Выбрать главу

Gli occhi del giovane si posarono furtivamente su Mina, la quale gli sorrise, con un sorriso che non conosceva il suo nome. Chemosh aggrottò le sopracciglia, e il giovane si girò e corse via.

«Se riesci a staccare i tuoi pensieri dalla tua conquista, forse possiamo tornare ai nostri affari», disse Chemosh. Sapeva di essere ingiusto. Mina non faceva più di quanto lui l’avesse istruita a fare. Non poté però trattenersi.

«Siete di cattivo umore oggi, mio signore», osservo Mina, intrecciando le mani sul braccio di lui. «Che cosa è successo per gettare questa ombra tenebrosa su di voi?»

«Non capiresti», rispose lui succintamente, spingendole da parte le mani. «Tu sei una mortale.»

«Una mortale che ha toccato la mente di un dio.»

Chemosh le rivolse uno sguardo penetrante. Se fosse stata sorridente, compiaciuta e trionfante, lui l’avrebbe uccisa sul posto.

La vide seria, ignara. Lei lo amava, lo adorava.

Chemosh emise un sospiro profondo, rassicurato.

«È Sargonnas. Il dio dalle corna se ne va in giro per il cielo tutto tronfio e vanitoso come fosse il re di tutti noi.» Chemosh camminava adirato a grandi passi avanti e indietro lungo la riva del fiume. «Si gloria delle sue vittorie a Silvanesti, si vanta di avere schiacciato gli elfi, ride di come ha abbindolato gli orchi facendo loro credere che i minotauri siano loro alleati. Fa lo spaccone dicendo che lui e le sue vacche presto saranno i dominatori incontrastati della parte orientale di Ansalon.»

«Sono solo millanterie, mio signore», commentò sdegnata Mina.

«No», disse Chemosh. «Il dio-toro sarà anche uno zotico maleducato, ma ha un rozzo genere di onore e non mente.» Chemosh si interruppe nel suo andirivieni e si girò verso Mina. «È ora che mettiamo in azione il nostro piano.»

«Sicuramente è ancora presto, mio signore», protestò Mina. «Il numero dei nostri Prediletti cresce, ma non ce ne sono ancora abbastanza e si trovano per lo più nella parte occidentale di Ansalon, non in quella orientale.»

Chemosh scrollò il capo. «Non possiamo aspettare. Sargonnas si rafforza ogni giorno di più e gli altri dèi sono ciechi verso la sua ambizione o troppo preoccupati dei loro interessi per vedere il pericolo. Se lui conquista l’est, davvero credono che si accontenterà di questo? Dopo secoli in cui sono rimasti intrappolati nelle loro isole, i minotauri hanno finalmente conquistato una posizione solida sul continente. Lui mira a dominare non soltanto l’est ma tutto il mondo e per giunta il cielo.»

Chemosh serrò il pugno. «Io sono l’unico in grado di sfidarlo. Devo agire adesso prima che diventi ancora più forte. Dov’è quello sciocco di Krell?» Si guardò attorno, come se il cavaliere della morte potesse essere nascosto sotto una pietra.

«A fare danni da qualche parte, presumo, mio signore», disse Mina. «Ho perso le sue tracce.»

«Anch’io. Lo convocherò perché venga da noi nell’Abisso. Tu devi abbandonare per un po’ di tempo questo piano di esistenza, Mina. Devi abbandonare l’opera che ti è tanto cara.»

Diede un’occhiata sdegnosa alla coperta spiegazzata, all’impronta ancora fresca dei due corpi intrecciati.

«Voi mi siete caro, mio signore», mormorò Mina. «La mia opera è soltanto questo: la mia opera.»

Chemosh vide il proprio riflesso negli occhi d’ambra di lei. Non ne vide alcun altro. Le prese le mani e se le portò alle labbra. «Perdonami. Non sono me stesso.»

«Forse è questo il problema, mio signore», disse Mina.

Chemosh si soffermò a riflettere su questo. «Forse hai ragione. Di questi tempi non sono nemmeno sicuro che cosa sia "me stesso". Era più facile quando in cielo regnavano Takhisis e Paladine. Allora noi conoscevamo la nostra collocazione. Forse non ci piaceva. Forse inveivamo contro di loro e ci irritavamo sotto quel giogo, ma vi erano ordine e stabilità in cielo e nel mondo. C’è qualcosa da dire a favore di pace e sicurezza, dopo tutto. Io potevo dormire con entrambi gli occhi chiusi invece di tenerne uno sempre aperto, sempre sul chi vive perché qualcuno potrebbe intrufolarsi alle mie spalle.»

«Così avete perso qualche millennio di sonno, mio signore», osservò Mina. «Ne sarà valsa la pena, quando sarete il dominatore e gli altri si inchineranno davanti a voi.»

«Come hai acquisito una simile saggezza?» Chemosh la prese fra le braccia, la tenne stretta e le premette le labbra sul collo. «Ho preso una decisione. Mai più i rozzi mortali faranno festa con te. Le goffe labbra mortali non ti provocheranno più lividi sulla carne. Tu sei amata da un dio. Il tuo corpo, la tua anima sono miei, Mina.»

«Lo sono sempre stati, mio signore», disse lei, rabbrividendo nell’abbraccio.

Le tenebre calarono su Chemosh, avvolsero lui e circondarono Mina, trasportando entrambi verso un’oscurità più profonda, più densa, più calda, illuminata dall’unica fiamma di candela dell’estasi.

«E sempre lo saranno.»

Chemosh ritornò nell’Abisso e lo trovò buio e desolato. Non poteva che incolpare se stesso. Avrebbe potuto rischiarare l’Abisso come il cielo, riempirlo di lampadari e candelabri, lampade accese e lanterne luccicanti. Avrebbe potuto popolarlo, arredarlo, arricchirlo di canti e danze. Nei millenni passati l’aveva fatto. Adesso no. Aborriva troppo la sua dimora per cercare di cambiarla. Lui voleva, doveva stare fra i vivi. E adesso era ora di incominciare a mettere in azione il suo progetto per conquistare ciò che desiderava il suo cuore.

Attese con impazienza Krell e fu lieto di udire finalmente il crepitare e lo sferragliare del cavaliere della morte, che attraversava l’Abisso con passo pesante, avanzando a fatica, come stesse arrancando nel fango denso di un campo di battaglia. I suoi occhi erano due punte di spillo rosse. Piccoli e ravvicinati, a Chemosh ricordavano gli occhi di un maiale demoniaco.

Bramando qualcosa di meglio da guardare, Chemosh spostò lo sguardo su Mina. Era vestita di nero, una lunga veste di seta che le ricadeva morbida sulle curve del corpo come il tocco delle mani di lui. Il seno le si sollevava e abbassava con il respiro. Chemosh le vedeva il debole tremolio della pulsazione di vita nell’incavo della gola. A un tratto desiderò che Krell fosse lontano mille miglia, ma adesso non poteva abbandonarsi, non ancora.

«Allora, Krell, finalmente sei qui», lo accolse bruscamente Chemosh. «Mi dispiace averti distolto dal massacro di nani di fosso o da qualche altro tuo divertimento, ma ho un incarico per te».

«Non stavo massacrando nani di fosso», ribatté imbronciato Krell. «Non c’è alcun piacere in questo, quelle bestioline non combattono neanche. Squittiscono come conigli e poi cadono e si pisciano addosso.»

«Era una battuta, Krell. Eri sempre così stupido oppure la morte ha avuto su di te un brutto effetto?»

«Non sono mai stato bravo a capire le battute, mio signore», ammise Krell, soggiungendo freddamente: «E voi dovreste sapere dov’ero. Mi ci avete mandato voi. Eseguivo i vostri ordini, portandovi nuove reclute.»

«Davvero?» Chemosh congiunse la punta delle dita, picchiettandole leggermente. «E sta andando bene?»

«Molto bene, mio signore.» Krell dondolò sui talloni, soddisfatto di sé. «Credo che troverete le mie reclute molto più soddisfacenti di altre.»

Diede un’occhiata a Mina. Lei lo aveva salvato, liberato dalla dea che lo tormentava e dalla prigione fra le rocce, ma lui la odiava, nonostante tutto.

«Per lo meno le mie reclute sono fidate», ribatté Mina. «È improbabile che tradiscano il loro padrone.»

Krell serrò i pugni e fece un passo verso di lei.

Mina si alzò dalla sedia per affrontarlo. Aveva la pelle pallida, gli occhi luccicanti d’oro. Era intrepida, bellissima nel suo coraggio, radiosa nella sua collera. Chemosh si concesse un attimo di piacere, poi si costrinse a tornare agli affari.

«Mina, ritengo che tu debba lasciarci soli.»

Mina rivolse a Krell un’occhiata diffidente. «Mio signore, a me non piace...»