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«Grazie, mio signore sceriffo. Farò indagini in tutti e due i posti», rispose Rhys, grato per i suggerimenti.

«Buona caccia», gridò Gerard con un gesto della mano nell’uscire.

Rhys si mangiò lo stufato e riportò la scodella in cucina, dove finalmente riuscì a persuadere la riluttante Laura Majere a consentirgli di guadagnarsi vitto e alloggio. Ordinando ad Atta di restare in un angolo, dove non sarebbe stata fra i piedi, Rhys lavò i piatti, trasportò acqua e legna su per le scale della cucina e tagliò a pezzetti le patate destinate a essere usate per una delle prelibatezze più note della taverna.

Era tardo pomeriggio quando Rhys ebbe finito i suoi lavoretti. Nightshade non era ancora ritornato. Rhys chiese alla cuoca indicazioni per la Mangiatoia. Ricevette un’occhiata stupefatta. La cuoca era certa che Rhys dovesse sbagliarsi. Rhys insistette e alla fine la cuoca glielo disse, arrivando perfino ad andare in cima alle scale per indicargli la strada da prendere.

Prima di partire, Rhys portò Atta nelle stalle e le diede l’ordine di aspettarlo. La cagna si stese sul ventre in mezzo alla paglia, si mise la testa fra le zampe e alzò lo sguardo verso di lui. Non era contenta, ma era pronta a obbedire.

Rhys aveva riflettuto se portarla con sé. Atta era un cane obbediente, uno dei migliori che Rhys avesse mai addestrato, ma fin dall’inizio si era adombrata nei confronti di Lleu e, dopo il violento attacco di questi al padrone di Atta, Rhys temeva che se i due fossero venuti di nuovo a contatto Atta non avrebbe atteso il comando del padrone ma si sarebbe avventata alla gola di Lleu.

Rhys le diede una carezza e qualche avanzo di carne come per scusarsi e per assicurarle che non veniva punita, quindi se ne andò, diretto verso la Mangiatoia, che dal nome si sarebbe detto proprio il genere di luogo frequentato da suo fratello.

11

Rhys non andò subito alla Mangiatoia come aveva previsto. Scoprendo che la Via degli Dèi non era lontana dalla piazza principale, decise di far visita al tempio in rovina prima di uscire dalla città, sperando di ottenere informazioni che potessero rivelarsi utili nell’affrontare suo fratello, nel caso fosse riuscito a trovarlo.

La fine della Guerra delle Anime aveva portato al ritorno degli dèi, e al ritorno dei loro chierici, che operavano miracoli in nome delle proprie divinità e conquistavano seguaci. Costruirono nuovi templi dedicati ai vari dèi, e qui a Solace, come in altre città, i templi tendevano a raggrupparsi nella stessa zona della città, più o meno come i mercanti di spade erano ubicati nella Via delle Spade, i mercanti di tessuti nella Via delle Stoffe e le botteghe di magia nel Vicolo dei Maghi. Secondo alcuni avvenne così affinché gli dèi, che già una volta erano stati ingannati da uno di loro, potessero tenersi d’occhio reciprocamente.

La Via degli Dèi era ubicata accanto alla Tomba degli Ultimi Eroi. Rhys si fermò a dare un’occhiata al monumento, il quale, s’avvide con gratitudine, rimaneva fedele ai suoi ricordi d’infanzia. Alcuni cavalieri di Solamnia erano dislocati come guardia d’onore davanti alla Tomba. Alcuni kender facevano un picnic sul prato e festeggiavano il loro eroe, il famoso Tasslehoff Burrfoot. La tomba era addobbata con un riguardo e una solennità che Rhys trovò riposanti. Dopo avere dedicato un momento di muto rispetto ai defunti che riposavano all’interno, proseguì verso la strada in cui vivevano gli dèi.

La Via degli Dèi vedeva un’ attività frenetica, con diversi nuovi templi in costruzione. Il tempio di Mishakal era il più grande e il più sontuoso, poiché fu a Solace che la sua discepola Goldmoon di Que-Shu era arrivata recando il miracoloso bastone di cristallo azzurro. Per questo motivo la popolazione di Solace affermava sempre che la dea nutrisse un interesse personale per gli abitanti. Il tempio di Kiri-Jolith era quasi altrettanto grande e si trovava a fianco a fianco con quello di Mishakal. Rhys vide uscire da questo tempio diversi uomini muniti di cotta d’arme che li contrassegnava come cavalieri di Solamnia.

Accanto a questi due, Rhys rimase confuso nel vedere un tempio dedicato a Majere. Non si era aspettato di trovare un simile tempio, ma ripensandoci immaginò che si sarebbe dovuto preparare a questo. Solace era un importante crocevia della regione. Collocare qui un tempio offriva ai chierici di Majere facile accesso a una vasta parte dell’occidente di Ansalon.

Rhys attraversò la strada per procedere sulla parte opposta rispetto al tempio, tenendosi nell’ombra. Se i comuni profani lo scambiavano per monaco di Majere, i chierici di Majere avrebbero fatto lo stesso e avrebbero subito scoperto la verità, poiché a Rhys non sarebbe mai venuto in mente di dire bugie. Poteva ben essere intercettato e interrogato e condotto davanti all’abate del tempio per un «colloquio». Forse avevano perfino sentito il Profeta di Majere parlare degli assassinii e avrebbero voluto discuterne. I chierici sarebbero stati ben intenzionati, naturalmente, ma Rhys non voleva perdere tempo a rispondere alle loro domande, né riteneva di essere all’altezza della situazione.

Diversi chierici con le loro vesti color rame e arancione erano al lavoro nel giardino del tempio. Interruppero le loro attività per osservare con curiosità Rhys. Lui proseguì per la sua strada, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.

Una raffica di vento, l’odore del mare e la sensazione di un braccio intrecciato al suo annunciò la presenza della sua dea.

«Tieniti vicino a me, monaco», ordinò perentoriamente Zeboim. «I ficcanasi di Majere in questo modo non ti noteranno.»

«Non ho bisogno della vostra protezione, maestà», disse Rhys, cercando invano di sottrarsi al suo abbraccio. «E non ve l’ho chiesta.»

«Tu non mi chiedi mai niente», ribatté Zeboim, «e io sarei così felice di accontentarti».

Si strinse a lui, in modo da fargli sentire la sua morbidezza e il suo calore.

«Che corpo sodo e muscoloso hai», proseguì Zeboim con tono ammirato. «Tutte queste tue camminate, presumo. Se fai una scenata», soggiunse, con la voce dolce come una brezza estiva in cui vi era appena un accenno di tuono, «passerai il resto della serata a discutere del bene della tua anima, invece di parlare con tuo fratello».

Rhys le rivolse un’occhiata penetrante. «Voi sapete dove sia Lleu?»

«Sì, e lo sai anche tu», rispose la dea con un’occhiata eloquente.

«La Mangiatoia?»

«Adesso è lì, a ingurgitare un bicchiere dopo l’altro di liquore dei nani. Sta bevendo tanto da far pensare che i produttori stiano per estinguersi. E si estinguerebbero, se fosse per me. Piccoli bastardi pelosi, i nani.»

«Grazie per l’informazione, maestà», disse Rhys, cercando nuovamente di divincolarsi. «Devo andare da Lleu...»

«Certamente, devi andare. Ci andrai. Ma non prima di avere fatto visita al mio tempio», suggerì Zeboim. «È qui in fondo alla strada. È lì che eri diretto, immagino.»

«In verità, maestà...»

«Non dire mai la verità a una donna, monaco», ammonì Zeboim.

Rhys sorrise. «Allora, sì, è lì che ero diretto.»

«E hai qualche piccolo dono per me?» domandò maliziosamente la dea.

«I miei averi consistono nella bisaccia e nell’emmide», rispose Rhys, sorridendo. «Quale preferite, maestà?»

Zeboim guardò con disdegno gli oggetti profferti. «Una sacca di cuoio puzzolente o un bastone. Non voglio nessuno dei due, grazie.»

Superarono il tempio di Majere. Vedendo Rhys camminare con una donna, i chierici capirono che non era uno dei loro e tornarono alle loro attività. Più avanti vi era il tempio di Zeboim, una struttura modesta costruita con legname galleggiante trasportato qui dalle coste del Mare Nuovo, decorata con conchiglie. Prima che raggiungessero l’ingresso, Zeboim si fermò e si girò verso Rhys.