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A un tratto Falk scorse un lampo di movimento in una macchia più chiara della parete vicina. Si girò rapidamente e con un tremito di terrore vide infine qualcosa di vivido, distinto: un viso, un volto segnato, selvaggio, stupefatto, in cui c'erano due occhi gialli disumani.

— Uno Shing — mormorò con attonito stupore. Il viso motteggiò, le terribili labbra aprendosi senza suono. Uno Shing, ed egli vide che era il riflesso del suo viso.

Si alzò rigidamente, andò allo specchio, vi passò una mano sopra per assicurarsi. Era uno specchio, mezzo nascosto in una cornice a rilievo dipinta in modo che apparisse più piatta di quanto non fosse in realtà.

Se ne distolse al suono di una voce. Dall'altra parte della stanza, non del tutto chiara nella luce tenue e uniforme proveniente da fonti nascoste, ma abbastanza splendenti, si ergeva una figura. Non si vedeva nessuna porta, ma comunque era entrato un uomo, che stava lì a guardarlo: un uomo altissimo, con una cappa bianca molto splendente o un mantello che gli pendeva dalle ampie spalle, capelli bianchi, occhi chiari, penetranti. L'uomo parlò. Aveva una voce profonda e gentile. — Sei il benvenuto qui, Falk. Ti attendiamo da tempo, ti abbiamo guidato a lungo e abbiamo vegliato su di te. — La luce della stanza diventava sempre più vivida, una radiosità chiara, sempre più intensa. Nella voce profonda si poteva sentire una nota eccitata. — Caccia la paura e sii il benvenuto tra noi, o Messaggero. Il cammino più scuro sta dietro di te e i tuoi piedi hanno ora imboccato la via che ti conduce a casa! — Lo splendore crebbe fino a che abbagliò gli occhi di Falk; dovette chiuderli, poi chiuderli ancora, e quando guardò davanti a sé a occhi socchiusi, l'uomo era sparito.

Poi emersero alla sua mente, involontariamente, parole pronunciate mesi prima da un vecchio della Foresta: "La terribile oscurità delle splendide luci di Es Toch".

Non accettava che si prendessero gioco di lui, che lo drogassero e lo deludessero ancora. Era stato sciocco a venire qui, e probabilmente non ne sarebbe uscito vivo; ma prendersi gioco di lui, questo no. Si fece avanti in cerca della porta nascosta per andar dietro a quell'uomo. Una voce gli disse dallo specchio: — Aspetta ancora un momento, Falk. Le illusioni non sempre sono menzogne. Vai cercando la verità.

Una riga nella parete si divise e si aprì diventando porta; entrarono due figure. Una, piccola e minuta, avanzò decisa; indossava calzoni adorni di un'appariscente decorazione a foggia di conchiglia sugli organi genitali, un giustacuore, un berretto ben sagomato. La seconda, più alta, era pesantemente abbigliata e si muoveva con affettazione, con passetti da ballerino; lunghi capelli d'un nero violaceo scendevano fino alla cintola di lei, o di lui, perché la voce sebbene dolce, era fonda. — Ci stanno riprendendo, sai, Strella.

— Lo so — disse l'ometto con la voce di Estrel. Nessuno dei due degnò mai di un'occhiata Falk; si comportavano come se fossero completamente soli.

— Vai avanti con quello che stavi dicendo, Kradgy.

— Stavo per chiederti perché ci hai messo tanto.

— Tanto? Sbagli, mio Signore. E come potevo trovarlo nella Foresta a est di Shorg? È un deserto desolato. Gli sciocchi animali non sono stati di alcun aiuto; in questi giorni si limitano a rimasticare un po' di Legge. Quando infine mi hai mandato il cercatore d'uomini, ero a due chilometri più a nord di lui. Lo trovai poi che si stava dirigendo dritto dritto in territorio Basnasska. Come sai il Consiglio ha fornito loro uccelli-bomba, in grado di far fuori Vagabondi e Soliapachim. Ecco perché mi sono mescolata a quell'oscena tribù. Non hai visto i miei resoconti? Te li ho inviati con puntualità finché non ho perso la trasmittente guadando un fiume a sud dell'Enclave del Kansas. A Besdio, però, mia madre me ne ha data un'altra. Immagino che abbiano registrato su nastro i miei resoconti.

— Non li guardo mai. A ogni modo sono stati tempo e rischi sprecati, dal momento che in tutte queste settimane non sei riuscita a fargli capire che non deve avere paura di noi.

— Estrel — chiamò Falk. — Estrel.

Estrel, grottesca e fragile nel suo travestimento, non si girò, non sentì. Continuò a parlare coll'uomo ammantato. Rosso di vergogna e di rabbia Falk urlava il suo nome, poi si fece anche avanti a scuoterla per le spalle: nulla, non c'era nulla se non un fremito di luci nell'aria, un guizzo di colori che sparivano.

Il vano della porta era sempre spalancato e Falk poteva vedere nella stanza accanto. C'era l'uomo ammantato, c'era Estrel, e gli volgevano la schiena. Pronunciò il suo nome in un sussurro ed ella si voltò a guardarlo. Senza aria di trionfo, senza vergogna fissò nel suo uno sguardo calmo, passivo, distaccato, incurante, proprio come era stata con lui per tutto quel periodo.

— Perché… perché mi hai mentito? — le chiese. — Perché mi hai portato qui? — Egli sapeva perché; sapeva cos'era ed era sempre stato agli occhi di Estrel. Non era la sua intelligenza che parlava, ma il suo rispetto di sé e la sua lealtà che in quel primo momento non poteva sopportare o ammettere la verità.

— Mi hanno mandato perché ti guidassi qui. Eri tu che volevi venirci.

Cercò di riprender coraggio. Lì impalato, senza fare un passo verso di lei, chiese — Sei una Shing?

— Io lo sono — disse l'uomo ammantato, sorridendo affabile. — Io sono uno Shing. Tutti gli Shing sono bugiardi. E dunque, sono uno Shing che ti mente, nel qual caso naturalmente non sono uno Shing, ma un non-Shing che ti mente lo stesso? Oppure è una menzonga che tutti gli Shing mentono? Sono realmente uno Shing; e realmente io mento. I terrestri, come altre creature, sono noti per essere a loro volta falsi; le lucertole cambiano colore, le cimici si mimetizzano sul legno e i passerini mentono standosene immobili per confondersi con i sassi o con la sabbia, a seconda del fondale. Strella, questo qui è più stupido di un bambino.

— No, mio Signore Kradgy, anzi è molto intelligente — rispose Estrel con il suo solito modo dolce e passivo. Parlava di Falk come fanno gli uomini degli animali.

Aveva camminato al suo fianco, mangiato con lui, dormito con lui. Aveva dormito stretta nelle sue braccia… Falk la guardava, in silenzio; anche lei e quell'uomo se ne stavano zitti, immobili, quasi aspettando da lui la richiesta di continuare il dialogo.

Non provava rancore per lei. Non provava proprio nulla. Era svanita nell'aria, era diventata un fremito guizzante di luci. Era verso se stesso che provava qualcosa: era schiacciato, fisicamente schiacciato, dall'umiliazione.

Prosegui da solo, Opale, gli aveva detto il Principe del Kansas. Prosegui da solo, gli aveva detto Hiardan l'Apicultore. Prosegui da solo, gli aveva detto il vecchio, capace di Udire, nella Foresta. Prosegui da solo, figlio mio, aveva detto Zove. Quanti altri lo avrebbero portato alla meta, aiutato nella sua ricerca, armato di conoscenza, se avesse percorso la prateria da solo? Quanto avrebbe potuto imparare, se non si fosse fidato della buona fede di Estrel?

Ora non sapeva nulla, se non che si era dimostrato smisuratamente stupido e che lei aveva mentito. Gli aveva mentito sin dall'inizio, costantemente, a partire da quando gli aveva detto di essere una Vagabonda, no, anche prima: dalla prima volta che lo aveva visto, fingendo di non conoscerlo, di non sapere cos'era. Lo aveva saputo da sempre, ed era stata mandata per assicurarsi che arrivasse a Es Toch; e probabilmente anche per contrastare l'influenza che avrebbero potuto avere sulla sua mente quelli che odiavano gli Shing. Ma allora perché, pensò con pena, mentre se ne stava in quella stanza guardando lei nell'altra, perché aveva smesso di mentire, ora?