«No», disse Patrick. «È infuriato col cielo. Succede a tutti noi una volta o l’altra.» Fece un sorriso fiacco. «Devo ammettere che in questo momento neanch’io sono particolarmente contento degli dèi, ma loro capiscono. Vagli dietro. Ha bisogno di un amico.»
Rhys doveva camminare molto spedito, poiché Nightshade non vide traccia di lui né di Atta sulla strada. Chiamò per nome Rhys, ma non vi fu risposta. Il kender chiamò per nome Atta, e udì il suo abbaiare.
Seguendo quel suono, trovò il bastone di Rhys steso sul marciapiede. Rhys si stava passando sopra la testa la veste verde-acqua.
«Rhys», disse Nightshade, spaventato. «Che stai facendo?»
«Abbandono tutto», disse Rhys.
Scagliò la veste ammucchiata accanto al bastone e se ne andò, vestito soltanto con i pantaloni alla zuava e gli stivali, col petto e le spalle nudi. Si guardò dietro le spalle e vide Nightshade in piedi inchiodato sul posto e Atta che annusava la veste.
«Vieni o no?» disse freddamente Rhys.
«Oh, certo, Rhys», rispose Nightshade.
«Atta!» gridò Rhys.
La cagna lo guardò e poi abbassò la testa per raccogliere il bastone.
«Lascialo!» ordinò ferocemente Rhys.
Atta balzò all’indietro. Sbigottita per il tono, lo guardò fisso.
«Atta, vieni!»
La cagna immaginò di avere qualche colpa, anche se non aveva idea di che cosa avesse fatto di sbagliato. Con la testa china e la coda abbassata, la cagna avanzò furtivamente verso di lui. Rhys la aspettò, ma non si scusò per l’irascibilità, né con lei né col kender. Avanzò a grandi passi lungo la strada.
Rhys non aveva idea di dove stesse andando. Aveva bisogno di camminare per farsi sbollire la furia e lasciare che la brezza marina gli rinfrescasse la pelle febbricitante. Udiva Nightshade ansimare dietro di lui e Atta ticchettare con le unghie sul marciapiede, per cui sapeva che lo seguivano. Non si voltò indietro. Continuò a camminare e basta.
«Rhys», disse Nightshade dopo qualche istante. «Non penso che tu possa abbandonare un dio.»
Rhys udì la voce del kender e l’abbaiare della cagna, ma era tutto attutito e incorporeo, come avvolto in una fitta nebbia.
«Rhys», insistette Nightshade.
«Per favore, cerca di... stare zitto!» disse Rhys a denti serrati. «E fai stare zitta anche Atta.»
«Va bene, ma prima che stiamo zitti tutti e due penso ti interessi sapere che ci segue qualcuno.»
Rhys si fermò. Aveva infranto la prima regola del Maestro. Aveva ceduto alle proprie emozioni. Aveva consentito alla collera di sopraffarlo, dimenticando completamente nella sua furia cieca che lui e il kender erano soli nel mezzo di una notte buia proprio nella parte peggiore della città. Fece per voltarsi e affrontare la minaccia alle sue spalle e si rese conto che vi era una minaccia anche davanti.
Da un vicolo uscì un grosso minotauro.
Rhys non aveva mai visto prima uno di questi uomini-bestie e rimase sconcertato dalle dimensioni e dalla forza bruta del bestione. Rhys era alto per un essere umano maschio, eppure arrivava appena al petto del minotauro. Vestito con una maglia di cuoio e pantaloni larghi, il minotauro era uno spettacolo che intimidiva. Aveva i piedi nudi e coperti di pelliccia. Un anello d’oro circondava l’estremità di uno dei due corni aguzzi, e su un orecchio luccicava dell’oro. Gli occhi scuri, disposti ravvicinati sopra un muso coperto di pelliccia, guardavano freddamente Rhys dall’alto in basso.
«Quelli che arrivano alle tue spalle sono i miei ragazzi», osservò il minotauro. Guardò giù con occhio furioso verso Atta, che abbaiava freneticamente. Il minotauro pose una mano gigantesca sull’impugnatura di un enorme pugnale che portava in un’ampia fascia alla vita. «Fai stare zitto quel bastardo o lo faccio stare zitto io.»
«Atta, silenzio», disse Rhys. L’abbaiare di Atta si smorzò in ringhi intersecati da ansimi. Rhys sentiva il corpo della cagna tremargli contro la gamba.
«Non abbiamo denaro», disse Rhys con tutta la calma che poté. «Sarebbe inutile derubarci.»
«Denaro?» Il minotauro sbuffò e poi rise, cosicché l’oro sul corno balenò di rosso alla luce di diverse fiaccole ardenti che adesso circondavano Rhys e Nightshade. «Noi non cerchiamo denaro! Noi abbiamo denaro!»
Il bestione spinse il muso contro il viso di Rhys. «Quello che vogliamo sono mani e gambe e schiene forti.»
Si drizzò e fece un gesto. «Prendetelo, compagni.»
«Sì, capitano», gridarono diverse voci gutturali.
Due corpulenti minotauri si avvicinarono a Rhys, il quale ora si rese conto in quale sorta di guaio si fossero cacciati. Si erano imbattuti in un distaccamento di minotauri-pirati alla ricerca di schiavi per le loro navi.
7
«Questo qui è un kender, capitano», affermò con disgusto uno dei minotauri. Teneva la fiaccola tanto vicino alla testa di Nightshade che nell’aria si spargeva l’odore di capelli bruciacchiati. «Volete anche questo?»
«Certo, mi piacciono i kender», disse il capitano sogghignando. «Al forno, con una mela in bocca. E prendete il cane. Mi piacciono anche i cani.»
«Io non prenderei me, se fossi in voi!» disse Nightshade con la sua voce più profonda, che suonava come se lui soffrisse di un raffreddore di testa. Sollevò la mano sinistra e puntò il dito contro il minotauro. «Chiunque mi tocchi si troverà debole come un bambino appena nato. Ehm, diciamo un vitello.»
Al che tutti i minotauri risero fragorosamente. Uno di loro si mosse verso Nightshade.
«Ehi, io starei attento se fossi in te, Tosh», disse il capitano, facendo l’occhiolino. «Sono feroci, questi kender. Oh, potrebbe pestarti il mignolino del piede!»
I minotauri sorrisero per l’umorismo del capitano. Uno si offrì di scrivere alla vedova di Tosh se non fosse tornato indietro vivo, e questo suscitò ulteriori risate. Rhys non aveva idea di che cosa stesse architettando Nightshade, ma aveva fiducia nel suo amico. Rimase in silenzio a osservare e ad aspettare.
«Io vi ho avvertiti», disse Nightshade e prese ad agitare il dito verso Tosh che gli si stava avvicinando. Quindi il kender incominciò a cantare una canzoncina. «Per le ossa di Krynn sotto i miei piedi, ti colpisco sul becco e ti lascio debole.»
I minotauri ruggirono. La loro ilarità si accrebbe quando Tosh all’improvviso crollò e cadde pesantemente in ginocchio.
«Coraggio, Tosh», disse il capitano, quando riuscì a parlare per il troppo ridere. «Smettila di fare lo sciocco adesso e alzati.»
«Non posso, capitano!» ululò Tosh. «Mi ha fatto qualcosa. Non riesco ad alzarmi né a camminare né niente.»
Il capitano smise di ridere. Guardò il suo uomo, così come fecero gli altri minotauri in silenzio. Nessuno di loro disse una parola e poi, all’improvviso, tutti presero a ridere più forte di prima. Il capitano si piegò in due e si deterse gli occhi che gli colavano.
Tosh ululò di nuovo, questa volta di rabbia.
Il capitano si drizzò e, ancora ridacchiando, allungò la mano enorme per afferrare il kender. Rhys balzò in aria, fece scattare il piede e colpì il minotauro allo stomaco.
Il colpo avrebbe messo fuori combattimento un essere umano, togliendogli il fiato e facendolo volare all’indietro. Il minotauro capitano ansimò, diede un colpo di tosse e si guardò con stupore il ventre. Sollevò la testa munita di corna per guardare con occhio furioso Rhys.
«Mi hai colpito col piede!» Il capitano era indignato. «Non è questo il modo di combattere per un uomo! Non è... onorevole.»
Serrò i pugni che avevano le dimensioni di martelli d’arme.
A Rhys doleva il piede. La gamba gli formicolava come se avesse preso a calci un muro di pietra. Udendo l’altro minotauro arrivargli alle spalle, cercò di restare in equilibrio, pronto a combattere. Atta si accovacciò sul ventre, ringhiando e scoprendo i denti. Nightshade mantenne la sua posizione, col dito creatore di incantesimi a spostarsi minacciosamente da un minotauro all’altro.
Il capitano scrutò quei tre e all’improvviso allentò i pugni. Con il palmo della mano assestò a Rhys un colpo sulla spalla che lo fece barcollare.