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«Tutto questo le deve apparire molto strano,» disse dolcemente il primo ministro. La ragazza rispondeva lentamente, con frasi correttissime.

«Il dottor Geers mi ha spiegato.»

«Le ha spiegato perché l’ha portata qui?»

«No.»

«Burdett?» Il primo ministro gli passò l’incarico di procedere nell’interrogatorio. Ratcliff guardava davanti a sé, di cattivo umore: Burdett si spostò più avanti, sull’orlo della sedia, appoggiò i gomiti al tavolo, incrociò le dita e fissò intensamente Andromeda.

«Questo paese… Lei conosce questo paese?»

«Sì.»

«Questo paese è minacciato dai missili.»

«Lo sappiamo.»

«Lo sappiamo?» Burdett la fissò con intensità ancora maggiore. Andromeda non si scompose; il suo viso era privo di qualsiasi espressione.

«Io e il calcolatore.»

«Come fa a saperlo il calcolatore?»

«Ci scambiamo le informazioni.»

«È proprio quel che speravamo,» disse il primo ministro.

Burdett proseguì: «Abbiamo missili da intercettazione, razzi di vario tipo, ma nulla che sia una combinazione di velocità, raggio d’azione e precisione per… ehm…» Cercò il termine di gergo adatto.

«Per colpirli?» chiese la ragazza con semplicità.

«Esattamente; le forniremo tutti i particolari sulla velocità, la quota e la rotta; in pratica, cioè, le possiamo dare una grande quantità di dati, ma abbiamo bisogno che vengano tradotti in termini pratici di meccanica.»

«È difficile?»

«Per noi, sì. Quello che stiamo cercando è un’arma di intercettazione molto perfezionata, che possa prendere decisioni da sola, all’istante.»

«Capisco.»

«Le dovrebbe piacere lavorare a questa ricerca con noi,» disse gentilmente il primo ministro, come se chiedesse un piacere a un bambino. «Il dottor Geers le dirà quel che bisogna fare e le darà tutte le facilitazioni perché lei progetti davvero queste armi.»

«E il dottor Fleming la potrà aiutare per quel che riguarda il calcolatore,» aggiunse Ratcliff.

Per la prima volta Andromeda alzò lo sguardo.

«Non avremo bisogno del dottor Fleming,» disse, e qualcosa passò nella sua voce calma e misurata, come un’ombra fredda nella luce del sole.

Tornata da Londra, Andromeda passava la maggior parte del suo tempo nell’ufficio progetti, a uno o due isolati dall’edificio del calcolatore: preparava i dati per la macchina, e li consegnava perché venissero calcolati. Qualche volta andava direttamente a comunicare con il calcolatore con il risultato che in seguito dalla stampatrice uscivano calcoli lunghi e complessi, che lei portava via per tradurli in termini di progettazione. I risultati si rivelavano superiori a quello che Geers aveva auspicato. Un nuovo sistema di comandi e nuove formule balistiche uscivano già pronti dalla tavola da disegno, e quando venivano sperimentati si dimostravano all’altezza di quanto si richiedeva. La ragazza e la macchina, in collaborazione, potevano compiere il lavoro teorico di sviluppo di un anno in una sola giornata. I risultati non solo erano interessanti ma, ovviamente, efficienti. Era chiaro che sarebbe stato possibile costruire nel giro di breve tempo un missile da intercettazione completamente nuovo.

Durante le ore di servizio Andromeda aveva libertà di movimento all’interno della base; e sebbene dopo il lavoro sparisse sotto scorta nel suo appartamento fu presto una figura familiare alla base. Judy diffuse la voce che si trattava di un’esperta di ricerche distaccata dal Ministero della Difesa.

La settimana seguente dal n. 10 di Downing Street venne emesso un comunicato:

«Il governo di Sua Maestà si è accorto da qualche tempo del passaggio di un numero crescente di ordigni spaziali, forse missili, sopra queste isole. Sebbene gli ordigni, sconosciuti ma di origine terrestre, passino sul nostro paese a grande velocità e a grande altezza, non c’è ragione di immediato allarme. Il governo di Sua Maestà sottolinea, tuttavia, che essi costituiscono una deliberata violazione del nostro spazio aereo nazionale, e che ci si prepara a intercettarli e identificarli.»

Fleming ascoltava la trasmissione sul suo transistor, nel suo alloggio di Thorness. Non era più il responsabile del calcolatore, e Geers aveva suggerito che sarebbe potuto essere più felice se se ne fosse tenuto lontano. Tuttavia lui restava a Thorness, in parte per ostinazione e in parte per un presentimento di imminente pericolo, sorvegliando i progressi di Andromeda e dei due giovani assistenti che erano stati assunti per darle una mano al calcolatore. Non faceva alcun tentativo di avvicinarla, né di avvicinare Judy, che continuava a girare attorno inutilmente guardinga, e che fungeva da legame tra Andromeda e gli uffici direttivi; ma quando ebbe sentito quel comunicato si diresse all’edificio del calcolatore con la vaga impressione che bisognasse fare qualcosa.

Judy lo trovò seduto sulla sedia girevole di fronte al quadro di controllo, a rimuginare. Dopo quel loro ultimo scontro, non gli aveva più rivolto la parola, ma lo aveva tenuto d’occhio, preoccupata e con tenerezza nascosta che non l’aveva mai lasciata.

Avanzò fino al banco di controllo e si fermò davanti a lui. «Perché non rinunci, John?»

«Ti piacerebbe, eh?»

«No, non mi piacerebbe, ma non combini niente a roderti il fegato.»

«È un simpatico giochetto a triangolo, vero?» La guardava di sotto in su, sardonico. «Io sorveglio la ragazza e tu sorvegli me.»

«Non ti serve a nulla.»

«Gelosa?» le chiese.

Scosse il capo con impazienza. «Non essere assurdo.»

«Sono tutti così maledettamente sicuri del fatto loro.» Fissò meditabondo l’apparecchiatura di controllo. «Forse mi è sfuggito qualcosa di questa macchina o della ragazza.»

Mentre Fleming e Judy parlavano, Andromeda entrò nella sala del calcolatore. Si fermò sulla soglia, un fascio di fogli in mano, e attese che terminassero. Era tranquilla, ma in lei non c’era modestia alcuna. Quando parlava con Judy o con gli altri che lavoravano con lei, aveva un’aria di autorità superiore e indiscussa. Non faceva concessioni neppure a Geers: era perfettamente educata, ma li trattava tutti come esseri intellettualmente inferiori.

«Desidererei parlare di questi al dottor Geers,» spiegò dalla soglia.

«Ora?» Judy cercava di opporle un pacato disprezzo.

«Ora.»

«Vedo se è libero,» rispose Judy, e uscì. Andromeda attraversò la stanza, diretta al quadro di controllo, ignorando Fleming; qualcosa però lo spinse a fermarla.

«È felice del suo lavoro?»

Si volse a guardarlo, senza parlare. Fleming si drizzò sulla sedia, improvvisamente in guardia.

«Si sta rendendo assolutamente indispensabile, vero?» le chiese nel tono che aveva usato con Judy.

Lo guardò seria. Pareva una statua, con i suoi lineamenti ben disegnati, i lunghi capelli e le braccia abbandonate, l’abito semplice e chiaro. «Per piacere, faccia attenzione a quel che dice,» gli rispose.

«È una minaccia?»

«Sì.» Parlava senza enfasi, come se enunciasse dei semplici dati di fatto. Fleming si alzò di colpo.

«Santo cielo! Non voglio che…» Si interruppe sorridendo. «Forse mi è davvero sfuggito qualcosa.»

Qualsiasi cosa avesse in mente, non era chiaro alla ragazza. Si volse per andarsene.

«Aspetti un attimo.»

«Ho da fare.» Ma si volse di nuovo verso di lui in attesa; lui le si avvicinò lentamente, la squadrò come se la stesse prendendo in giro.

«Devi fare qualcosa per te, se vuoi avere influenza sugli uomini.» Andromeda restava immobile. Fleming alzò una mano ad accarezzarle i capelli e la fece scorrere lungo la tempia. «Dovresti tirarti indietro i capelli, allora potremmo vedere come sei. Molto graziosa.»