Tuttavia gli uomini ci amano, quando ci conoscono. Ci amano anche ora. Gli spettatori parigini amano ciò che vedono sul palcoscenico del Teatro dei Vampiri. E coloro che hanno visto i tuoi simili nelle sale da ballo del mondo, i pallidi sovrani letali avvolti in manti di velluto, a modo loro si sono prosternati ai vostri piedi.
Fremono al pensiero dell’immortalità, della possibilità che un essere grande e bellissimo possa essere completamente malvagio, possa sentire e conoscere tutte le cose e tuttavia scegliere di saziare il suo appetito tenebroso. Forse vorrebbero essere quella creatura splendidamente malefica. Sembra così semplice. Ed è questa semplicità, ciò che loro cercano.
Ma se fai loro il Dono Tenebroso, soltanto uno su una moltitudine non sarà infelice come te.
Che cosa posso dirti che non confermi le tue paure? Ho vissuto più di milleottocento anni e ti dico che la vita non ha bisogno di noi. Io non ho mai avuto un vero scopo. Non c’è un posto per noi.
14.
Marius tacque.
Distolse lo sguardo da me, per la prima volta, verso il cielo oltre le finestre, come se ascoltasse voci che io non potevo udire.
«Ho qualche altra cosa da dirti», continuò. «Cose che sono importanti, anche se hanno soltanto una funzione pratica…» Ma era distratto. «E ci sono certe promesse che devo chiederti…»
Si chiuse nel silenzio, restando in ascolto. Il suo viso era assai simile a quelli di Akasha ed Enkil.
C’erano mille domande che volevo fargli. Ma forse era più significativo il fatto che vi fossero mille sue affermazioni che volevo ripetere, come se dovessi dirle a voce alta per afferrarle. Se avessi parlato, non avrei detto frasi molto sensate.
Mi assestai contro la spalliera di broccato della poltrona, giungendo le mani, e guardai di fronte a me come se il racconto di Marius fosse davanti ai miei occhi e io potessi leggerlo. Pensai alle verità delle sue affermazioni sul bene e sul male, e compresi che sarei rimasto inorridito e deluso se avesse cercato di convincermi della validità della filosofia delle terribili divinità orientali, se avesse tentato di farmi credere che potevamo gloriarci di quanto facevamo.
Anch’io ero figlio dell’Occidente, e in tutta la mia breve vita avevo lottato con la tipica incapacità occidentale di accettare il male e la morte.
Ma alla base di tutte queste considerazioni stava il fatto terribile che Marius avrebbe potuto annientarci tutti distruggendo Akasha ed Enkil. Marius avrebbe potuto uccidere tutti noi se avesse bruciato Enkil e Akasha sbarazzandosi di una forma decrepita e inutile del male. O almeno così sembrava.
E l’orrore di Akasha e di Enkil… Cosa potevo dire se non che anch’io avevo provato il primo barlume di ciò che un tempo aveva provato lui, la sensazione di poterli destare, di poterli indurre a parlare di nuovo e a muoversi? O, più esattamente, quando li avevo visti avevo intuito che qualcuno doveva e poteva farlo. Qualcuno poteva porre fine al loro sonno a occhi aperti.
E cosa sarebbero stati, se avessero ripreso a camminare e a parlare? Antichi mostri egizi. Cosa potevano fare?
All’improvviso, entrambe le possibilità mi apparivano seducenti… destarli o distruggerli. Entrambe mi tentavano. Volevo stabilire un contatto e comunicare con loro; tuttavia comprendevo la follia irresistibile di tentare di annientarli. Scomparire con loro in una vampata di luce che avrebbe travolto per sempre tutta la nostra specie dannata.
Entrambe le posizioni avevano a che fare con il potere e con un certo trionfo sul trascorrere del tempo.
«Non provi mai la tentazione di farlo?» chiesi con una sfumatura dolorosa nella voce. Mi domandavo se là sotto, nella loro cappella, loro mi udivano.
Marius si scosse, si girò verso di me e scrollò la testa. No.
«Anche se sai meglio di chiunque altro che per noi non c’è posto?»
Scrollò di nuovo la testa. No.
«Io sono immortale», disse. «Veramente immortale. Per essere sincero, non so se c’è qualcosa che ora possa uccidermi. Ma non si tratta di questo. Voglio continuare. Non ci penso neppure. Io sono una coscienza continuativa in me stesso, l’intelligenza che ho agognato per anni e anni quand’ero vivo, e come sempre sono innamorato del grande progresso dell’umanità. Voglio vedere cosa accadrà ora che il mondo è giunto di nuovo a porre in discussione i suoi dèi. Nessuna ragione, ora, potrebbe convincermi a chiudere gli occhi.»
Annuii. Lo comprendevo.
«Ma io non soffro quel che tu soffri», continuò Marius. «Anche nella foresta della Francia settentrionale, quando fui trasformato, non ero giovane. Da allora sono stato spesso solo, ho conosciuto qualcosa di molto vicino alla follia, un’angoscia indescrivibile: ma non sono mai stato giovane e nel contempo immortale. Ho fatto molte volte ciò che tu devi ancora fare… ciò che molto presto ti condurrà lontano da me.»
«Lontano da te? Ma io non voglio…»
«Devi andare, Lestat», disse Marius. «E molto presto, come ho detto. Non sei pronto per rimanere qui con me. È una delle cose più importanti che mi rimangono da dirti; e tu devi ascoltare con la stessa attenzione con cui hai ascoltato il resto.»
«Marius, non posso immaginare di andarmene ora. Non posso…» La collera mi assalì. Perché mi aveva portato lì, per poi scacciarmi? Ricordavo le ammonizioni di Armand. Troviamo la comunione soltanto con gli antichi e non con quelli che creiamo. E io avevo trovato Marius. Ma erano soltanto parole. Non toccavano il nucleo fondamentale di ciò che provavo, l’infelicità e la paura della separazione.
«Ascoltami», disse gentilmente. «Prima che venissi catturato dai galli avevo vissuto un’esistenza piuttosto lunga, per quei tempi. E dopo aver portato lontano dall’Egitto Coloro-che-devono-essere-conservati, vissi per anni ad Antiochia come avrebbe potuto farlo un ricco studioso romano. Avevo una casa, molti schiavi e l’amore di Pandora. Ad Antiochia vivevamo e osservavamo tutto ciò che avveniva. E dopo aver vissuto quella vita, più tardi ho avuto la forza per viverne altre, per diventare parte del mondo a Venezia, come sai. Ho avuto la forza di regnare su quest’isola. Tu, come molti di coloro che finiscono troppo presto nel fuoco o nel sole, non hai avuto una vera vita.
«In gioventù, hai conosciuto la vita vera per non più di sei mesi a Parigi. Come vampiro sei stato un vagabondo, un estraneo tra le vite altrui mentre passavi da un luogo all’altro.
«Se hai intenzione di sopravvivere, devi vivere una vita completa non appena potrai. Se lo rimandassi, potresti perdere tutto, cedere alla disperazione e sprofondare di nuovo nella terra per non destarti più. O peggio…»
«Sì, capisco», dissi. «Eppure quando mi hanno offerto di restare con il Teatro, a Parigi, non ho potuto.»
«Non era posto per te. Inoltre il Teatro dei Vampiri è una congrega. Non è il mondo più di quanto sia il mondo questa mia isola. E là ti sono accaduti troppi orrori.
«Ma nel Nuovo Mondo selvaggio dove sei diretto, nella piccola, barbara città chiamata New Orleans, potrai fare ciò che non hai mai fatto prima. Potrai prendervi residenza come mortale, esattamente come hai tentato molte volte di fare nei tuoi vagabondaggi con Gabrielle. Là non vi saranno vecchie congreghe che ti disturberanno, non ci saranno irregolari che tenteranno di eliminarti per paura. E quando creerai altri, e lo farai per vincere la solitudine, allora cerca di mantenerli più umani che puoi. Tienili vicini come membri di una famiglia, non di una congrega, e sforzati di comprendere l’epoca in cui vivi, i decenni che attraversi. Comprendi lo stile dell’abbigliamento che orna il tuo corpo, gli stili delle abitazioni in cui trascorri le ore libere, il luogo dove vai in caccia. Comprendi ciò che significa sentire il passaggio del tempo!»