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A Thorness gli altoparlanti continuavano a diffondere il conto alla rovescia, e le squadre di lancio continuavano a lavorare velocemente attorno alle basi dei razzi, sulla scogliera. Allo zero doveva essere effettuato il «primo lancio,» e se questo non avesse funzionato, il secondo, e se necessario, anche il terzo, seguendo calcoli di volo fatti tenendo conto del tempo di decollo. Andromeda aveva sostenuto che non ce n’era bisogno, ma tutti gli altri erano consci dell’umana fallibilità. Né Geers né alcuno dei suoi superiori potevano permettersi un fiasco.

Il conto alla rovescia scese di cifra in cifra, arrivando allo zero. Nella grigia luce mattutina del promontorio, i razzi di decollo del «primo lancio» all’improvviso fiorirono rossi. L’aria si riempì di frastuono, la terra tremò e l’alta matita sottile scivolò su nel cielo. In pochi secondi era sparita al di sopra delle nuvole. Nella sala di controllo, nella sala di operazioni e nell’osservatorio, visi preoccupati guardavano la sua scia apparire sullo schermo a raggi catodici. Solo Andromeda sembrava sicura e per nulla preoccupata.

A Bouldershaw, Reinhart, Harvey e la loro squadra seguivano le due tracce del proiettile e dell’intercettatore, che andavano lentamente convergendo, e sentivano il blip-blip del satellite risuonare più forte e più chiaro man mano che sì avvicinava. Poi le tracce si incontrarono e in quel medesimo istante il rumore cessò.

Reinhart si precipitò verso Harvey per battergli la schiena, fuori di sé e con scarsa dignità.

«È andata…!»

«…Centro!» Geers sollevò il suo telefono collegato con Londra. Andromeda si allontanò dallo schermo della sala di controllo come se non fosse successo nulla di importante. A Londra Vandenberg, nella sala operazioni, si volse ai suoi colleghi inglesi.

«Bene, che ne dite?»

Quella sera venne fatta alla stampa una dichiarazione ufficiale:

«Il Ministero della Difesa ha annunciato che un missile è stato intercettato da un nuovo razzo inglese, trecentosettanta miglia sopra le Isole Britanniche. I resti del missile di origine sconosciuta, e i resti del missile intercettatore si sono disintegrati rientrando nell’atmosfera terrestre, ma l’intercettazione è stata seguita su apparecchi radar e può, dichiara il Ministero, essere controllata fin nei più minuti dettagli.»

Da Whitehall si levò un respiro di sollievo quasi udibile, seguito da calorose autocongratulazioni. Il governo tenne una seduta insolitamente allegra e nel giro di una settimana il primo ministro mandava ancora a chiamare Burdett.

Il ministro della Difesa si presentò, ordinato e sorridente, avvolto da un’aura di fiducia e di lozione dopobarba. «Nessuna nuova traccia?» chiese il primo ministro.

«Neppure una.»

«Niente in orbita?»

«No, niente ha sorvolato questo paese, Eccellenza, dopo l’intercettazione.»

«Bene.» Il primo ministro meditava. «Reinhart avrebbe comunque avuto il titolo di Sir.»

«E Geers?»

«Oh, già. Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico.»

Burdett si preparava ad affrontare gli affari seri. «E il calcolatore e il suo… ehm, agente, Eccellenza?»

«Potremmo dare alla ragazza il titolo di Donna,» disse il primo ministro, ammiccando.

«Voglio dire,» disse Burdett, «che cosa sarà di loro? Il ministro della Scienza vuole riaverli.»

Il primo ministro continuava ad avere un’aria divertita. «Non possiamo tenercelo, vero?»

«Abbiamo per esso un programma militare molto pesante.»

«Anche un programma economico molto pesante.»

«Che intende dire, Eccellenza?»

«Voglio dire,» disse seriamente il primo ministro, «che se questa particolare combinazione può darci dei risultati a questo livello, può ottenere anche un mucchio di altre cose. È naturale che debba ancora lavorare per la Difesa, ma al tempo stesso ha un potenziale industriale molto alto. Vogliamo diventare ricchi, lo sa, oltre che forti. Gli scienziati ci hanno dato, e io gliene sono molto grato, la macchina pensante più avanzata del mondo. Ci darà la possibilità, come nazione, di fare un balzo avanti in molti campi e sarebbe anche ora.»

«Vuole continuare a occuparsene, Eccellenza?» Burdett era un miscuglio di irritazione e deferenza.

«Sì. Farò una dichiarazione al paese nei prossimi giorni.»

«Non intende renderlo pubblico?»

«Non si agiti.» Il primo ministro lo guardava con indulgenza. «Dirò qualcosa circa gli effetti, ma i mezzi resteranno segretissimi. Questa sarà responsabilità sua.»

Burdett annuì. «Che posso dire a Vandenberg?»

«Gli dica di mettersi tranquillo. No, gli dica che ci prepariamo a ritornare di nuovo un grande piccolo paese, ma che continueremo a collaborare con gli alleati. Con tutti gli alleati che possiamo trovare, anzi.» Fece una pausa per un attimo; Burdett aspettava educatamente. «Andrò io stesso a Thorness non appena mi sarà possibile.»

La visita fu combinata in pochi giorni; ovviamente per il ministro era una faccenda degna di avere la precedenza. Judy e Quadring ebbero qualche difficoltà a nasconderlo alla stampa, perché la curiosità del pubblico era al vertice: ma alla fine tutto fu stabilito con la dovuta segretezza, e il campo e i suoi abitanti vennero tirati a lucido silenziosamente e discretamente. Geers era visibilmente cambiato: la sicurezza per lui era una sensazione nuova. Era come se avesse deposto le armi. Era pieno di vivacità, ma affabile, e non solo permetteva nuovamente alla Dawnay e a Fleming l’accesso al calcolatore, ma li aveva vivamente pregati di partecipare al corteo per la visita del primo ministro. Voleva che tutti, diceva, avessero quel che gli spettava.

Fleming personalmente aveva dei dubbi su tali esibizioni, ma se li teneva per sé: almeno avrebbe avuto una possibilità di parlare. Il giorno della visita si recò di buon’ora nell’edificio del calcolatore, dove trovò Andromeda che aspettava, sola. Anche lei sembrava trasformata. Aveva spazzolato all’indietro i lunghi capelli e invece dell’abito diritto di tutti i giorni indossava una specie di tunica greca, che le segnava busto e gambe, ondeggiandole attorno.

«Accidenti,» disse, «ti accadrà qualcosa di prettamente umano se te ne vai in giro così addobbata.»

«Ti riferisci a questo vestito?» chiese lei, con un vago interesse.

«Farai un’impressione dell’accidente, ma d’altronde la fai lo stesso. Non ci sarà possibilità di averti, ora, vero?» le chiese amaramente. Andromeda gli lanciò un’occhiata senza rispondere. «Ti chiederà probabilmente di succedere al n. 10 e tu penserai che noi dormiremo tranquilli nel nostro letto ora che abbiamo visto quanto sei forte. Probabilmente pensi che siamo tutti degli sciocchi.»

«No, tu non sei uno sciocco,» ribatté lei.

«Se non fossi uno sciocco non saresti qui ora. Hai fatto piombare giù dal cielo con un colpo un pezzettino di metallo — sa Dio come — e di punto in bianco sei in una posizione di comando.»

«Era quanto si voleva.» Gli stava di fronte, senza espressione.

«E qual è il prossimo passo?»

«Dipende dal programma.»