Выбрать главу

Thorne bevve un sorso di tè. Nelle due ore o poco più trascorse con Eve, aveva bevuto più tè che in un’intera settimana. Lo sentiva sciabordare nello stomaco, come acqua sporca sul fondo di un bidone.

«Quindi quello che hai comprato stamattina ti durerà per tutta la settimana?»

«Se fosse così, vorrebbe dire che gli affari vanno malissimo. No, il resto della roba mi arriva direttamente dall’Olanda. C’è un olandese pazzo con un grosso furgone che passa il venerdì e fa il giro di tutti i piccoli fiorai della parte orientale di Londra. Mi costa un po’ più che venire qui di persona, ma così posso dormire, perciò me ne frego.»

Eve infilò la mano nel suo zainetto di pelle, estraendone un pacchetto di Silk Cut. Lo tese a Thorne. «Ne vuoi una?»

«No, grazie.» Risposta non del tutto vera. Thorne aveva smesso di fumare quindici anni prima, ma gli capitava ancora di avere voglia di una sigaretta.

Lei accese e aspirò una lunga boccata, facendo scendere il fumo nei polmoni ed esalandolo lentamente, con un sospiro appagato. «Lunedì prossimo è il tuo compleanno, giusto?»

«Hai una buona memoria» si stupì Thorne. «La mia peggiora con il passare degli anni.» Fece una smorfia di finto dispiacere. «Grazie per avermi ricordato che sto invecchiando.»

Una scintilla gli si accese di colpo nella mente, ma si spense subito. C’era qualcosa che cercava di ricordare, qualcosa che sapeva essere importante per il caso Remfry. Qualcosa che aveva letto. O forse qualcosa che non aveva letto…

Tornò a guardare Eve, che gli aveva appena rivolto la parola. «Scusami, cosa…?»

Lei si chinò verso di lui. «Sarebbe un bel regalo di compleanno se riuscissi a risolvere il caso, eh?»

Thorne annuì lentamente e sorrise. «In realtà, avevo intenzione di comprarmi alcuni CD…»

Lei ruotò la punta della sigaretta contro il bordo del portacenere. «Non ti piace parlare del tuo lavoro, vero?»

Lui la fissò per qualche istante, prima di rispondere. «Ci sono cose di cui non posso parlare, soprattutto con te, che in qualche modo sei implicata nella faccenda. E ciò di cui, invece, posso parlare non è molto eccitante.»

«Credi che mi annoierei, come tu ti sei annoiato durante il giro che ti ho fatto fare al mercato?»

«Non mi sono affatto annoiato…»

«I criminali che interroghi mentono da schifo come fai tu?»

Thorne rise. «Magari!»

Eve schiacciò la sigaretta nel portacenere, si appoggiò allo schienale della sedia e disse: «Mi interessa. Quello che fai, voglio dire».

Lui si ricordò di come si era sentito quando avevano parlato in quella sala da tè. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui aveva parlato così con una donna. E ancora più tempo da quando aveva parlato del suo lavoro. «I casi di omicidio si raffreddano in fretta.»

«Perciò è importante catturare l’assassino al più presto?»

Thorne annuì. «Di solito, se c’è la possibilità di venire a capo della faccenda, il risultato si raggiunge nel giro di pochi giorni. E qui sono già passate due settimane…»

«Non si sa mai…»

«Purtroppo, invece, si sa.»

Lei spinse indietro la sedia e si alzò in piedi. «Devo andare in bagno. Ho bevuto troppo tè.»

Si allontanò e Thorne si mise a guardare fuori dalla vetrata fumosa. La caffetteria si trovava in una traversa tra Wandsworth Road e Nine Elms Lane. Dal suo tavolo, Thorne vedeva il traffico dell’ora di punta che scorreva lentamente sul ponte di Vauxhall. Decine di persone dirette a nord, verso Victoria e Piccadilly, o a sud, verso Camberwell o Clapham. Verso negozi, uffici o magazzini dove si sarebbero lamentate e avrebbero fatto le solite battute sul lunedì. Ma non avrebbero passato la giornata cercando inutilmente di catturare un assassino.

Ciò nonostante, Thorne non avrebbe voluto essere al loro posto.

Eve tornò proprio mentre stava passando il treno per Waterloo. «Ho dimenticato di chiedertelo. Come sta la pianta?» chiese, alzando la voce per sovrastare il rumore.

«La pianta?»

«L’aloe…»

A Thorne ritornò in mente la visione che lo aveva accolto quella mattina, quando era entrato nel soggiorno all’alba, con gli occhi ancora semichiusi per il sonno: Elvis, accucciata sul secchio di metallo in modo da non pungersi con le spine, lo aveva fissato prima di pisciare con gusto sui sassolini bianchi che coprivano la terra intorno alla pianta.

«Sta bene» disse. In quel momento il suo cellulare squillò.

«Dove sei?» Era Brigstocke. «Abbiamo beccato Gribbin…»

«Arrivo subito.»

«Dicendo “beccato”, intendo dire che sappiamo dove si trova. Dobbiamo ancora andare a prenderlo. Holland è davanti a casa tua…»

«Digli che sarò lì in meno di mezz’ora.»

«Ma dove cavolo sei, si può sapere?»

Thorne lanciò un’occhiata a Eve, che gli sorrise scrollando le spalle. «Sono andato a fare un po’ di jogging.»

Che aspetto ha un pedofilo?

Thorne sapeva che si trattava di una domanda stupida. Stupida perché non aveva risposta e perché era estremamente pericolosa.

Eppure, tanti erano convinti di saperlo e lo urlavano a gran voce.

Solo che arrivavano sempre troppo tardi.

Dopo che i bambini avevano già subito violenza. Dopo che l’uomo era stato catturato. Dopo che una sua foto confusa era apparsa sulle prime pagine dei giornali. Allora, e solo allora, tutto ciò che la gente aveva sempre creduto sembrava confermato. Ma certo! Ovviamente. Ecco l’aspetto che avevano quelli come lui. Lo si sapeva da sempre…

Se era così ovvio, se il male che quegli uomini commettevano era scritto sulle loro facce, perché i vicini non si erano mai accorti di nulla? Perché potevano passeggiare per strada indisturbati? Perché erano diventati maestri di scuola? Perché delle donne li avevano sposati, senza sospettare nulla per anni?

Perché, come Thorne sapeva fin troppo bene, i pedofili non avevano scritto in faccia un bel niente. Nessuno aveva la faccia da pedofilo. Oppure, tutti ce l’avevano.

Thorne, per esempio. O Brigstocke. Perfino Yvonne Kitson…

Ray Gribbin non aveva affatto l’aspetto del pedofilo come se lo immaginava la gente. Niente pelle foruncolosa, capelli unti, occhiali spessi. Niente sacchetto di caramelle in mano. Oltre al naso deformato che Douglas Remfry si era vantato di avergli causato, Gribbin aveva la testa rasata, gli occhi freddi e un sorriso che diceva: «Togliti dai coglioni». Era un pedofilo con la faccia da rapinatore di banche.

Qualunque fosse l’aspetto di un rapinatore di banche…

Thorne rimise la foto nel dossier e passò tutto l’incartamento a Stone e Holland, seduti sul sedile posteriore dell’auto. Stone fissò la foto. «Cristo, non è affatto come mi aspettavo» commentò.

Thorne non disse nulla, limitandosi a guardare fuori dal finestrino.

Brigstocke lampeggiò e accelerò non appena l’auto davanti a loro si spostò per lasciarli passare. «So cosa vuoi dire» disse. «Però ha la faccia di uno capace di portare rancore, no?»

Quello era indiscutibile. Thorne continuò a guardare i campi di grano lungo la M4 scorrere via a centoquaranta all’ora. Ruttò. La lettura di quel dossier gli aveva fatto venire un po’ di nausea.

Brigstocke dichiarò, in tono ufficiale: «Voglio che tutti voi abbiate già dato un’occhiata a quei documenti, quando arriveremo».

Thorne abbassò il finestrino di un centimetro. Brigstocke continuò: «È un’azione preparata un po’ alla svelta, ma non abbiamo avuto scelta. Cerchiamo, comunque, di fare tutto per bene, chiaro?».

Grugniti di assenso dal sedile posteriore. Thorne si limitò ad annuire. «Gribbin è un violento e, se la storia di Remfry è vera, quella dev’essere stata l’unica volta che ha avuto la peggio. È stato spesso fermato con un coltello in tasca, perciò non vogliamo correre rischi…»