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Mormorando che aveva cose migliori da fare e posti migliori in cui andare, Lleu uscì a grandi passi dalla taverna, sbattendosi la porta dietro le spalle.

«Pagherò io i danni», disse Rhys, porgendo la sua ultima moneta. Fischiando ad Atta, si incamminò dietro a Lleu, dicendo a Nightshade mentre gli passava accanto: «Svelto! Dobbiamo seguirlo!».

Un gemito di Atta costrinse Rhys a fermarsi e a guardare indietro.

Nightshade fissava il punto in cui si era trovata Mina. Aveva gli occhi spalancati, e Rhys vide con stupore che sulle guance del kender scendevano lacrime.

«Oh, Rhys», disse Nightshade deglutendo. «Che tristezza. Che enorme tristezza!»

Seppellì il volto tra le mani e pianse come se gli si stesse spezzando il cuore.

2

Rhys si affrettò a tornare dall’amico.

«Nightshade», disse preoccupato. «Mi dispiace di essere stato tanto sconsiderato. Tu ti sei beccato una brutta caduta. Dove ti fa male?»

Ma tutto quello che riuscì a dire Nightshade fu: «Che tristezza! Non posso sopportarla!».

Rhys cinse col braccio il kender e lo condusse via dalla taverna. Atta trotterellò dietro a loro, guardando ansiosamente il suo amico, e di quando in quando dandogli una leccata di commiserazione sulla mano.

Lacerato fra la preoccupazione per l’amico e il timore di perdere le tracce di suo fratello, Rhys fece del proprio meglio per consolare Nightshade, senza mai perdere di vista Lleu.

Suo fratello passeggiava lungo i moli, con le mani in tasca, fischiettando un motivetto stonato, senza alcuna preoccupazione al mondo. Salutava gli sconosciuti come fossero stati vecchi amici e ben presto attaccò discorso con un gruppo di marinai. Rhys ripensò ad appena pochi momenti prima, quando il suo disgraziato fratello aveva implorato la morte, e immaginò di capire perché il kender stesse singhiozzando.

Rhys diede a Nightshade una pacca di consolazione sulla spalla, pensando che presto avrebbe riguadagnato la compostezza, ma il kender era completamente distrutto. Nightshade sapeva soltanto ripetere, deglutendo e piagnucolando, che era una cosa tanto triste, e piangeva ancora più forte. Rhys era preoccupato di dover lasciare il suo amico in questo stato, ma poi vide suo fratello entrare in un’osteria in compagnia dei marinai.

Sicuro che Lleu sarebbe rimasto lì per un po’ di tempo, specialmente se avessero offerto i marinai, Rhys condusse Nightshade in un vicolo tranquillo. Il kender si lasciò cadere di peso a terra e singhiozzò malinconicamente.

«Nightshade», disse Rhys, «lo so che sei dispiaciuto per Lleu, ma questo non serve a niente...».

Nightshade alzò lo sguardo. «Lleu? Io non sono dispiaciuto per lui! È per lei!»

«Lei? Vuoi dire Mina?» domandò Rhys, stupefatto. «È per lei che piangi?»

Nightshade annuì, emettendo altre lacrime.

«Che mi dici di lei?» Rhys ebbe un pensiero improvviso. «Fa parte dei Prediletti? È morta?»

«Oh, no!» Nightshade deglutì. Quindi esitò. Poi ripeté: «No...», ma questa volta più incerto.

«Stai piangendo per il male terribile che lei ha commesso?» La voce di Rhys si indurì. La sua mano si strinse attorno al bastone. «Se è viva, va bene. Può essere uccisa.»

Nightshade sollevò il viso rigato di lacrime e guardò con stupore Rhys. «L’hai detto veramente? Vuoi ucciderla? Tu... il monaco che ha tirato via una mosca da una pozza di birra perché non annegasse?»

Rhys rammentò la supplica disperata di suo fratello e la risposta insensibile e indifferente di Mina. Pensò al giovane Cam di Solace, tutti giovani, schiavi di Chemosh, spinti all’assassinio, con l’impronta delle labbra di lei sopra il cuore. Vorrei averla uccisa quando mi era davanti», disse.

Allungò la mano e scrollò il kender, pizzicandogli forte la spalla. «Rispondimi! Che cosa c’è di tanto triste in lei?»

Nightshade si scostò da lui.

«Veramente non lo so», disse il kender a bassa voce. «Sinceramente! In qualche modo mi è venuta questa sensazione. Non arrabbiarti, Rhys. Adesso cercherò di smettere di piangere.»

Ebbe un singulto, e sulle guance gli scesero altre lacrime, e nascose il viso nel pelo di Atta. La cagna gli strofinò il muso sul collo e gli leccò via le lacrime. I suoi occhi marroni, fissi su Rhys, parevano rimproverarlo.

Il kender si strofinò la spalla nel punto in cui Rhys l’aveva afferrato, e il monaco si sentì un mostro. «Vado a prendere dell’acqua.»

Diede al kender una pacca di scuse con cui però non fece che far piangere più forte Nightshade. Lasciandolo alle cure di Atta, Rhys andò a un vicino pozzo pubblico. Stava tirando su il secchio quando sentì una presenza divina alitargli giù per il collo.

«Che segreto mi tieni nascosto, monaco?» domandò Zeboim.

«Io non ho segreti, maestà», disse Rhys, sospirando.

«Di che indovinello parla quella ragazza, allora? Qual è la risposta?»

«Non so che cosa intendesse Mina con quella domanda, maestà», disse Rhys. «Perché non lo domandate a lei?»

«Perché è una piccola bugiarda. Tu, con tutti i tuoi difetti, non lo sei, per cui dimmi l’indovinello e dimmi la risposta.»

«Vi ho detto, maestà, che non so di che cosa lei parli. Poiché non sono un bugiardo, presumo che dobbiate credermi.» Rhys si riempì la borraccia e fece per tornare nel vicolo.

Zeboim si adirò e lo seguì. «Devi saperlo! Concentrati!»

Rhys udì la voce di suo fratello, la sua supplica disperata per ottenere la morte. Sentì sulla pelle le lacrime di Nightshade. Perdendo la pazienza, Rhys investì con rabbia la dea.

«Tutto ciò che so, maestà, è che voi avevate in vostro possesso la persona che mi avevate ordinato di trovare. Non avete diritto di chiedermi niente!»

Zeboim si fermò, momentaneamente presa alla sprovvista dalla collera di lui. Rhys proseguì il cammino, e Zeboim si affrettò a raggiungerlo. Fece scivolare il braccio sotto quello di Rhys e lo tenne stretto quando cercò di divincolarsi.

«Mi piace quando sei energico, ma non farlo mai più.» Gli diede sulla mano una pacca giocosa che gli intorpidì il braccio fino al gomito. «Quanto a Mina, te l’ho presentata, no? Adesso sai che aspetto ha. L’ho lasciata andare, è vero, ma non avevo scelta nella questione. Ti ricordi mio figlio? La sua anima intrappolata in un pezzo del khas?»

Rhys sospirò. Se lo ricordava, eccome.

«Sarai lieto di sapere che è stato liberato», disse Zeboim.

A Rhys risultò facile contenere il proprio entusiasmo per questa notizia.

La dea rimase in silenzio per un attimo, osservando Rhys con occhi socchiusi, cercando di vedergli nel cuore.

Rhys le aprì la propria anima. Non aveva niente da nascondere, e alla fine la dea si arrese.

«Stai dicendo la verità. Forse non conosci davvero la risposta a questo indovinello», disse Zeboim con un sussurro sibilante. «Se fossi in te, lo scoprirei. Mina è rimasta turbata da te. Io l’ho capito. Non preoccuparti di non riuscire a trovarla, fratello Rhys. Sarà Mina a trovare te!»

Al che, con un turbinio di pioggia, scomparve.

Nightshade e Atta erano entrambi profondamente addormentati. Il kender teneva le braccia attorno al collo di Atta. La cagna gli teneva sul petto una zampa protettiva. Rhys li guardò, stesi scompostamente sui ciottoli di un vicolo squallido e coperto di rifiuti. Atta aveva il pelo arruffato, e quel pelo un tempo lucido aveva perso lucentezza. I cuscinetti carnosi delle zampe erano ruvidi e screpolati. Ogni volta che passavano per prati ondulati e verdi colline, Atta guardava con desiderio i terreni erbosi, e Rhys sapeva che la cagna voleva correre e correre sui prati verdi e non fermarsi mai fino a tornare indietro da lui trotterellando, esausta e felice.

Quanto al kender, Nightshade faceva dei pasti regolari, il che era più di quanto conseguisse prima di conoscere Rhys. Aveva gli abiti stracciati e gli stivali tanto logori che le dita dei piedi facevano capolino. Peggio ancora, lo spirito allegro e vivace del kender gli veniva prosciugato dalla strada che percorrevano a passi pesanti, giorno dopo giorno, seguendo un uomo morto.