Выбрать главу

Ringhiò per la furia. L’unico modo per garantire che l’emmide non si trasformasse di nuovo in un insetto era uccidere il suo padrone. Krell scagliò l’asta contro il monaco, e questa volta la mira era giusta.

Jenna, a quel punto, non poteva preoccuparsi dei vivi. Doveva concentrarsi sul morto. Aveva letto qualcosa riguardo ai Guerrieri delle Ossa, ma questo risaliva ad anni prima, nel corso dei suoi studi. Nessun Guerriero delle Ossa si era visto su Krynn dall’epoca del Re-Sacerdote, e anche allora ce n’erano stati in giro ben pochi. Jenna presumeva che i libri di testo spiegassero come distruggere questi morti viventi, ma in tal caso non riusciva a ricordarselo. E non aveva tempo per dedicare alla questione molte riflessioni.

Il Guerriero delle Ossa minotauro adesso era davanti a lei. Sollevando sopra la testa un’enorme scure, sferrò un colpo dall’alto in basso con la lama, con tutta l’intenzione di fenderle il cranio. Ci sarebbe riuscito, ma guarda caso il cranio della maga non si trovava lì in quel momento. La spada del minotauro fendette un’illusione di Jenna.

La vera Jenna si era spostata rapidamente posizionandosi dietro il minotauro, mentre continuava a cercare di immaginarsi come uccidere quel demone. Sperava che il guerriero minotauro continuasse ad attaccare l’illusione dandole il tempo di pensare. La sua speranza era ben fondata, poiché in genere i morti viventi non erano molto perspicaci e facevano a pezzi un’illusione senza rendersi mai conto della verità. Chemosh doveva però avere trovato il metodo per apportare migliorie ai suoi morti viventi. Quando il primo colpo non riuscì a uccidere la maga, il Guerriero delle Ossa si girò di scatto e si mise a cercare la sua nemica.

Il minotauro la scorse immediatamente e, facendo oscillare la spada, arrivò ruggendo nella sua direzione. Jenna mantenne la posizione. La breve tregua le aveva dato il tempo di preparare il suo incantesimo, il tempo di pensare alle formule, il tempo di rammentare i corretti movimenti delle mani. Creare questo incantesimo era rischioso, non soltanto per lei (se avesse fallito, Jenna non avrebbe avuto né il tempo né la forza per crearne un altro) ma anche per Rhys, che avrebbe potuto subirne effetti indiretti. Sperando in Lunitari per non accecare accidentalmente il monaco, Jenna tese la mano e prese a cantilenare formule magiche.

Rhys era vagamente consapevole di Jenna intenta a combattere contro la creatura demoniaca richiamata da Krell. Il monaco non poteva fare niente per aiutare la maga, non certo col proprio nemico temibile da combattere, e immaginò che Jenna non avrebbe comunque apprezzato il suo aiuto. Con ogni probabilità l’avrebbe soltanto intralciata.

Rhys strinse saldamente il bastone, affrontando il nemico senza paura. Krell aveva un’armatura fatta di ossa e, nella mente di Rhys, erano le ossa di tutti coloro che erano stati uccisi da Krell. Krell aveva le mani macchiate di sangue. Puzzava di morte, la sua anima era schifosa e putrescente quanto il suo corpo.

Majere è noto per essere un dio paziente, dedito alla disciplina, che non cede all’emozione. Majere è rattristato dalle colpe dell’uomo, raramente incollerito. Pertanto insegna ai suoi monaci a usare la “disciplina misericordiosa” per fermare quanti vorrebbero fare del male a loro o ad altri, per impedire a quanti hanno intenti malvagi di commettere atti di violenza, senza però ricorrere alla forza. Punire, dissuadere, non uccidere.

Eppure ci sono occasioni in cui Majere conosce la furia. Occasioni in cui il dio non può più sopportare di vedere soffrire degli innocenti. La sua furia non è impetuosa e imprevedibile. La sua ira è mirata, controllata, poiché il dio sa che altrimenti ne verrà divorato. Pertanto insegna ai suoi seguaci a usare la collera come un’arma.

Non lasciatevi dominare dalla collera, viene insegnato ai monaci. Altrimenti sbaglierete la mira, vi tremeranno le mani e i piedi slitteranno.

Sebbene fossero trascorsi mesi da quel momento terribile, Rhys rammentava vividamente come fosse stato divorato dall’ira quando aveva osservato con orrore i corpi dei suoi confratelli assassinati. La collera e l’amarezza l’avevano accecato, facendolo precipitare nelle tenebre infernali. Adesso conosceva l’ira, ma questa volta era diversa. La furia del dio era fredda e pura, luminosa e infuocata come le stelle.

Jenna intonò l’ultima parola dell’incantesimo. Il minotauro infuriato le era tanto vicino che la maga aveva conati di vomito per l’odore schifoso di disfacimento proveniente da quel corpo in putrefazione, mentre in preda alla tensione attendeva l’effetto della magia.

Si deliziò di un’ondata di calore, un fremito formicolante che le percorse tutto il corpo. La magia le schiumò, ribollì e fluttuò nel sangue. Jenna la afferrò, la guidò, la scagliò fuori. La magia si scisse. Dalle dita di Jenna partirono fasci di luce colorata. Come se fosse riuscito ad afferrare un arcobaleno dal cielo scagliandolo sul minotauro, sette getti infuocati di luce rossa e arancione, gialla e verde, azzurra, indaco e violetta si riversarono sopra il suo nemico.

I fasci luminosi gialli scaricarono scosse di energia nel corpo del minotauro, dissolvendo l’empia magia che conferiva al cadavere quell’orribile parvenza di vita. Gli arti furono scossi da un tremito.

Il minotauro si contrasse dimenandosi. Il fascio luminoso rosso gli colpì la scure d’arme, mandandola in fiamme. Il raggio arancione prese a divorare quello che rimaneva della sua carne orribile.

Il raggio verde, veleno, non avrebbe avuto alcun effetto sul minotauro, ed evidentemente anche l’azzurro fallì, poiché il cadavere animato non si tramutò in pietra. Jenna pregò Lunitari che la potenza del raggio violetto funzionasse, poiché doveva rimandare il demone al suo creatore.

Il minotauro strillò orribilmente, barcollò verso di lei e poi scomparve.

Jenna si accasciò inerte sulla panca. Quell’incantesimo potente l’aveva prosciugata, lasciandola debole e tremante.

Sperava invocando il cielo che Rhys Mason riuscisse a eliminare quell’elemento dall’aspetto raccapricciante contro cui combatteva. Jenna riusciva a malapena a stare seduta dritta sulla panca, figurarsi a scagliare altri incantesimi.

“Alla tua età, dovresti essere più sensata”, si rimproverò stancamente. Poi sorrise. “Ma quello che hai creato era un incantesimo bellissimo, mia cara. Davvero splendido…”

L’asta di Krell volava verso di lui. Rhys saltò in alto, e l’asta con un sibilo cadde innocua ai suoi piedi. Ancora a mezz’aria, Rhys inarcò la schiena, fece una giravolta e atterrò lieve in piedi davanti allo sbalordito Krell. Rhys spostò la presa sull’emmide. Con un affondo colpì con l’estremità del bastone la corazza ossea di Krell. La forza del colpo incrinò la corazza e la clavicola sottostante, e spinse Krell all’indietro facendolo barcollare.

Dotato dal suo dio di un’armatura fatta di ossa dei morti, Krell si era considerato con soddisfazione invulnerabile davanti a spade, lance e frecce, e ora era stato ferito da un monaco armato di bastone. Soffriva per il dolore e, al pari di tutti i bravacci, era terrorizzato. Voleva che lo scontro avesse termine. Usando il braccio buono, Krell staccò dall’armatura un altro spuntone acuminato. Brandendolo come una spada e ruggendo imprecazioni, attaccò Rhys, sperando di spaventare il monaco e sopraffarlo con la pura forza bruta.

L’emmide scattò in fuori e mandò in frantumi la spada d’osso. Roteando il bastone fra le mani, Rhys si lanciò in una danza micidiale attorno a Krell, attaccandolo di fronte e ai fianchi e da dietro, colpendolo sull’elmo e sulla corazza, picchiandolo sulle spalle e sulle braccia, percuotendogli le gambe e le cosce. L’emmide troncò gli spuntoni ossei sulle spalle e ruppe un corno dell’ariete sull’elmo. Dovunque l’emmide toccasse l’armatura ossea, questa si incrinava e si spaccava.