? Non sto parlando del pandemonio di quell’altro mondo. Sto parlando di questo qui. I russi stanno facendo domande molto seccanti sui «preparativi per la parata» e sullo «scavo archeologico» nel New Mexico, e ci sono altre nazioni coinvolte. È solo questione di tempo prima che tutto il resto del mondo venga a ficcarci il naso. E allora come la metteremo coi comunisti? — Vedendola sbattere le palpebre ebbe un gesto irritato. — No, non è questo che voglio domandare a lei… che accidente potrebbe saperne di questo? Io mi sto rivolgendo a lei. All’altra lei. Sarebbe d’aiuto, a suo avviso, se cancellassi tutta l’operazione e cercassi di contattare lei, l’altra lei, su una linea telefonica? Da Presidente a Presidente? Una chiacchierata faccia a faccia?

— Ecco, presumo che dipenda da quel che direbbe, signor Presidente — rispose lei, dopo aver riflettuto un attimo.

— Direi la verità! — esclamò lui. — Sarebbe uno scambio, un patto da prendere in considerazione, no?

— Be’ — disse lentamente lei. — Penso, signor Presidente, che dovrei ricordare il mio giuramento ufficiale. Suppongo che sia uguale a quello fatto da lei. Difendere gli Stati Uniti contro tutti i nemici, interni o esterni… perfino se sono interni ed esterni contemporaneamente, per così dire. Quello che non vorrei mai, credo, è di permettere che la mia patria sia invasa da chiunque senza combattere con tutte le armi che abbiamo… anche se l’invasore è la mia stessa patria.