Выбрать главу

— Quanto durò il viaggio?

— Più di due anni Wereliani, circa centotrenta centoquaranta anni luce; io ero un ragazzino, poco più di un bambino, prech Ramarren, e certe cose non le capivo, né mi veniva detto tutto…

Falk non comprendeva perché questa ignoranza dovesse imbarazzare il ragazzo; ma quel che più lo colpiva era il fatto che Orry che dimostrava quindici, sedici anni, aveva vissuto forse centocinquanta anni. E lui?

L'Alterra proseguì Orry, era partita da una base vicina alla vecchia città costiera di Tevar, con le coordinate rivolte a Terran. Trasportava diciannove persone in tutto, uomini, donne e bambini, per la maggior parte Kelshiani che vantavano discendenze Coloniali: gli adulti erano stati selezionati dall'Armonioso Consiglio dell'Impero per la loro abilità, intelligenza, coraggio, generosità e arlesh.

— Non mi pare che il Galaktika abbia un termine per questa parola. È semplicemente arlesh. — Il volto di Orry si aprì in un ingenuo sorriso. — Rale é… la cosa giusta da fare, come imparare le cose quando si va a scuola, oppure il fiume che segue il suo corso, e arlesh deriva da rale, penso.

— Il Tao? — chiese Falk; ma Orry non aveva mai sentito parlare del Vecchio Canone dell'Uomo.

— Cos'è successo alla nave? Cos'è successo agli altri diciassette?

— Alla Soglia fummo attaccati. Gli Shing vi arrivarono solo dopo che l'Alterra era stata distrutta; gli assalitori furono dispersi: erano ribelli su aeromobili interplanetari. Da uno di questi mi liberarono gli Shing. Non sapevano se gli altri fossero stati uccisi o catturati dai ribelli. Continuarono le ricerche per tutto il pianeta e circa un anno fa vennero a sapere di uno che viveva nella Foresta Orientale; poteva ben essere uno dei nostri…

— E tu che cosa ricordi di tutto ciò: l'attacco e così via?

— Niente. Sai come ti trasforma volare alla velocità della luce.

— So che per quelli che si trovano all'interno della nave non passa il tempo. Ma non ho un'idea chiara di che cosa comporti.

— Dunque, non è che me ne ricordi con estrema chiarezza. Ero un bambino, nove anni in tutto, col sistema della Terra. Non credo del resto che lo si possa ricordare chiaramente. Non si sa come… come mettere in relazione le varie cose. Si vede, si sente, ma le cose non combaciano; non vi è nulla che abbia un significato. Non so se mi spiego. E poi quando ritorni a inoltrarti nello spazio interplanetario, si attraversa quella che i Signori chiamano la Soglia, e questo obnubila i passeggeri, a meno che non vi siano preparati. La nostra nave non lo era. Nessuno di noi si era ripreso quando fummo attaccati, per cui non ricordo nulla, nulla più di te, prech Ramarren. Quando rinvenni mi trovavo su un aeromobile degli Shing.

— Perché fosti portato anche tu tra i ragazzi?

— Mio padre era il capitano della spedizione. Anche mia madre era sulla nave. Tu sai bene, del resto prech Ramarren… Se qualcuno tornasse indietro, la sua gente sarebbe tutta morta, da molto molto tempo. Non che importasse… i miei genitori sono morti, ora, comunque. O forse hanno subito la tua stessa sorte, e… e non mi riconoscerebbero se ci incontrassimo…

— E che parte avevo io nella spedizione?

— Eri il nostro ufficiale di rotta.

L'ironia della cosa lo fece trasalire, ma Orry continuò col suo modo rispettoso e ingenuo a un tempo.

— Il che significa, naturalmente che stabilivi la rotta dell'astronave, le coordinate… eri il più grande prostenio, un astronomo-matematico, di tutto Kelshy. Eri prechnowa per tutti noi, fuorché per mio padre, Har Weden. Sei dell'Ottavo Ordine, prech Ramarren! Ti… ti ricordi qualcosa di tutto ciò?

Falk scosse la testa.

Il ragazzo si calmò, dicendo infine con tristezza:

— Quasi quasi stento a credere che tu non ti ricordi, tranne quando fai così.

— Scuotere la testa?

— Su Werel per dire no ci si stringe nelle spalle. Così.

La semplicità di Orry era veramente irresistibile. Falk si provò a fare lo stesso, e gli parve di trovarvi una certa giustezza, una certa proprietà, che lo portava a convincersi che si trattasse davvero di una vecchia abitudine. Sorrise, e Orry immediatamente se ne rallegrò. — Sei così uguale a te stesso, prech Ramarren, e così diverso allo stesso tempo! Perdonami. Ma cosa ti hanno fatto, cosa ti hanno fatto mai per farti dimenticare tutto questo?

— Mi hanno distrutto. È certo che sono me stesso. Sì sono me stesso, sono Falk… — Si prese la testa tra le mani. Orry, sconcertato, stava zitto. L'aria fresca e tranquilla della stanza splendeva attorno a loro come un gioiello verde-azzurro; la parete occidentale era scintillante perché vi moriva il sole.

— Sei sotto stretta sorveglianza, qui?

— I Signori desiderano che porti con me un comunicatore, se me ne vado con l'aeromobile. — Orry si toccò il braccialetto del polso sinistro, all'apparenza un'innocua catena di anellini d'oro. — Del resto non è pericoloso muoversi tra gli indigeni.

— Ma sei libero di recarti dove ti pare?

— Ma certo, è naturale. Questa tua stanza è identica alla mia, a cavallo della gola. — Orry di nuovo sembrava perplesso. — Non abbiamo nemici qui, sai, prech Ramarren — azzardò.

— No? E dove sono allora i nostri nemici?

— Bé, fuori, lì da dove sei venuto…

Si fissarono in mutua incomprensione.

— Pensi che siano gli uomini i nostri nemici… i Terraniani, gli esseri umani? Pensi che siano stati loro a distruggermi la mente?

— E chi altri? — chiese Orry terrorizzato, ansimante.

— Gli alieni… il Nemico… gli Shing!

— Ma — disse il ragazzo con una timida gentilezza, quasi si rendesse conto solo allora di quanto profondamente ignorante e fuori strada fosse il suo ex-signore e maestro — ma non c'è mai stato un Nemico. Non c'è mai stata una Guerra.

La stanza tremò leggermente, come un gong percosso da una vibrazione quasi sub-auricolare; un attimo dopo una voce, impersonale, diceva «Si riunisce il Consiglio». La porta scorrevole si aprì ed entrò un'alta figura, cha avanzava maestosa in bianchi vestimenti e portava una parrucca nera riccamente adorna. Le sopracciglia erano completamente rasate e ridisegnate più in alto; il viso, che il trucco levigava fin quasi ad appiattirlo, era quello di un uomo robusto di mezza età. Orry si levò prestamente dal tavolo e si inchinò con un sussurro. — Il Signore Abundibot.

— Har Orry — replicò l'uomo, con una voce altrettanto smorzata, fino a diventare un sussurro stridulo, poi, rivolto a Falk: — Agad Ramarren, sii il benvenuto. Il Consiglio della Terra si incontra per rispondere ai tuoi quesiti e prendere in considerazione le tue richieste. Ora guarda… — Aveva indugiato con lo sguardo su Falk per non più di un secondo, e non si avvicinava molto a nessuno dei due Wereliani. In lui c'era una strana aria di potenza e insieme di riserbo e di raccoglimento. Era lontano, irraggiungibile. Rimasero tutti e tre immobili per un momento, poi Falk, seguendo lo sguardo degli altri vide che la parete interna della stanza si era oscurata e aveva mutato aspetto: ora sembrava una spessa gelatina grigio pallido, dove si agitavano tremolanti linee, e forme. Poi l'immagine divenne più chiara, e Falk trattenne il respiro. Era il viso di Estrel, dieci volte più grande che al naturale. Gli occhi guardavano verso di lui con la remota compostezza di un dipinto.

— Io sono Strella Siobelbel. — Le labbra dell'immagine si mossero, ma la voce non aveva nessuna localizzazione, un freddo, astratto bisbiglio che tremolava nell'aria della stanza. — Fui inviata per riportare sano e salvo in Città quel membro della Spedizione Wereliana che si diceva vivesse nella parte Orientale del Continente Uno. Credo che costui sia quell'uomo.

E il suo volto scomparve, lasciando il posto a quello di Falk.

Una voce impersonale e sibilante domandò: — Har Orry, riconosci costui?

Quando Orry rispose, sullo schermo comparve il suo viso.

— Quest'uomo è Agad Ramarren, Signori, l'Ufficiale di rotta di Alterra.