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«C’era una voce nel sogno. Me l’ha detto.»

Lei annuì ancora e attese.

«Ha detto che erano miei. Vecchi teschi miei. Migliaia e migliaia.»

Easter guardò Wednesday e disse: «Penso che questo qui sia un custode». Fece il suo sorriso luminoso, batté un colpetto sul braccio di Shadow e si avviò lungo il marciapiede. Lui rimase a guardarla camminare cercando, senza riuscirci, di non pensare alle sue cosce che sfregavano l’una contro l’altra.

Nel taxi diretto all’aeroporto Wednesday si rivolse a Shadow. «Che cosa diavolo è stato quel casino con i dieci dollari?»

«L’avevi fregata. Se c’è un ammanco di cassa lo detraggono dal suo stipendio.»

«E a te che cosa te ne frega?» Wednesday sembrava sinceramente adirato.

Shadow rifletté un momento, poi disse: «Ecco, non vorrei che qualcuno lo facesse a me. In fondo non aveva fatto niente di male».

«Ah no?» L’altro fissò un punto non lontano nel vuoto e disse: «A sette anni ha chiuso un gattino nell’armadio e l’ha lasciato miagolare per giorni. Quando ha smesso di piangere l’ha tirato fuori dall’armadio, l’ha infilato in una scatola di scarpe e l’ha sepolto in cortile. Voleva seppellire qualcosa. Ruba continuamente dalla cassa. Piccole cifre, di solito. L’hanno scorso è andata a trovare la nonna nella casa di riposo per anziani. Ha preso un orologio d’oro antico dal suo comodino e poi ha fatto furtivamente un giro delle altre stanze rubando piccole cifre ed effetti personali, cimeli degli anni d’oro degli anziani ricoverati. Tornata a casa, siccome non sapeva cosa farne e aveva paura che qualcuno la venisse a cercare, ha buttato via tutto eccetto i contanti».

«Ho capito il concetto» disse Shadow.

«Inoltre ha una gonorrea asintomatica» continuò Wednesday. «Sospetta di essere malata ma non fa niente per curarsi. Quando l’ultimo fidanzato l’ha accusata di avergli trasmesso l’infezione lei si è offesa e non l’ha più voluto vedere.»

«Non c’è bisogno che tu vada avanti. Ti ho detto che ho capito il concetto. Comunque potresti farlo con chiunque, no? Dirmi brutte cose sul loro conto, voglio dire.»

«Certo» disse Wednesday. «Fanno tutti le stesse cose. Magari credono di commettere peccati originali, ma in genere sono banali e ripetitivi.»

«E questo ti autorizza a rubarle dieci dollari?»

Wednesday pagò il taxi ed entrarono nell’aeroporto, dirigendosi al cancello. Il volo non era ancora pronto all’imbarco. «Che cos’altro potrei fare? Non sacrificano tori o arieti in mio onore. Non mi mandano le anime di assassini e schiavi, di gente impiccata e sbranata dai corvi. Loro mi hanno creato, loro mi hanno dimenticato. Adesso mi prendo qualche piccola rivalsa. Non ti sembra giusto?»

«Mia mamma diceva sempre: "Non c’è giustizia a questo mondo"» disse Shadow.

«Lo credo» disse Wednesday. «È una di quelle cose che dicono tutte le mamme, insieme a: "Se i tuoi amici si buttassero giù dalla rupe ti ci butteresti anche tu?".»

«Hai fregato dieci dollari a quella ragazza, e io glieli ho ridati» disse Shadow con ostinazione. «Era la cosa giusta da fare.»

Una voce annunciò che il loro volo era pronto all’imbarco. Wednesday si alzò. «Che le tue scelte siano sempre altrettanto facili.»

Il gelo stava allentando la morsa quando Wednesday lasciò Shadow davanti a casa, nelle prime ore del mattino. Lakeside era sempre oscenamente fredda, ma non in maniera insopportabile. L’insegna luminosa sulla facciata della M I Bank lampeggiava alternativamente 3:30 e -15°.

Quando il capo della polizia Chad Mulligan bussò alla sua porta per chiedergli se conosceva una ragazza di nome Alison McGovern erano le nove e mezzo.

«Non mi pare» rispose Shadow insonnolito.

«Questa è la sua foto» disse Mulligan. Era stata scattata al liceo. Shadow la riconobbe immediatamente: era la ragazza con gli elastici azzurri dell’apparecchio per i denti, quella che sul Greyhound aveva imparato dall’amica un uso alternativo dell’Alka Seltzer.

«Ah sì. Era sul pullman con me quando sono arrivato.»

«Dove ti trovavi ieri, Ainsel?»

Shadow ebbe l’impressione che il mondo cominciasse a girargli intorno. Sapeva di non avere motivo di sentirsi colpevole (Sei un criminale che ha violato le norme della libertà vigilata e usa un nome e documenti falsi, gli sussurrò calma una voce interiore. Non basta?).

«Ero a San Francisco» disse. «In California. Ho aiutato mio zio a trasportare un letto a baldacchino.»

«Hai la matrice del biglietto o qualcosa del genere?»

«Sì.» Aveva le carte d’imbarco di andata e ritorno nella tasca posteriore dei pantaloni. «Che cosa sta succedendo?»

Mulligan esaminò le carte. «Alison McGovern è sparita. Lavorava come volontaria alla Lakeside Humane Society. Dava da mangiare agli animali, portava a passeggio i cani. Tutti i giorni dopo la scuola per qualche ora. Comunque. Dolly Knopf, che gestisce il Centro, la sera l’accompagna sempre a casa, quando chiudono. Ieri Alison non si è presentata.»

«È scomparsa?»

«Già. I genitori ci hanno telefonato la notte scorsa. La sciocchina faceva l’autostop per andare al Centro. Si trova sulla County W, piuttosto isolato. I suoi le dicevano sempre di non fare l’autostop, comunque in questo posto non succede mai niente… la gente non chiude la porta a chiave, capisci? È difficile proibire certe cose ai ragazzi. Comunque, guarda un’altra volta la foto.»

Alison McGovern sorrideva. Gli elastici dell’apparecchio erano rossi, non azzurri.

«Puoi onestamente dichiarare di non averla rapita, né violentata o uccisa?»

«Ero a San Francisco. E non farei mai una schifezza del genere.»

«È quello che pensavo, amico. Vuoi venire con noi a cercarla?

«Io?»

«Tu. Questa mattina sono arrivati i ragazzi dell’unità cinofila… finora niente.» Sospirò. «Diamine, Mike. Spero proprio che sia a Twin Cities con qualche amico a fumarsi le canne.»

«Ti sembra probabile?»

«È possibile. Vuoi unirti alla squadra di ricerca?»

Shadow si ricordò di aver visto la ragazzina da Hennings Farm and Home Supplies, il bagliore di un sorriso timido con l’apparecchio dagli elastici azzurri, e di aver pensato a come sarebbe diventata bella, un giorno. «Vengo.»

Nell’atrio della caserma dei pompieri erano in più di venti tra uomini e donne. Shadow riconobbe Hinzelmann e parecchie altre facce ormai familiari. C’erano agenti di polizia e qualcuno con l’uniforme marrone dell’ufficio dello sceriffo.

Chad Mulligan spiegò cosa indossava Alison quando era stata vista l’ultima volta (tuta da sci rossa, guanti verdi, berretto di lana blu sotto il cappuccio della giacca) e divise i volontari in gruppi di tre persone. Shadow, Hinzelmann e un certo Brogan si ritrovarono insieme. Il capo della polizia ricordò a tutti che le giornate erano brevi e che se, Dio non voglia, avessero trovato il corpo di Alison, andava da sé che non dovevano toccare niente ma chiedere aiuto via radio, e che se era viva dovevano tenerla al caldo fino all’arrivo dei soccorsi.

Vennero accompagnati in macchina sulla County W.

Hinzelmann, Brogan e Shadow si avviarono lungo l’argine di un torrente gelato. Ogni gruppo era stato dotato di una piccola ricetrasmittente.

Sotto la cappa di nuvole basse il mondo era completamente grigio. Nelle ultime trentasei ore non aveva nevicato e sulla neve ghiacciata e scintillante le impronte erano ben visibili.

Con i baffetti sottili e le tempie canute Brogan sembrava un colonnello in pensione. Disse a Shadow di essere stato il preside del liceo. «Ma diventavo vecchio. Adesso insegno ancora qualcosina, mi occupo della recita scolastica — che è l’avvenimento più importante dell’anno — vado a caccia e ho una casupola sul lago Pike dove passo molto tempo.» Quando partirono aggiunse: «Da una parte spero di trovarla. Dall’altra sarei più contento se la trovasse qualcun altro. Capisce cosa voglio dire?».

Shadow lo capiva perfettamente.

I tre uomini non parlarono molto. Camminarono cercando una tuta rossa, o un paio di guanti verdi, o un berretto blu o un corpo bianco. Ogni tanto Brogan, che aveva la ricetrasmittente, si teneva in contatto con Chad Mulligan.