Il pescatore rimase poco convinto. «Il mio sostentamento dipende dal suo favore, signora cavaliere. Riprendetevi il vostro denaro. Se davvero cercherete di attraversare il Mare di Simon fino al Bastione della Tempesta, come affermate, allora lei verrà a cercare me.»
Mina scrollò il capo con un sorriso. «Se siete tanto preoccupato per ciò che potrà pensare Zeboim, portate il denaro al suo tempio e lasciatelo alla dea in offerta. Direi che quella somma possa farvi acquisire un bel po’ di benevolenza da parte sua.»
Il pescatore ci pensò su e, dopo qualche istante trascorso a succhiarsi il labbro inferiore e a contemplare l’acqua ondeggiante, si infilò la borsa di denaro nei calzoni di tela cerata.
«Forse avete ragione, signora cavaliere. Il vecchio Ned ha offerto alla Padrona sei monete d’oro, ciascuna con impressa la testa di un tizio che si faceva chiamare Re-Sacerdote o qualcosa del genere. Il vecchio Ned aveva trovato quelle monete dentro un pesce da lui aperto, e ha pensato che dovessero essere della Padrona. Forse lei li aveva stivati lì per tenerli al sicuro. Lui non pensava che valessero molto, per via che non aveva mai sentito parlare di questo Re-Sacerdote, ma dovevano valere qualcosa perché adesso lui non esce mai col suo peschereccio senza tornare indietro con più merluzzi di quanti si possano contare.»
«Forse la dea farà così anche per voi», osservò Mina.
Stivate le provviste, Mina lasciò la barca e tornò a prendere un ultimo oggetto: la sua armatura.
«Spero di sì», disse il pescatore. «A casa ho sei bocche affamate da nutrire. La pesca non è stata tanto buona ultimamente. È un motivo per cui sono costretto a vendere questa barca qui.» Si strofinò il mento brizzolato. «Forse dividerò il denaro con la dea. Metà a lei, metà a me. Mi sembra equo, vero?»
«Perfettamente equo», ribatté Mina. Tirò fuori l’armatura e la distese sul molo. Il pescatore la scrutò e scrollò il capo.
«Farete meglio a tenerla all’asciutto», suggerì. «L’acqua salata la farà arrugginire ferocemente.»
Mina sollevò la corazza. «Non ho uno scudiero. Mi aiutereste a indossarla?»
Il pescatore la guardò fisso. «Indossare l’armatura? Per andare in barca?»
Mina gli sorrise. L’ambra dei suoi occhi si riversò su di lui, si coagulò attorno a lui. Il pescatore abbassò lo sguardo.
«Se vi rovesciate, andrete a fondo come un nano», la avvertì.
Mina si infilò la corazza dalla testa e tenne le mani in alto, in modo che il pescatore potesse stringere le cinghie di cuoio che la legavano assieme. Abituato ad allacciare i nodi della sua rete, l’uomo portò a termine l’operazione con rapidità e abilità.
«Mi sembrate un uomo buono», commentò Mina.
«Lo sono, mia signora», disse semplicemente il pescatore, «o per lo meno cerco di esserlo».
«Eppure adorate Zeboim, una dea considerata malvagia. Come mai?»
Il pescatore parve a disagio e diede un’altra occhiata verso il mare.
«Non è che sia proprio malvagia, piuttosto è... be’, capricciosa. Bisogna prenderla per il verso giusto. Se se la prende con te, non si sa come va a finire. Ti spinge in mare aperto e poi ti lascia lì senza neanche un alito di vento, in bonaccia, alla deriva sull’acqua finché non muori di sete. Oppure può sollevare un’onda tanto grande da inghiottire una casa, o alimentare venti di tempesta che sbatacchiano un uomo qua e là come fosse un ramoscello. Noi qui siamo gente buona. Quasi tutti adoriamo Mishakal o Kiri-Jolith, ma se si vive presso il mare bisogna sempre stare attenti a rendere omaggio a Zeboim, magari lasciarle un piccolo dono. Giusto per farla contenta.»
«Avete menzionato il culto di altri dèi», osservò Mina. «Qualcuno forse adora Chemosh?»
«Chi?» domandò il pescatore, impegnato nel suo compito.
«Chemosh, Signore della Morte.»
Il pescatore interruppe la sua opera, rifletté per un attimo. «Oh, sì. C’è stato un sacerdote di Chemosh che è venuto qui un mesetto fa per cercare di fare propaganda per quel dio. Sembrava ammuffito. Era vestito tutto di nero e puzzava come un sarcofago aperto. Affermava che la chierica di Mishakal ci mentiva quando ci diceva che la nostra anima sarebbe andata verso la fase successiva del viaggio della vita. Quel tizio ci diceva che il Fiume delle Anime è stato contaminato o qualcosa del genere, che le nostre anime erano intrappolate qui e che soltanto Chemosh poteva liberarci.»
«E che ne è stato di questo sacerdote?»
«Si è sparsa la notizia che lui avrebbe predisposto un altare nel cimitero, promettendo di resuscitare i morti per dimostrarci la potenza del dio. Alcuni di noi ci sono andati, pensando di vedere un bello spettacolo, se non altro. Ma poi è arrivato lo sceriffo, assieme alla chierica di Mishakal, e ha detto al sacerdote di andare a fare le sue cose da qualche altra parte, altrimenti l’avrebbe fatto arrestare per avere disturbato i morti. Il sacerdote non voleva avere guai, immagino, perché ha preso su le sue cose e se n’è andato.»
«E se ha ragione riguardo alle anime?» domandò Mina.
«Mia signora», disse il pescatore, esasperato. «Non mi avete sentito? Ho sei figli a casa e tutti che crescono in fretta come girini e vogliono tre pasti completi al giorno. Non è la mia anima che va in mare a prendere il pesce da vendere al mercato per acquistare cibo per i bambini. Vero?»
«No. Immagino di no», disse Mina.
Il pescatore fece un cenno energico col capo e diede un ultimo strattone deciso alle cinghie. «Se fosse la mia anima ad andare a pesca, mi preoccuperei della mia anima. Ma la mia anima non pesca, e allora non me ne preoccupo.»
«Capisco», annuì pensosamente Mina.
«Voi dite di partire per una missione sacra», s’informò il pescatore. «Quale dio seguite allora?»
«La regina Takhisis», rispose Mina.
«Non è morta?» domandò il pescatore.
Mina non rispose. Ringraziando l’uomo per l’aiuto, discese la scala fino alla barca.
«Non ha senso», disse il pescatore, mentre Mina mollava le cime che legavano la barca al molo. «State sprecando il vostro tempo, il vostro denaro e con ogni probabilità la vostra vita, se andate in missione sacra per una dea che non c’è più, o per lo meno così ci racconta la chierica di Mishakal.»
Mina lo guardò, con un’espressione grave. «La mia missione sacra non è tanto per la dea quanto per l’uomo che istituì i cavalieri dedicati al suo nome. A quanto mi è stato detto, colui che tradì il mio signore mandandolo a morire vive la sua vita miserabile sul Bastione della Tempesta. Io vado a sfidarlo a combattimento per vendicare Lord Ariakan.»
«Ariakan?» Il pescatore ridacchiò. «Mia signora, questo vostro Lord morì quasi quarant’anni fa. Voi quanti anni avete? Diciotto? Diciannove? Non l’avete mai conosciuto!»
«Non l’ho mai conosciuto», convenne Mina, «ma non l’ho mai dimenticato. Né ho dimenticato ciò che gli devo». Si sedette a poppa, prese la barra del timone. «Chiedete la benedizione di Zeboim per me, volete? Ditele che vado a vendicare suo figlio.»
Diresse la barca verso il vento. La vela sbatté per un attimo, poi prese la brezza. Mina girò lo sguardo verso il mare aperto, verso i frangenti, verso la linea sottile e scura di nubi temporalesche che incombevano perennemente all’orizzonte.
«Già, bene, se qualcosa può far felice la Strega del Mare, è proprio questo», osservò il pescatore, guardando la barca sollevarsi all’incontro con la prima ondata.
Un’onda strana colpì il molo, si riversò sul pescatore e lo inzuppò da capo a piedi.
«Sto andando, Padrona!» urlò ai cieli e scappò via più in fretta che poté per offrire metà del suo denaro al grato chierico della dea del mare.
La prima parte del viaggio di Mina fu pacifica. Una forte brezza spingeva la barca a vela sopra le onde, trasportandola sempre più lontano da riva. Mina non aveva paura del mare, il che era strano, considerando che aveva avuto esperienza di una tempesta e di un naufragio. Non aveva però alcun ricordo né dell’una né dell’altro. Si ricordava (e vagamente) soltanto di essere stata cullata dalle onde, dondolata delicatamente, fatta addormentare dalla ninnananna.