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“Credo che faresti meglio a condurre i tuoi protetti nelle mie stanze, fratello”, disse l’abate. “Lì l’aria è più pulita.”

Un sacerdote raggiunse l’abate e gli parlò con tono concitato. L’abate rivolse a Rhys un sorriso rassicurante, quindi si allontanò col sacerdote. Mina continuava a tossire. A Rhys cominciavano a pizzicare gli occhi. Tizzoni, ceneri e fuliggine piovevano sul giardino esterno alla loggia, innescando piccoli incendi di erba. Rhys raccolse l’emmide. “Venite con me, voi due…”

“Rhys, sinceramente penso che potrei essere d’aiuto contro i demoni”, sostenne Nightshade. “Dipende da quali demoni siano, naturalmente. Ci sono i demoni dell’Abisso e quelli…”

“Mina!” gridò una voce aspra.

Mina si girò nella direzione da cui proveniva la voce e vide emergere dalle spire di fumo una figura temibile che indossava un’armatura d’osso.

“Sono venuto a prenderti”, intonò Krell. “Mi ha mandato Chemosh.”

Rhys capì subito che cosa stesse succedendo. La battaglia in strada, l’incendio appiccato dai sacerdoti di Chemosh: era tutto un diversivo. L’obiettivo era Mina. Sollevò l’emmide e si interpose fra Krell e Mina.

“Nightshade, prendi Mina e scappa!”

Il kender balzò giù dalla panca e afferrò Mina per la mano. Le urla e le grida, il fumo e il fuoco la confondevano e la spaventavano. Mina si aggrappò a Rhys.

Avvinghiata alla veste del monaco, gridò a Krelclass="underline" “Non vado via!”.

“Mina, dobbiamo scappare”, la sollecitò Nightshade, cercando di staccarla.

Mina scrollò il capo e non fece che stringersi ancora più saldamente a Rhys.

Krell tirò fuori una sfera di ferro decorata con lamine d’oro.

“Vedi questa, Mina? Questo giocattolino è magico. Quando la sfera ti colpisce, la magia ti lega stretta. Tu non potrai muoverti e dovrai venire con me. Ti faccio vedere come funziona. Guarda qui.”

Krell scagliò la sfera di ferro. Nightshade compì un tentativo disperato per deviarla balzando davanti a Mina. La sfera non era stata però puntata contro Mina.

La sfera colpì Rhys al petto.

“Lega!” urlò Krell. Le lamine d’oro si srotolarono staccandosi dalla sfera e circondarono Rhys, serrandogli le braccia e le gambe. Rhys lottò contro le lamine che lo legavano, cercando di liberarsi, ma più lottava e più le lamine gli si stringevano addosso.

Krell, sorridendo compiaciuto sotto l’elmo a forma di cranio, avanzò a grandi passi verso Mina. Atta abbaiò ferocemente contro di lui e gli si slanciò contro. Krell afferrò una delle aguzze protuberanze ossee della spalla, la staccò e colpì la cagna con quell’osso acuminato. Nightshade afferrò Atta per la collottola e trascinò sotto una panca la cagna ringhiante.

Le lamine d’oro stringevano, penetrando dolorosamente nelle braccia di Rhys, inchiodandogli le braccia al corpo e bloccandogli la circolazione nelle gambe. Mina cercò di tirare e strattonare le lamine con tutte le sue forze, ma le sue forze erano quelle di una bambina, non di una dea. Atta fremeva per la furia e continuava a puntare Krell.

Krell sbirciò Nightshade e lo colpì con l’asta. Ridendo nel vedere il kender farsi piccolo per la paura e la cagna cercare di mordere, Krell tenne d’occhio Mina, che continuava a strattonare le lamine addosso a Rhys. Krell la osservava con divertimento.

“Non c’è mai un dio in giro quando ce n’è bisogno, eh, monaco?” lo schernì Krell. Allungò il dito indice e, con una risata fragorosa, lo piantò nel petto a Rhys.

Rhys barcollò. Con le gambe e le braccia legate, non riusciva a mantenere l’equilibrio. Krell lo colpì di nuovo, questa volta più forte, e Rhys cadde all’indietro. Non aveva modo di attutire la caduta e atterrò, battendo la testa sul duro pavimento di pietra. Ebbe una fiammata di dolore. Una vivida luce gli esplose dietro agli occhi.

Si sentì precipitare nella spirale dell’incoscienza e cercò di opporvisi, ma quando toccò il fondo il buio si richiuse sopra di lui.

7

Nightshade dovette mollare la presa su Atta. La cagna inferocita caricò da sotto la panca e puntò alla gola di Krell. Utilizzando il bracciale d’osso dell’avambraccio, Krell le assestò un manrovescio sul muso. Atta si accasciò accanto a Rhys e rimase lì distesa, scuotendo la testa, intontita. Perlomeno respirava ancora. Nightshade le vedeva muoversi le costole. Non poteva dire altrettanto di Rhys.

Mina era a terra accanto a lui, lo scuoteva e lo pregava di svegliarsi. Rhys aveva gli occhi chiusi. Rimaneva disteso, immobile.

Krell incombeva su Mina. Aveva gettato a terra l’asta d’osso e ostentava in mano un’altra sfera di ferro. “Sei pronta a venire con me adesso?”

“No”, gridò Mina, sollevando la mano per respingerlo. “Vattene! Per favore, vattene!”

“Non voglio andarmene”, disse Krell. Si stava divertendo. “Voglio giocare a palla. Prendi la palla, bambina!”

Lanciò a Mina la sfera di ferro. La sfera la colpì al petto. Le spire d’oro si aprirono sferzanti, rapide come serpenti all’attacco, e si avvolsero attorno alle braccia e alle gambe della bambina. Mina giaceva inerme a terra, guardando su verso Krell con occhi colmi di terrore.

“Mina, sei una dea!” gridò Nightshade. “La magia non ha effetto su di te! Alzati!”

Krell si girò di scatto per guardare con occhio furioso il kender, il quale si fece quanto più piccolo poté, usando la panca come riparo.

Mina non lo udì, oppure, più probabilmente, non gli credette. Rimase stesa a terra, singhiozzando.

“Una dea! Bah!” la schernì Krell, mentre Mina urlava di terrore e cercava pateticamente di divincolarsi da lui. “Non sei altro che una monella piagnucolosa.”

Nightshade emise un sospiro rassegnato. “Immagino che tocchi a me. Scommetto che questa è la prima volta nella storia del mondo che un kender deve soccorrere una divinità.”

“Ce ne andremo fra un attimo”, disse Krell a Mina. “Prima ho un monaco da uccidere.”

Krell staccò un’altra asta ossea e rivolse l’attenzione a Rhys. “Svegliati”, gli ordinò, sferrandogli un colpo fra le costole con l’asta. “Non è divertente uccidere qualcuno privo di sensi. Voglio che tu veda che cosa ti aspetta. Svegliati!” Sferrò un altro colpo a Rhys. Il sangue macchiò la veste arancione del monaco.

Nightshade si deterse un rivolo di sudore che gli scendeva lungo il collo e poi, allungando nella direzione di Krell le dita umide per il sudore, il kender prese a cantare sottovoce.

Sei stanco. Non sorridi più. Ti sembra di aver corso fin quassù. I muscoli ti fanno male. Ora ti metti a tremare. E presto sarai tutto un barcollare. E mentre cadi in ginocchio è più ora di prima che finisca la rima o grosso ranocchio.

Il termine “ranocchio” non faceva realmente parte dell’incantesimo mistico, ma Nightshade aggiunse questa parola perché faceva rima ed esprimeva bene i suoi sentimenti. La sua cantilena fu interrotta un paio di volte quando il fumo gli scese nella trachea costringendolo a tossire, e il kender si preoccupò che questo potesse rovinare l’incantesimo. Attese un attimo in tensione poiché non accadeva nulla, e poi percepì la magia. La magia giunse dall’acqua e gli filtrò nelle scarpe. La magia giunse dal fumo e lui la inspirò. La magia giunse dalla pietra ed era fredda e lo fece rabbrividire. La magia giunse dal fuoco ed era calda ed entusiasmante.

Quando tutte le parti della magia si furono mescolate assieme, Nightshade lanciò il suo incantesimo.

Dalle sue dita sprizzò un raggio di luce nera.

Questa era la parte preferita da Nightshade: il raggio di luce nera. Gli piaceva perché non poteva esistere una luce “nera”. Ma così veniva chiamato l’incantesimo, o perlomeno così gli aveva detto sua madre quando gliel’aveva insegnato. E in realtà la luce non era veramente nera. Era una luce purpurea con un nucleo bianco. Comunque Nightshade poteva capire come mai la si potesse definire una luce “nera”. Se non fosse stato tanto preoccupato per Rhys e Atta, si sarebbe davvero divertito.