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«Tu non hai paura di me. Va bene. Mi piaci, uomo. Mi piace anche il kender. Un kender con le corna, per Sargas! Guarda lì il vecchio Tosh, che si dimena come un pesce all’amo!»

Abbassando la mano enorme, il capitano afferrò Nightshade per il colletto, tirò su il kender e lo tenne in aria, mentre questi scalciava e agitava le braccia.

«Mettetelo nel sacco, ragazzi.»

Uno dei minotauri tirò fuori un sacco di iuta. Il capitano lasciò cadere Nightshade nel sacco, quindi si abbassò e afferrò Atta per la collottola e la scaraventò dentro il sacco assieme al kender. Nightshade cacciò un urlo, smorzato dal sacco che gli si richiuse sopra la testa. Il minotauro tirò il cordone, sollevò il sacco e se lo gettò sulle spalle.

«Portateli alla nave», ordinò il capitano.

«Sì, signore. E Tosh?» domandò il minotauro, quando stavano per correre via.

Tosh si rotolava inerme sul marciapiede, guardando in su verso di loro con occhi imploranti.

«Lasciatelo alla guardia civica», ringhiò il capitano. «Gli sta bene, a quel marinaio d’acqua dolce. Forse nominerò primo ufficiale il kender al posto suo.»

«No, capitano, per favore!» gemette Tosh e si agitò, ma riuscì soltanto a rendersi ancora più patetico.

«Voi altri tornate alla nave prima che ci trovino le guardie. Lasciatemi una di quelle fiaccole.»

Gli altri minotauri corsero via, portando con sé Nightshade e Atta. Il capitano si rivolse a Rhys.

«E tu, uomo?» domandò il minotauro, col divertimento che gli luccicava negli occhi neri. «Vuoi scalciarmi di nuovo?»

«Verrò con voi», disse Rhys, «se promettete di non fare del male al mio amico e al cane».

«Oh, verrai con me, certo.»

Il capitano pose una mano sulla spalla di Rhys. Le dita enormi gli si conficcarono in profondità e dolorosamente nei muscoli della spalla, quasi paralizzandogli il braccio. Il capitano spinse avanti Rhys, dandogli uno spintone e un altro pizzicotto quando gli parve che Rhys stesse rallentando.

Il capitano guardò avanti, per assicurarsi che i suoi uomini non fossero più a portata d’orecchio, quindi disse sottovoce: «Mi insegneresti a combattere così? Coi piedi?». Si massaggiò il ventre e fece una smorfia. «Non è onorevole, ma di certo coglierebbe di sorpresa l’avversario. Sento ancora quel colpo, uomo.»

Rhys cercò di immaginarsi a insegnare l’arte della disciplina misericordiosa a un minotauro ma ci rinunciò. Il capitano teneva stretto Rhys per il braccio e lo guidava.

A breve distanza lungo la strada, arrivarono nel punto in cui Rhys aveva gettato via il bastone e si era tolto la veste.

Il capitano vide lo sguardo di Rhys dirigersi verso il bastone e si fermò.

«Ti ho visto gettarlo via. Perché l’hai fatto?» Il minotauro dal senso pratico scrollò il capo. «Il bastone sembra buono e solido. La veste è utilizzabile ed è del colore degli occhi della nostra dea del mare.»

Raccolse la veste e la lisciò con riverenza, quindi la gettò a Rhys. «Le notti sul mare si fanno fredde. Ti serviranno indumenti per scaldarti. Vuoi il bastone?»

Da quello che Rhys aveva sentito dire, gli schiavi a bordo di una nave di minotauri misuravano la durata della propria vita in giorni. Se lui avesse avuto con sé il bastone benedetto, lui, Nightshade e Atta forse non si sarebbero trovati in un simile pericolo terribile. Guardò il bastone, col rimorso che gli colmava il cuore. Prenderlo adesso sarebbe stato ingiusto, come un bambino che dia un calcio negli stinchi al padre e poi corra dal genitore tirando su col naso nel momento in cui si caccia nei guai.

Rhys scrollò il capo.

«Allora lo prendo io», disse il capitano. «Mi serve qualcosa per pulirmi i denti.»

Sogghignando per la sua stessa battuta, il capitano si chinò per raccogliere il bastone. Rhys infilò le braccia nelle maniche e si stava facendo passare la veste sopra la testa quando udì un ruggito. Alzò lo sguardo e vide il capitano che si succhiava le dita e guardava torvo il bastone.

Dal legno spuntavano rose. Spine lunghe come il pollice di un uomo brillavano alla luce della fiaccola.

«Raccoglilo tu», ordinò il capitano. Serrò i denti su una spina conficcata nel palmo, la strappò via e la sputò sulla strada.

Rhys riusciva a malapena a vedere il bastone per via delle lacrime agli occhi. Strinse la mano attorno al bastone, aspettandosi che le spine pungessero la carne anche a lui, poiché si meritava la punizione molto più del minotauro. Il legno era liscio al tatto. Il bastone non gli fece male.

Il capitano rivolse al bastone un’occhiata guardinga. «Adesso capisco perché l’hai gettato via. Questo affare è maledetto da un dio. Mettilo giù. Lascialo trovare a qualche altro sciocco.»

«La maledizione è mia», disse calmo Rhys. «Devo sopportarla io.»

«Non a bordo della mia nave», ringhiò il marinaio. Sputò un’altra spina. Gli occhi presero a luccicargli. «Oppure potremmo vedere come maneggi quel bastone in combattimento. Adesso siamo soli. Soltanto noi due. Se mi batti, ti concedo la libertà.» Il minotauro allungò la mano verso l’impugnatura della spada enorme che portava infilata in una fascia attorno all’ampia vita. «Vieni, monaco. Vediamo come maneggi quel bastone maledetto da un dio!»

«Voi tenete in ostaggio il mio amico e il mio cane», fece notare Rhys. «Io vi ho dato la mia parola che sarei venuto con voi, e verrò.»

Il capitano contrasse il muso. Se lo strofinò, scrutò Rhys. «Allora la tua parola significa qualcosa, vero, monaco?»

«Certo», rispose Rhys.

«Quale dio ti ha imposto la maledizione?»

«Majere.»

«Puah. Un dio severo, quello. Non è un dio da irritare. Che hai fatto Per farlo arrabbiare?»

«Ho tradito qualcuno che aveva riposto in me fede e fiducia», rispose con calma Rhys. «Qualcuno che è stato buono con me.»

I minotauri avevano la reputazione di essere assassini selvaggi e brutali. Il loro dio, Sargonnas, era un dio crudele, dedito alle conquiste. La razza dei minotauri conosceva però l’onore, o per lo meno così aveva sentito dire Rhys.

Il capitano di nuovo si strofinò il muso. «Ti meriti la maledizione, allora.»

«Sì», disse Rhys. «Il bastone me lo rammenta sempre.»

«Non farà del male a me o al mio equipaggio?»

«No, se non cercate di toccarlo.»

«Non lo farà nessuno», disse il capitano, rivolgendo al bastone un’occhiata malevola. Si strappò via un’altra spina e poi, alzando la testa, annusò l’aria. «La marea sta cambiando.» Annuì con soddisfazione e sputò la spina. «Sbrigati, monaco.»

Rhys tenne il passo del minotauro. Per stargli accanto doveva fare due lunghi passi per ognuno di quelli dell’uomo-bestia.

La nave dei minotauri era ancorata al largo, a grande distanza dalle banchine. Una barca equipaggiata da minotauri robusti era a disposizione per traghettarli alla nave. Un’altra barca, che trasportava Nightshade e Atta, era già partita e scivolava sull’acqua.

Rhys si sedette di fronte al capitano, che maneggiava la barra del timone. La barca sobbalzava sulle onde, Rhys osservò il litorale con le sue luci scintillanti allontanarsi da lui. Non maledisse il suo destino. Se l’era attirato lui. Sperava in qualche modo di poter contrattare la vita del kender e di Atta. Non era giusto che loro soffrissero per causa sua.

La nave dei minotauri, di cui si vedeva la silhouette sullo sfondo del mare illuminato dalle stelle, era bella a vedersi. A tre alberi, vantava una prua scolpita nella forma della testa di un drago. I remi, disposti in un singolo ordine, erano sollevati dall’acqua. Rhys osservò l’equipaggio di minotauri spingere a remi la scialuppa e vide i loro muscoli incresparsi sulle ampie schiene. Gli schiavi a bordo delle navi dei minotauri erano messi ai remi, e Rhys si domandò per quanto tempo sarebbe stato capace di andare avanti al loro posto, incatenato alla panca, a fare forza sui remi seguendo il battito ritmico del tamburo.

Rhys era forte, o era stato forte prima che questo viaggio straziante esigesse il suo tributo. Cibo scadente, mancanza di viveri, camminare per le strade e frequentare le taverne avevano richiesto un tributo sia al corpo sia allo spirito.