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«Non mangiare tanto velocemente», lo avvertì Rhys. «Ti verrà mal di pancia.»

«Ho mal di pancia da due giorni», lo informò il kender. «Questa roba è proprio buona.»

«Da quanto tempo non mangi come si deve?»

Il kender alzò le spalle. «Difficile dirlo.» Tese la mano e diede ad Atta una pacca guardinga sulla testa, a cui Atta si sottopose con buona grazia. «Hai un bel cane.»

«Mi perdonerai se ti dico questo», esordì Rhys. «Non intendo offenderti, ma di solito la tua gente non ha difficoltà a procurarsi da mangiare e tutto ciò di cui ha bisogno.»

«Vuoi dire che noi prendiamo la roba a prestito», disse il kender, facendosi più allegro. Si sistemò comodamente accanto ad Atta, continuando a coccolarla. «La verità è che io non sono molto bravo. Sono goffo e imbranato, come mi diceva mio padre. Immagino che sia perché passo tutto il tempo con loro.» Con un cenno del capo indicò le tombe. «È molto più facile andarci d’accordo. Nessuno di loro mi ha mai accusato di avergli preso qualcosa.»

«Che intendi con "loro"?» domandò Rhys. «Le persone qui sepolte?»

Il kender agitò la mano unta. «Le persone sepolte ovunque. I vivi sono meschini. I morti sono molto più simpatici. Più gentili. Più comprensivi.»

Rhys osservò attentamente il kender. Poiché hai a che fare con Chemosh, ti serve qualcuno che sia esperto di morti viventi.

«Stai dicendo che sai comunicare con i morti?»

«Io sono quello che chiamano un "nightstalker".» Il kender tese la mano. «Mi chiamo Nightshade. Nightshade Pricklypear.»

«Io mi chiamo Rhys Mason», si presentò Rhys, prendendogli la manina e stringendogliela, «e questa è Atta».

«Ciao, Rhys, ciao, Atta», disse il kender. «Mi piaci. Mi piaci anche tu, Rhys. Non sei irritabile, come quasi tutti gli esseri umani che ho conosciuto. Non credo ti avanzi dell’altra carne», soggiunse con un’occhiata bramosa alla bisaccia di cuoio.

Rhys gli porse la bisaccia. Al mattino avrebbe reintegrato le provviste. Qualcuno in città avrebbe avuto bisogno di tagliare la legna o di eseguire qualche altro lavoretto. Nightshade finì tutta la carne e quasi tutto il pane, lasciando qualche boccone ad Atta.

«Che cos’è un nightstalker?» domandò Rhys.

«Ehi! Pensavo che tutti sapessero di noi.» Nightshade osservò Rhys con stupore. «Dov’eri nascosto? Sotto una pietra?»

«Si potrebbe dire di sì.» Rhys sorrise. «Mi interessa. Racconta.»

«Sai della Guerra delle Anime?»

«Ne ho sentito parlare.»

«Be’, quello che è successo è che quando Takhisis si impadronì del mondo ne bloccò tutte le vie d’uscita, per così dire, per cui chi moriva restava intrappolato nel mondo. Le anime non potevano proseguire. Certe persone – mistici, per lo più, di solito negromanti – scoprirono di poter comunicare con queste anime morte. I miei genitori erano tutti e due mistici. Non negromanti», si affrettò a soggiungere Nightshade. «I negromanti non sono persone simpatiche. Vogliono comandare i morti. I miei genitori volevano semplicemente parlare con loro e aiutarli. I morti erano molto infelici e sperduti, poiché non sapevano dove andare.»

Rhys osservò attentamente il kender. Nightshade parlava di tutto questo con un tono tanto realistico che Rhys trovava difficile pensare che il kender stesse mentendo, eppure l’idea che dei vivi tenessero conversazioni con i morti era difficile da comprendere.

«Io accompagnavo sempre i miei genitori quando si recavano in un cimitero o in un mausoleo», stava dicendo Nightshade. «Giocavo con loro mentre i miei genitori lavoravano.»

«Giocavi con i morti?» lo interruppe Rhys.

Nightshade annuì. «Ci divertivamo molto. Giocavamo a girotondo, a rimbalzello, a fazzoletto, a "re della cripta". Un cavaliere di Solamnia morto mi insegnò a giocare a khas. Un ladro morto mi mostrò come nascondere un fagiolo sotto tre gusci di noce e scambiarli di posto velocissimamente e poi fare indovinare agli altri dove è nascosto. Vuoi vederlo?» domandò con entusiasmo.

«Eventualmente più tardi», disse educatamente Rhys.

Nightshade rovistò nella bisaccia e, non trovando altro da mangiare, la riconsegnò. Si appoggiò comodamente alla lapide. Atta, vedendo che non sarebbe arrivata altra carne, appoggiò la testa sulle zampe e si mise a dormire.

«Allora adesso, Nightshade, tu prosegui l’opera dei tuoi genitori?»

«Magari!» Il kender emise un forte sospiro.

«Che è successo?»

«È cambiato tutto. Takhisis è morta. Gli dèi sono tornati. Le anime sono di nuovo libere di proseguire il loro viaggio. E a me non resta più nessuno con cui giocare.»

«I morti se ne vanno tutti da Krynn.»

«Be’, non tutti», corresse Nightshade. «Ci sono ancora spiriti, poltergeist, doppelgänger, zombie, revenant, fantasmi, scheletri guerrieri, spettri e così via. Ma di questi tempi è più difficile incontrarli. In genere i negromanti e i chierici di Chemosh se li portano via prima che io riesca a raggiungerli.»

«Chemosh», disse Rhys. «Che cosa sai di Chemosh? Sei un suo seguace?»

«Accidenti, no!» affermò Nightshade, rabbrividendo. «Chemosh non è proprio un dio simpatico. Fa del male agli spiriti, li trasforma in suoi schiavi. Io non adoro nessun dio. Senza offesa.»

«Perché dovrei offendermi?»

«Perché sei un monaco. Lo vedo dalla tua veste, anche se è piuttosto strana. Non ho mai visto quello strano colore verde. Chi è il tuo dio?»

Il nome di Majere giunse prontamente e facilmente alle labbra di Rhys. Si interruppe, se lo rimangiò.

«Zeboim», rispose.

«La dea del mare? Tu sei un marinaio? Ho sempre pensato che mi piacerebbe andare al mare. In fondo alle acque devono esserci tantissimi cadaveri, tutti quelli che sono morti nei naufragi o sono stati portati via dalle tempeste.»

«Non sono un marinaio», rispose Rhys e cambiò argomento. «Allora che cosa fai da quando è finita la Guerra delle Anime?»

«Viaggio di città in città, cercando una persona morta con cui parlare», spiegò il kender. «Ma per lo più vengo sbattuto in galera. Non è poi tanto male. Almeno ti danno da mangiare.»

Era così magro e fragile, e anche se parlava allegramente sembrava tanto infelice che Rhys si decise. Ancora non riusciva a capire se il kender fosse pazzo o sano di mente, menzognero oppure sincero (per quanto possa esserlo un kender). Immaginava però che valesse la pena scoprirlo. E preferiva non offendere la sua irascibile dea, che gli aveva offerto questo strano dono.

«La verità è, Nightshade», incominciò Rhys, «che io sono stato mandato qui a cercarti».

Il kender balzò su, scuotendo Atta dal suo sonnecchiare. «Lo sapevo! Tu sei lo sceriffo travestito!»

«No, no», si affrettò a dire Rhys. «Sono davvero un monaco. È stata Zeboim a mandarmi qui.»

«Un dio che mi cerca?» disse Nightshade, allarmato. «È peggio dello sceriffo.»

«Nightshade...» incominciò a dire Rhys.

Troppo tardi. Procedendo a balzi, il kender si allontanò dalla lapide e se la diede a gambe. Avendo passato la vita a sfuggire agli inseguitori, il kender era lesto e agile. La mangiata gli aveva dato forza. Conosceva bene il territorio circostante. Rhys non l’avrebbe mai raggiunto. Aveva però con sé qualcuno che ci sarebbe riuscito.

«Atta», disse Rhys, «via!»

Atta era in piedi. Udendo quel comando ben noto, fece per obbedire, quindi si fermò e si voltò a guardare perplessa Rhys.

«Faccio come dici, padrone, ma dove sono le pecore?» sembrò domandare.

«Via», disse Rhys con fermezza e indicò il kender in fuga.

Atta lo osservò ancora per un istante, giusto per accertarsi di avere capito bene, quindi sfrecciò via, procedendo a balzi per il cimitero all’inseguimento del kender.

La cagna utilizzò con Nightshade la stessa tattica che avrebbe usato con le pecore, arrivandogli sul fianco sinistro, descrivendo un ampio cerchio, senza guardarlo per non spaventarlo, deviando davanti a lui per farlo voltare e costringerlo a tornare verso Rhys.