Lei allungò la mano sinistra, quella buona.
«Aspettami, aspettami un momento» sussurrò. «Arrivo. Arrivo da te tra poco.»
E Marie Paris pensò che la vecchia stesse parlando con lei.
12
L’America ha investito religione e morale in azioni ad alto rendimento. Ha adottato la posizione inattaccabile di una nazione che è benedetta perché merita di esserlo, e i suoi figli, indipendentemente da quali teologie riconoscono o disprezzano, sottoscrivono senza riserve il credo nazionale.
Shadow si diresse a ovest, attraverso Wisconsin e Minnesota, entrò nel North Dakota, dove le montagne innevate sembravano grandi bufali addormentati, e lui e Wednesday macinarono chilometri su chilometri vedendo tutto e non vedendo niente. Poi piegarono verso il South Dakota, diretti alle riserve.
Wednesday aveva scambiato la Lincoln, che Shadow guidava volentieri, con un vetusto e ingombrante Winnebago che sprigionava un persistente e inconfondibile odore di gatto e che Shadow non guidava volentieri per niente.
Quando superarono il primo cartello che segnalava Mount Rushmore, ancora lontano parecchie centinaia di chilometri, Wednesday borbottò qualcosa. «Quello lì» disse «è un luogo sacro.»
Shadow aveva pensato che il suo compagno di viaggio dormisse. «So che era sacro per gli indiani.»
«È un posto sacro» ribatté Wednesday. «È così che si fanno le cose in America: hanno bisogno di dare alla gente una scusa per pregare. Di questi tempi non si può andare a vedere una montagna e basta. Perciò ecco i faccioni spaventosi dei presidenti del signor Gutzon Borglum. Una volta scavati nella roccia il permesso di venire è accordato, ed ecco le folle che accorrono a vedere dal vivo qualcosa che hanno visto mille volte in cartolina.»
«Conoscevo un tipo, una volta. Faceva pesi alla Muscle Farm, anni fa. Mi aveva raccontato che gli indiani dakota, i più giovani, scalavano la montagna mettendosi uno sulle spalle dell’altro fino a che l’ultimo potesse pisciare sul naso del presidente.»
Wednesday scoppiò a ridere sguaiatamente. «Oh bene! Benissimo! E c’è un presidente in particolare che è la latrina della loro collera?»
Shadow scrollò le spalle. «Non l’ha specificato.»
Sotto le ruote del Winnebago scorrevano i chilometri e Shadow cominciò a immaginare di essere immobile, mentre il paesaggio americano gli scorreva di fianco a centotrenta all’ora. Una foschia invernale ne smussava i contorni.
Erano le dodici del secondo giorno di viaggio, e ormai erano quasi arrivati. Shadow, che stava rimuginando tra sé, disse: «A Lakeside la settimana scorsa è sparita una ragazza. Quando eravamo a San Francisco».
«Ah sì?» Wednesday sembrava scarsamente interessato.
«Una ragazzina che si chiamava Alison McGovern. Non è la prima. Ne sono scomparsi altri. Sempre in inverno.»
Wednesday aggrottò la fronte. «Che tragedia, vero? Le faccine sui cartoni del latte — anche se non riesco a ricordarmi quando ne ho vista una l’ultima volta — e sui muri nelle aree di servizio. "Mi hai visto?" chiedono. Una domanda metafisica. "Mi hai visto?" Esci alla prossima.»
A Shadow sembrò di sentire il rumore di un elicottero, ma le nubi troppo basse non permettevano di vedere niente.
«Perché hai scelto proprio Lakeside?» chiese.
«Te l’ho detto. È un posticino tranquillo in cui nascondersi. A Lakeside sei al sicuro, fuori dalla portata dei radar.»
«Come mai?»
«Perché è così. Adesso prendi a sinistra.»
Shadow svoltò.
«C’è qualcosa che non va» disse Wednesday. «Cazzo. Porca puttana schifosa. Rallenta, ma non fermarti.»
«Ti spiacerebbe spiegarmi?»
«Guai. Conosci una strada alternativa?»
«No. È la prima volta che vengo qui. E non so nemmeno dove stiamo andando.»
Dall’altra parte della collina c’era una luce rossa e lampeggiante, un po’ appannata dalla foschia.
«È un posto di blocco» disse Wednesday, e si infilò una mano prima in una tasca e poi nell’altra in cerca di qualcosa.
«Posso fermarmi e tornare indietro.»
«Inutile. Li abbiamo anche alle calcagna. Tieniti sui venti, venticinque all’ora.»
Shadow guardò nello specchietto retrovisore: a un paio di chilometri si vedevano i fanali di una macchina. «Ne sei sicuro?» chiese.
Wednesday sbuffò. «Sicuro come l’oro» disse. «Come l’allevatore di tacchini quando riuscì a covare il suo primo uovo di tartaruga. Ah, ce l’ho fatta!» e dal fondo della tasca estrasse un gessetto bianco.
Cominciò a scrivere sul cruscotto, tracciando segni come se stesse cercando di risolvere un’equazione algebrica, oppure come un vagabondo intento a scrivere lunghi messaggi per altri vagabondi in un codice tutto loro: cane mordace, città pericolosa, donna generosa, una galera accettabile per passarci la notte…
«Va bene» esclamò Wednesday. «Adesso vai a cinquanta e non rallentare per nessun motivo.»
Una delle macchine che li seguiva aveva acceso lampeggianti e sirene e stava accelerando per raggiungerli. «Non rallentare» ripeté Wednesday. «Vogliono farci rallentare prima che arriviamo al posto di blocco.» Scrac, scrac, scrac faceva il gesso sulla plastica.
Salirono sulla cima della collina. Il posto di blocco si trovava a meno di un chilometro. Dodici automobili schierate e sul ciglio della strada macchine della polizia e parecchi fuoristrada neri.
«Ecco fatto» disse Wednesday, e ripose il gessetto in tasca. Il cruscotto era coperto di segni simili a rune.
La vettura con la sirena li aveva raggiunti. Aveva rallentato e una voce amplificata stava gridando: «Fermatevi!». Shadow guardò Wednesday.
«Sterza sulla destra» gli ordinò lui. «A destra, buttati fuori strada.»
«Non posso con questa roba. Ci ribaltiamo.»
«Andrà tutto bene. A destra. Ora!»
Shadow girò il volante con la mano destra e il camper sussultò e sbandò. Per un attimo pensò di aver avuto ragione, che il Winnebago si sarebbe ribaltato, e il mondo di là del parabrezza si dissolse in uno scintillio indistinto, come il riflesso in una pozza d’acqua chiara quando la brezza ne increspa la superficie.
Nuvole e foschia non c’erano più, anche la neve e il giorno erano scomparsi.
Adesso sopra la sua testa brillavano le stelle, sospese nel cielo come punte di lance luminose che fendevano la notte.
«Parcheggia qui» disse Wednesday. «Possiamo proseguire a piedi.»
Shadow spense il motore. Si sporse a prendere giacca, stivali e guanti e uscì dal veicolo. «Va bene. Andiamo.»
Wednesday lo guardò con un’espressione in cui oltre al divertimento si leggeva qualcos’altro, irritazione, forse. Oppure orgoglio. «Perché non dici niente?» gli chiese. «Perché non esclami che tutto questo è impossibile? Perché diavolo ti limiti a fare quello che dico e prendi le cose con quella calma assurda?»
«Perché non mi paghi per fare domande» rispose Shadow. E con la certezza di dire il vero, senza riflettere aggiunse: «Perché dopo Laura non mi sorprende più niente».
«Dopo che è tornata dal regno dei morti?»
«Dopo che ho saputo che si scopava Robbie. Quello sì che mi ha ferito. Tutto il resto rimane in superficie. Dove andiamo, adesso?»
Wednesday gli indicò un punto e sì avviarono. La terra sotto i loro piedi era rocciosa, levigata e vulcanica, a tratti scivolosa come vetro. L’aria era fresca, ma non fredda come d’inverno. Scesero goffamente una collina, incontrarono un sentiero sconnesso e lo seguirono. Shadow guardò a valle.
«Quello che cosa diavolo è?» chiese, ma Wednesday si portò un dito alle labbra e scosse deciso la testa. Silenzio.