“Benvenuto, fratello”, disse l’abate, stringendogli la mano. “Mi dicono che vuoi parlarmi. Come posso aiutarti?”
Rhys lo guardò fisso, ammutolito per lo stupore. L’abate era un uomo anziano, come erano di solito gli abati, poiché con l’età viene la saggezza. Era muscoloso e forte, poiché tutti i sacerdoti e i monaci di Majere (perfino gli abati) sono obbligati a praticare quotidianamente le arti marziali denominate “disciplina misericordiosa”. Rhys non era mai stato in questo tempio o in qualunque altro tempio di Majere a parte il suo, non aveva mai incontrato quest’uomo, eppure gli sembrava di conoscerlo, l’aveva già visto da qualche parte. Rhys abbassò lo sguardo sulla mano dell’abate, che stringeva la sua, e notò una cicatrice bianca e frastagliata che gli deturpava la pelle bruna, sciupata dalle intemperie.
Rhys ebbe un improvviso ricordo vivido di una strada cittadina, di sacerdoti di Majere che lo accostavano, di Atta che li attaccava con i denti aguzzi e di un sacerdote che ritraeva una mano sanguinante…
L’abate rimase lì in silenzio, paziente, in attesa che Rhys parlasse.
“Perdonatemi, eccellenza!” disse Rhys, colto da un senso di colpa.
“Ti perdono, certo, fratello”, disse l’abate, e poi soggiunse con un sorriso: “Ma mi piacerebbe sapere per che cosa”.
“Io vi ho aggredito”, disse Rhys, domandandosi come l’abate avesse potuto dimenticare. “È stato nella città di New Port. Ero diventato un seguace della dea Zeboim. Voi e i sei fratelli che erano con voi avete cercato di farmi ragionare, di riportarmi al tempio e al culto di Majere. Io… non potevo. Una giovane donna era in estremo pericolo e io mi ero impegnato a proteggerla e…”
La voce di Rhys si fece esitante.
L’abate stava scrollando lievemente il capo. “Fratello, io ho viaggiato in molte parti di Ansalon, ma non sono mai stato a New Port.”
“Invece sì, eccellenza”, insistette Rhys, puntando il dito. “Quella cicatrice sulla mano. Il mio cane vi ha morso.”
L’abate abbassò lo sguardo sulla mano. Parve sbigottito per un attimo, poi il volto gli si rischiarò. Guardò intensamente Rhys. “Tu sei Rhys Mason.”
“Sì, eccellenza”, disse Rhys, sollevato. “Rammentate, allora…”
“Al contrario”, disse dolcemente l’abate, “da tempo mi domandavo come mi fossi procurato questa cicatrice. Mi sono svegliato una mattina e me la sono trovata sulla mano. Ero perplesso, perché non mi ricordavo di essermi ferito”.
“Ma voi mi conoscete, eccellenza”, disse Rhys, meravigliato. “Conoscete il mio nome.”
“Sì, fratello”, disse l’abate, allungando la mano sfregiata per stringere la spalla di Rhys. “E questa volta, fratello Rhys, se ti invito a pregare Majere e a ricercare il suo consiglio e il suo perdono, non aizzerai il tuo cane contro di me, vero?”
Per tutta risposta, Rhys cadde in ginocchio e aprì il cuore al proprio dio.
4
La sommossa nella Via dei Templi quella mattina era stata una messinscena. La zuffa era stata attentamente pianificata dai chierici di Chemosh per ordine dell’Accolito delle Ossa Ausric Krell, allo scopo di mettere alla prova la reazione dello sceriffo e delle guardie cittadine. Quanti uomini sarebbero stati inviati sul posto, come sarebbero stati armati, dove sarebbero stati dislocati? Krell aveva appreso molte cose e ora si preparava a fare buon uso delle sue informazioni al servizio del suo padrone.
Chemosh era rimasto notevolmente sconcertato nello scoprire che Mina aveva trasformato il proprio aspetto in quello di una bambina. Certo, Krell gli aveva detto che adesso era una bambina, ma d’altronde Krell era un idiota. Chemosh continuava a credere che Mina stesse recitando una parte, comportandosi come una servetta respinta che sferzasse un amante infedele. Se Chemosh fosse riuscito a portarla via in qualche luogo appartato, un luogo in cui Mina non fosse assillata da monaci o da altri dei, era sicuro che l’avrebbe convinta a tornare da lui. Avrebbe ammesso davanti a lei di avere avuto torto: non facevano così gli uomini mortali? Vi sarebbe stata un’atmosfera a lume di candela, con tanto di fiori, gioielli e musica dolce, e Mina si sarebbe sciolta fra le sue braccia. Mina sarebbe stata la sua consorte, e lui sarebbe stato il signore del pantheon delle tenebre.
Quanto a quella sciocchezza secondo cui Mina voleva andare a Godshome, Chemosh non credeva a una parola di tutto questo. Era un complotto di Majere. Doveva averle messo in testa questa idea quel maledetto monaco. Pertanto il monaco doveva essere tolto di mezzo.
Chemosh non si faceva illusioni. Gilean avrebbe trovato parecchio da ridire sul fatto che il Signore della Morte rapisse Mina. Il Dio del Libro aveva minacciato ritorsioni contro qualsiasi dio che si fosse immischiato negli affari di Mina, ma Chemosh non era eccessivamente preoccupato. Gilean poteva esternare tutti i rimproveri e le minacce che voleva; non sarebbe stato capace di punire Chemosh. A Gilean mancava il sostegno degli altri dei, molti dei quali erano impegnati a loro volta in progetti e intrighi per attirare Mina dalla loro parte.
Il più pericoloso di tali dei era Sargonnas. Aveva in cantiere qualche complotto efferato: di questo Chemosh era sicuro. Le sue spie gli avevano riferito che un reparto di élite di soldati minotauri era stato inviato in una località sconosciuta per qualche sorta di missione segreta. Chemosh si sarebbe potuto disinteressare della cosa: il Dio della Vendetta era sempre impegnato in intrighi e complotti. Ma questo reparto era comandato da un minotauro di nome Galdar, ex compatriota e amico intimo di Mina. Coincidenza? Chemosh non ci credeva. Doveva agire, e in fretta anche.
Chemosh aveva ordinato a Krell e ai suoi Guerrieri delle Ossa di avvicinare il monaco lungo il cammino. Chemosh non era tanto consumato dal desiderio di Mina da avere dimenticato gli oggetti sacri che il monaco portava con sé. Aveva ordinato a Krell di perquisire il corpo del monaco e di portargli qualunque cosa trovasse. Krell aveva predisposto un’imboscata lungo la strada, ma prima che potesse aggredire il gruppetto Mina aveva mandato all’aria i piani di Chemosh sfrecciando verso Solace alla velocità di una cometa.
Se lei poteva compiere un simile miracolo, poteva farlo anche Chemosh. Ausric Krell e tre Guerrieri delle Ossa arrivarono a Solace appena qualche istante dopo Mina. Gli ordini di Chemosh riguardo al monaco e a Mina erano gli stessi: uccidere l’uno e rapire l’altra. Mentre Rhys, Nightshade e Mina dormivano, Krell aveva trascorso la notte nel tempio di Chemosh a consulto con i sacerdoti, predisponendo un piano d’attacco. La sommossa di quella mattina era la prima fase.
Il tempio di Chemosh a Solace era il primo tempio in onore del Signore della Morte a essere stato costruito sotto gli occhi di tutti. Prima d’allora i sacerdoti di Chemosh avevano tenuto nascosti al pubblico i loro atti tenebrosi, e i più continuavano a fare così, preferendo celebrare i misteri dei loro riti e rituali di morte in luoghi bui e segreti. Ora che la signoria sul pantheon delle tenebre era alla sua portata, Chemosh si rendeva conto che un dio intenzionato a diventare signore degli dei non poteva avere seguaci che si spostavano di soppiatto qua e là per saccheggiare tombe e saltellare sopra gli scheletri. I mortali temevano già il Signore della Morte. Ciò che Chemosh ora voleva era il loro rispetto, forse perfino un po‘“di affetto.
Sargonnas ci era riuscito. Il minotauro Dio della Vendetta era stato umiliato e oltraggiato per secoli e secoli. La sua consorte, Takhisis, lo scherniva. Aveva usato lui e i suoi guerrieri minotauri per combattere le proprie battaglie, poi li aveva abbandonati quando non aveva avuto più bisogno di loro. Quando Takhisis aveva trafugato il mondo, aveva piantato in asso Sargonnas, al pari delle restanti divinità.
Tutto questo era cambiato. Con la scomparsa di Takhisis, Sargonnas aveva acquisito potere per sé e per la sua gente. I suoi minotauri avevano saccheggiato l’antica patria degli elfi di Silvanesti, avevano scacciato gli elfi e si erano impadroniti di quella terra rigogliosa. L’impero dei minotauri adesso era una forza di cui tenere conto. Le navi dei minotauri dominavano i mari. Si diceva che i Cavalieri di Solamnia stessero negoziando trattati con l’imperatore dei minotauri. Sargonnas aveva edificato per sé a Solace un tempio grandioso (seppure troppo appariscente), costruendo il tempio con pietre fatte arrivare con grande dispendio dalle isole dei minotauri. I suoi sacerdoti minotauri percorrevano le strade di Solace e di ogni altra città importante di Ansalon. La vendetta era diventata di moda in certi ambienti. Chemosh guardava con invidia gelosa l’ascesa del dio dalle corna.