«Nikki?» riprovò.
Questa volta non vi fu risposta.
Aveva il dorso delle mani escoriato e si sentiva tutto ammaccato, ma, pietra dopo pietra, riuscì a liberare le gambe. Sembrava logico che le persone che avevano fatto esplodere la caverna avessero fatto affidamento sul crollo del soffitto per sigillare tutta la faccenda in un attimo. Chiaramente, dato che non era schiacciato sotto qualche decina di tonnellate di pietre, ciò non era successo. Liberò le gambe e le fletté. Un po’ di male, ma non quel dolore che avrebbe indicato ossa rotte. Considerato quello che era appena successo, era piuttosto integro.
«Nikki?… Hal?… C’è qualcuno?»
Il suono della sua voce non riuscì quasi a riecheggiare. Era impossibile dire quanto della caverna e quanta aria fossero rimasti. Rotolò sulle mani e le ginocchia e strisciò sopra le pietre acuminate, verso il punto da dove aveva sentito arrivare la voce di Nikki. Si era spostato di un metro quando urtò un corpo. Era una donna, distesa a faccia in giù, coperta di polvere e sassi. Aveva capelli molto più lunghi di quelli di Nikki e indossava jeans e una T-shirt su un corpo molto magro, che non poteva pesare più di una cinquantina di chili. Una ragazza, pensò, non una donna. Le controllò il battito alla carotide e lo trovò subito. In quel momento, la ragazza trasse un respiro.
«Che diavolo…» mormorò Matt. «Mi senti?» chiese parlando nell’orecchio. Nessuna risposta.
Delicatamente, attento a tenere bloccato il collo, la rigirò. Allungando la mano nella totale oscurità, le spostò i capelli e un po’ di polvere dal viso.
«Oh, mio Dio», gemette nel toccare i duri neurofibromi sparsi sul viso e sul cuoio capelluto. «Oh, mio Dio, no.»
31
Nella grotta il buio era totale, opprimente e, per Matt, anche claustrofobico. Le esalazioni erano pungenti, anche se non caustiche come quelle del cloro; non ancora, almeno. Rimase seduto per un po’, calmandosi, respirando attraverso la camicia, la ragazza svenuta accanto a lui. Era evidente che Armand Stevenson e i suoi complici avevano deciso di seppellire la prova umana delle loro infrazioni assieme ai loro accusatori. Quante altre persone come la ragazza si trovavano nella caverna? si chiese Matt.
Le orecchie gli ronzavano ancora in modo sgradevole, ma il naso gli pareva avesse smesso di sanguinare. Ogni pochi secondi un altro pezzo di roccia cadeva da qualche parte nella caverna. Il soffitto non era crollato, ma di certo non era molto stabile. Matt rimase immobile ad ascoltare il tamburellamento delle pietre che cadevano, incapace di scrollarsi di dosso l’immagine del crollo ritardato delle torri gemelle del World Trade Center. Alla fine riuscì a orientarsi concentrandosi sullo sciabordio del fiume che scorreva dietro la pila di bidoni di sostanze chimiche. Il continuo rumore dell’acqua che riecheggiava nell’oscurità ebbe su di lui un effetto calmante.
«Nikki?» gridò di nuovo. «Hal?» Da qualche parte alla sua destra, udì un uomo lamentarsi: «Fred?»
Tolse dell’altra polvere e schegge di pietra dal volto e dai capelli della ragazza. Il suo viso stretto pareva integro, anche se era, senza alcun dubbio, terribilmente sfigurata. Povera bambina. Clavicole, torace, braccia, mani, addome, bacino, gambe. Per quel poco che poteva capire, non aveva subito gravi ferite.
«Nikki?» chiamò di nuovo. «C’è nessuno?»
Per alcuni secondi udì soltanto il rumore del fiume, poi: «Matt?… Matt, sono io».
Stavolta, quella risposta non l’aveva di certo immaginata. La voce di Nikki, fioca ma calma, veniva dalla sua sinistra, a una certa distanza.
«Nikki, sono Matt, sei ferita?»
«Io… ti sento, ma non riesco a capire le tue parole. Le mie orecchie…»
«Lo so», la interruppe Matt, parlando più lentamente, più forte e scandendo le parole, «anche le mie. Ti ho chiesto se sei ferita.»
«Non credo in modo grave. Le orecchie sono in crisi. Non smettono di fischiare. Sono stata anche colpita al capo, non credo di essere svenuta, ma mi gira la testa.»
Una seconda commozione cerebrale, pensò Matt. Quel termine veniva usato con indifferenza, soprattutto al pronto soccorso, dove le ferite alla testa non erano considerate gravi, a meno che fossero seguite da perdita di coscienza, che i raggi X avessero mostrato una frattura del cranio o che un esame tomografico computerizzato avesse rilevato una emorragia o una contusione cerebrale. Lui però aveva visto troppe vite rovinate e famiglie distrutte da sindromi postcommotive, a volte dopo un trauma leggero o una caduta di poca importanza o un tamponamento. Si tirò in piedi. La schiena e le gambe pulsavano e i dorsi delle mani bruciavano, ma nel complesso il malessere era tollerabile, specialmente ora che sapeva che Nikki era sopravvissuta.
«Nikki, puoi alzarti?»
«Credo di sì.»
«Camminare?»
«Ci provo… Sì, sì, ci riesco.»
«Aspetta!» gridò Matt. «Non muoverti! Hai idea di dove sia la tua torcia elettrica?»
«Scusa?»
«La tua torcia elettrica.»
«Io… io l’avevo in mano quando c’è stata l’esplosione. Ci sono così tante macerie. Non ho idea di dove possa essere finita. La cercherò e…»
Le sue parole si dissolsero in un accesso di tosse.
«Tirati la camicia sulla bocca per respirare. Funziona. Nikki, rimani dove sei e continua a parlare. Mi dirigerò verso la tua voce. Cercheremo la torcia insieme.»
Matt immaginò che fosse a una decina di metri da lui. Muovendosi a fatica tra le pietre, le braccia tese in avanti come il mostro di Frankenstein, avanzò nell’oscurità, guidato dalla voce di Nikki che declamava una canzone country che lui conosceva bene.
«Fili d’argento e aghi d’oro nonpossono rammendare questo mio cuore…»
Matt si mise due volte carponi per superare dei cumuli di sassi.
«…e io non oso annegare il mio dolore nella calda luce del tuo… ehi, l’ho trovata! Credo funzioni.»
Un attimo dopo un raggio di luce filtrò attraverso la polvere sospesa, fece una panoramica, quindi si fermò su di lui. Un istante dopo erano abbracciati.
«Oh, bambina», esclamò Matt stringendola a sé. «Avevo una tale paura che tu fossi ferita o… o peggio. Non posso credere che ci abbiano fatto una cosa simile.»
Le prese la torcia per esaminarla. Il sangue sgorgava da un taglio poco distante dalla ferita di proiettile in via di guarigione. Si tolse un calzino e lo usò per fare pressione.
«Tu stai bene?» domandò Nikki. «Hai un sacco di sangue sul viso.»
«Mi sanguinava il naso, ma non credo sia stato colpito da qualcosa. Probabilmente è stato l’urto dell’esplosione. Nessun osso rotto, per quello che posso dire. Per quanto suoni strano, siamo fortunati. Credo che si aspettassero che crollasse il soffitto. Da come continuano a cadere le pietre, potrebbe ancora accadere.»
Nikki fece girare la torcia nel vuoto. A causa delle polvere, la visibilità era limitata.
«E gli altri?» domandò.
«Non lo so. Ma c’è una ragazza, laggiù, almeno credo sia una ragazza e non una donna.»
«Cosa?»
«È svenuta. Le sono finito addosso mentre strisciavo in giro. Indovina di che cosa ha coperti viso e cuoio capelluto?»
«Neurofibromi. Matt, è terribile. Hai capito se è ferita gravemente?»
«Non credo, ma è svenuta. E credo di avere sentito anche un uomo lamentarsi.»
«Hal?»
«Non saprei. Sono tremendamente preoccupato per lui. Non era proprio dietro te?»
«Da ciò che ricordo, sì.»
«Allora dovrebbe trovarsi da qualche parte laggiù, non da dove proveniva quel lamento. Hal? Hal, riesci a sentirmi?»
Nikki fece scorrere la torcia lungo la parete. Se Hal Sawyer era dietro di lei, avrebbe dovuto trovarsi proprio sotto l’entrata della caverna, ora un impenetrabile cumulo di enormi massi e macerie che arrivava fino al soffitto.