— Che genere di animali sono? — chiese Miles, curioso.
L’ermafrodita gli gettò un’occhiata dall’alto. — Pecore e capre, soprattutto. E alcuni esemplari speciali.
— Già! Potrebbe minacciare i quad di lasciarli liberi sulla Stazione. Mi immagino l’effetto che farebbero diverse centinaia di agnellini sguinzagliati per i condotti di comunicazione… — Questa frase ironica attirò un’occhiata particolarmente asciutta dal portomastro Thorne, tuttavia Miles continuò senza battere ciglio: — Ma spero che non dovremo arrivare a tanto.
— Farò presente le sue difficoltà al Capo Watts — disse Bel. — Posso sapere il suo nome, onorevole erm?
— Ker Dubauer.
Ben fece un piccolo inchinò. — Mi aspetti qui. Sarò di ritorno fra poco.
Mentre Bel si allontanava per andare a fare una chiamata video in privato, Dubauer, con un pallido sorriso, mormorò:
— Grazie mille per l’interessamento, Lord Vorkosigan.
— È stato un piacere. — Aggrottando la fronte, Miles aggiunse: — Ci siamo già incontrati?
— No, Milord.
— Ehm. E mi dica, quando era a bordo dell’Idris, ha mai incontrato il tenente Solian?
— Quel giovane maschio che tutti credevano avesse disertato, e adesso sembra sia stato ucciso? L’ho intravisto, ma non gli ho mai parlato.
Miles fu tentato di raccontargli la novità del sangue sintetico, ma poi decise di non farlo. Era ancora possibile che ci fossero modi migliori di usare quell’informazione.
Nel frattempo, altri passeggeri dell’Idris si erano avvicinati, a Miles, per riferirgli le proprie informazioni sul tenente disperso. Ma le notizie che riuscì ad avere furono di dubbia utilità. Un omicida sicuro di sé avrebbe certamente mentito, ma un assassino furbo semplicemente non si sarebbe fatto avanti. Tre di loro furono prudenti e laconici, ma molto precisi; gli altri si dimostrarono zelanti e pieni di ipotesi fantasiose, nessuna delle quali, però, compatibile col fatto che il sangue trovato nella stiva fosse un depistaggio. A quel punto Miles considerò seriamente la possibilità di sottoporre a interrogatorio sotto penta-rapido equipaggio e passeggeri dell’Idris al completo. Un’altra cosa che Venn, o Vorpatril, o entrambi, avrebbero già dovuto fare, maledizione. Ma, ahimé, i quad avevano delle rigorose regole su quei metodi invasivi di indagine, così a Miles non sarebbe stato permesso di utilizzare le tecniche di interrogatorio più efficaci dei barrayarani. E il personale militare barrayarano, di cui Miles avrebbe potuto disporre, per il momento non era nella lista dei sospetti. Con i civili komarrani invece sarebbe stata un’altra cosa, ma essendo attualmente su suolo quad (be’, suolo) erano sottoposti alla giurisdizione quad.
Bel tornò da Dubauer, che attendeva in silenzio su un lato della stanza stringendosi nervosamente le mani, e gli disse:
— Posso scortarla personalmente a bordo dell’Idris, così potrà effettuare gli interventi sui replicatori non appena il Lord Ispettore avrà finito di parlare con i passeggeri.
— Io ho finito — gli confermò Miles, dando un’occhiata al suo crono da polso. Ce l’avrebbe fatta a incontrare Ekaterin per pranzo? Era già tardi, ma se sua moglie si era attardata nella serra dei vegetali quad, probabilmente potevano ancora vedersi.
I tre uscirono dalla sala conferenze e salirono sulla scalinata che portava all’atrio. Miles e Bel, dopo anni e anni di sgradevoli esperienze, sapevano che prima di entrare in un nuovo ambiente dovevano verificare se non ci fossero pericoli: qualsiasi nascondiglio poteva celare un cecchino. E fu così che entrambi, contemporaneamente, videro una figura sulla balconata che impugnava uno strano oggetto. Dubauer seguì il loro sguardo, e i suoi occhi si dilatarono di stupore.
La loro reazione fu immediata: afferrarono insieme le braccia del betano e si buttarono a terra, mentre sulle loro teste passava un nugolo di scintille subito seguite da un’esplosione. Nel cadere Dubauer si ferì a una guancia dalla quale sgorgò del sangue, ma non era il momento di guardarlo, perché sulle loro teste passò qualcosa che faceva il rumore di uno sciame di api furiose. Tutti e tre rotolarono sui loro corpi, andando a mettersi al riparo dietro delle colonne di marmo. Lo sciame sembrò seguirli; schegge di vetro esplosero in tutte le direzioni, e frammenti di marmo si aprirono attorno a loro come il getto di una fontana. Una potente vibrazione si propagò per la stanza, scuotendo l’aria, mentre da ogni parte si levavano urla e grida.
Miles tentò di alzare la testa per vedere cosa stesse succedendo, ma venne schiacciato a terra da Bel che, scavalcando il betano, atterrò su di lui con una presa soffocante. Quello che accadde poi, Miles poté solo udirlo: tra le urla, percepì un tonfo pesante.
Subito dopo sentì la voce di una donna che piangeva e singhiozzava nell’improvviso silenzio, e che poi si smorzava in singulti.
CAPITOLO OTTAVO
Miles era talmente schiacciato dal peso di Bel, che con voce soffocata ebbe appena la forza di dirgli: — Bel, adesso togliti di dosso.
Bel prontamente rotolò via e si alzò in piedi. — Scusa — borbottò. — Per un momento ho creduto di essere sul punto di perderti. Un’altra volta!
— Non scusarti. — Miles, con il cuore che ancora batteva impazzito e la bocca secca, si mise a sedere appoggiato con la schiena alla colonna di marmo danneggiata, e per tenersi diritto allargò le dita sulla fredda pietra sotto di lui. Al di là dell’arco irregolare protetto dalle colonne, si vedevano dozzine di profonde incisioni nel pavimento. Un oggetto piccolo e lucente rotolò lì vicino: Miles tese la mano per prenderlo, ma la ritirò subito sentendolo rovente.
Anche l’anziano ermafrodita, Dubauer, si era alzato, e si toccava con una mano il viso da cui colava del sangue. Miles fece un rapido esame: nessun’altra ferita, a quanto pareva. Si tolse dalla tasca un fazzoletto con ricamato il monogramma dei Vorkosigan, e lo porse silenziosamente al betano sanguinante che si tamponò la ferita.
In un certo senso, pensò Miles, l’incidente era lusinghiero. Almeno qualcuno aveva concluso che lui fosse abbastanza intelligente e preparato da risultare pericoloso. Ma mi chiedo chi diavolo fosse.
Bel posò le mani sul bordo scheggiato della colonna, e facendo capolino guardò al di là cautamente, poi si alzò. In quel momento, un terricolo con l’uniforme dell’albergo arrivò di corsa, e chiese con voce strozzata: — State tutti bene?
— Penso di sì — rispose Bel, guardandosi intorno. — Che cosa è stato?
— Veniva dalla balconata, signore. C’era una persona là sopra che ha sparato ed è fuggita. Il portiere gli è corso dietro per un po’ ma lui è riuscito a eclissarsi.
Bel era ancora troppo scosso per correggere quel ’signore’. Anche Miles si alzò in piedi, e respirando profondamente, avanzò al di là del provvidenziale riparo, calpestando una miscela scricchiolante di palline di vetro scheggiate, frammenti di marmo, pezzi di ottone mezzi fusi. Bel lo seguì fin davanti a un oggetto oblungo che giaceva a terra, ed entrambi s’inginocchiarono per esaminarlo.
— Ma questo è un rivettatore automatico — disse Bel dopo un momento. — Quell’uomo deve avere disattivato tutti i suoi sistemi di sicurezza per fargli fare una cosa del genere.
Era voler davvero minimizzare le cose. Ma spiegava come mai la mira del loro assalitore fosse tanto incerta. Lo strumento era stato progettato per sparare i rivetti con grande precisione, ma a una distanza di millimetri, non di metri. Eppure… se quell’assassino fosse riuscito a centrare la testa di Miles con una sola scarica… Miles guardò di nuovo le colonne di marmo devastate… questa volta nessuna procedura di criogenia avrebbe mai potuto riportarlo indietro.
Santo cielo… e se non avesse sbagliato? Che cosa avrebbe fatto Ekaterin, così lontana da casa, ritrovandosi con un marito decapitato prima ancora che fosse finita la luna di miele? Se hanno sparato a me può essere in pericolo anche lei?