Lo so bene, disse Blaine. Lo so molto bene che avete poche occasioni per divertirvi.
Facciamo Halloween, disse qualcun altro.
Halloween? Oh, sì, capisco. (Un pugno che bussava ad una porta chiusa, un cancello di giardino appeso ad un albero, un segno cabalistico a rovescio.)
Gli sta bene. Se la sono proprio cercata.
Sono d’accordo con voi, disse Blaine. Ma è molto pericoloso.
Non molto. Hanno troppa paura, tutti quanti.
Ma questo non contribuisce a migliorare la situazione.
Caro mio, non c’è niente che possa migliorare la situazione.
Ma l’Amo? chiese la ragazza che stava davanti a Blaine.
Lui l’osservò attentamente, e vide che era molto bella… occhi azzurri e capelli dorati, e una figura che nei tempi andati avrebbe vinto un concorso di bellezza, uno dei vecchi rituali pagani che erani stati allegramente dimenticati nella nuova travolgente moda della PK.
Non saprei dirvi, fece Blaine. Mi dispiace, ma non so proprio dirvi niente.
Guai? Pericoli? No. Per il momento no.
Potremmo esserti d’aiuto.
Non è necessario, rispose, cercando di apparire disinvolto, per nulla preoccupato.
Potremmo portarti noi, dove preferisci.
Non sono un levitatore.
Non c’è bisogno che tu lo sia. Potremmo (lui stesso che volava nell’aria, trasportato da due levitatori che lo tenevano stretto per le braccia.)
Blaine rabbrividì. No, grazie. Preferisco di no.
Qualcuno aprì la portiera del camion, e qualcun altro si infilò all’interno, trascinò Riley per terra.
Il camionista strisciò al suolo, sulle mani e sulle ginocchia, singhiozzando.
Lasciatelo stare! gridò Blaine.
La ragazza si voltò di scatto. I suoi pensieri erano nitidi e taglienti.
Stategli alla larga! Non toccatelo! Non fategli niente!
Ma, Anita…
Niente, disse lei.
Ma è uno sporco rifo. Adopera pallettoni d’argento.
No!
Gli altri indietreggiarono.
Adesso dobbiamo andare, disse Anita a Blaine. Credi che te la caverai?
Con lui, vuoi dire?
La ragazza annuì.
Ce la farò, le rispose Blaine.
Io mi chiamo Anita Andrews. Abito a Hamilton. Il mio numero di telefono è 276. Tatuatelo nella mente.
Tatuato, disse Blaine, mostrandole le parole e i numeri.
Se avessi bisogno di aiuto…
Ti cercherò.
Prometti?
Prometto (una mano che tracciava il segno della croce su di un cuore pulsante).
Riley spiccò un balzo e afferrò il fucile. Si rimise in piedi barcollando, frugandosi freneticamente in tasca con l’altra mano per prendere una cartuccia.
Blaine si lanciò. Afferrò l’uomo proprio al di sopra delle ginocchia, lo urtò con una spallata fortissima. Con un braccio serrò il corpo dell’uomo, con l’altro cercò di far cadere il fucile, ma senza riuscirvi.
E, mentre lottava, urlò: Andatevene di qui! Andatevene tutti quanti!
Cadde per terra e scivolò sull’asfalto spezzato, a faccia in giù: sentì l’asfalto corroso graffiargli la carne e lacerargli gli abiti. Ma continuò a tenere stretto Riley, e riuscì a trascinarlo per terra.
Smise di scivolare: brancolò alla cieca per afferrare il fucile, e la canna si avventò con violenza su di lui, nell’oscurità, e lo colpì alle costole. Bestemmiò e cercò ancora di afferrarla, ma Riley aveva alzato di nuovo l’arma per avventare un altro colpo. Blaine sparò un pugno nelle tenebre, ciecamente, e centrò qualcosa di cedevole che grugnì sotto il colpo. Il fucile scese con un tonfo, mancando il suo viso di pochi centimetri.
La sua mano scattò con la rapidità di un serpente, lo strinse e tirò, torcendo mentre tirava, e il fucile gli restò finalmente in pugno.
Blaine rotolò via, senza lasciare il fucile, e si affrettò a rialzarsi.
Dal limitare dell’area illuminata vide Riley che arrivava alla carica come un toro, con le braccia spalancate, le spalle aggobbite, la bocca che sembrava una fenditura ringhiante aperta sulla faccia.
Blaine alzò il fucile e lo scaraventò nell’oscurità, quando Riley ormai gli era quasi addosso. Si scostò per schivarlo, ma non abbastanza in fretta. Una delle mani enormi di Riley lo colpì al fianco. Blaine ruotò su se stesso, si scostò di nuovo. Riley cercò di frenare il proprio impeto, ma non riuscì a. farlo in tempo. Si agitò freneticamente, ma la forza d’inerzia lo trascinò oltre, lo mandò a sbattere con un tonfo carnoso e risonante contro il muso del camion.
Si piegò in due e si afflosciò al suolo. Blaine rimase ritto a guardarlo: e Riley non si muoveva più.
La notte era silenziosa. Erano rimasti soltanto loro due. Tutti gli altri se ne erano andati. Lui e Riley erano soli, accanto al camion scassato.
Blaine si girò di scatto e guardò il cielo, e non vi era nient’altro che la luna e le stelle, e il vento solitario che scorreva la prateria.
Tornò a voltarsi verso Riley. Si accorse che era ancora vivo. Si era risollevato a sedere, appoggiandosi contro il muso del camion. Aveva un taglio sulla fronte, dove aveva urtato contro il metallo, e non aveva più l’energia necessaria per lottare. Era sfiatato e ansimante, e nei suoi occhi brillava una luce folle.
Blaine avanzò di un passo verso di lui.
«Maledetto stupido,» gli disse. «Se gli avessi sparato ancora, li avremmo avuti addosso tutti quanti. E ci avrebbero fatti a pezzi.»
Riley lo fissava, e muoveva la bocca, come per parlare: ma riusciva a pronunciare solo una parola: «Tu… tu… tu…»
Blaine si fece avanti, e gli tese una mano per aiutarlo a rialzarsi; ma Riley si rannicchiò, cercando di sfuggirgli, addossandosi al camion, disperatamente, come in un pazzesco tentativo di penetrare dentro al metallo.
«Tu sei uno di loro!» gridò. «L’avevo già indovinato qualche giorno fa…»
«Sei matto!»
«No, è vero! Hai paura di farti vedere. Resti sempre vicino al camion. Tocca sempre a me andare a prendere il caffè e il mangiare. Tu non ci vai mai. Tocca sempre a me andare a comprare la benzina. Mai a te.»
«Il camion è tuo,» rispose Blaine. «Tu hai i quattrini e io no. Sai benissimo che sono al verde.»
«E come mi sei venuto fra i piedi,» ululò Riley. «Uscivi dai boschi. Dovevi averci passato la notte, nei boschi! E non credevi mai a quello che crede la gente normale.»
«Non sono uno sciocco,» disse Blaine. «Questa è l’unica ragione. Non sono un PK più di quanto lo sia tu. Se lo fossi, credi che mi sarei adattato a viaggiare su quel tuo camion scassato?»
Avanzò, decisamente, e afferrò Riley e lo rimise in piedi, di forza. Poi lo scrollò.
«Piantala!» gli urlò. «Adesso siamo al sicuro. Ti ho detto di piantarla!»
«Il fucile! Hai buttato via il fucile!»
«Al diavolo il fucile. Risali a bordo.»
«Ma tu hai parlato con loro! Ti ho sentito parlare con loro!»
«Non ho detto neanche una parola.»
«Non con la bocca,» disse Riley. «Non con la lingua. Ma ti ho sentito parlare con loro. Non tutto quello che hai detto. Soltanto qualcosa. Ti dico che ti ho sentito.»