«Lavoro» rispose Shadow.
Whiskey Jack scosse la testa. «Sei anche a caccia di qualcosa. Hai un debito in sospeso.»
Shadow pensò alle labbra violacee di Laura, alle sue mani coperte di sangue. Annuì.
«Sta’ a sentire; prima c’era la Volpe, e il Lupo era suo fratello. La Volpe disse: gli uomini vivranno qui per sempre. Se moriranno non resteranno morti a lungo. Il Lupo disse: no, la gente morirà, deve morire, tutte le cose che sono vive devono morire, altrimenti si diffonderanno e invaderanno la terra, mangeranno tutti i salmoni e i caribù e i bufali, mangeranno tutte le zucche e tutto il granturco. Allora un giorno il Lupo morì, e disse alla Volpe: "Svelta, riportami in vita". E la Volpe rispose: "No, i morti devono rimanere morti, mi hai convinto". E piangeva, mentre lo diceva. Ma l’aveva detto, era deciso. Adesso il Lupo regna sul mondo dei morti e la Volpe vive per sempre sotto il sole e la luna, e ancora piange suo fratello.»
«Se non ci stai, non ci stai. Noi però ce ne andiamo» disse Wednesday.
Whiskey Jack era impassibile. «Sto parlando con questo giovanotto. Per te non posso fare niente. Per lui sì.» Si rivolse a Shadow: «Parlami dei tuoi sogni».
«Mi stavo arrampicando su una torre di teschi. C’erano degli uccelli enormi che volavano intorno alla torre. Nelle ali avevano lampi. Mi hanno attaccato. La torre è caduta.»
«Tutti sognano» disse Wednesday. «Ci rimettiamo in strada?»
«Non tutti sognano il Wakinyau, l’uccello del tuono» disse Whiskey Jack. «Ne abbiamo sentito l’eco fin qui.»
«Te l’avevo detto» disse Wednesday. «Cazzo.»
«In West Virginia ce n’è un gruppo» riprese Chapman in tono pigro. «Almeno un paio di femmine e un vecchio maschio. Nella terra che chiamavano lo Stato di Franklin ce n’è una coppia da riproduzione, ma il vecchio Ben non è mai arrivato nel suo stato, tra il Kentucky e il Tennessee. Certo non sono mai stati tanti, nemmeno ai bei tempi.»
Whiskey Jack tese una mano che aveva il colore dell’argilla scura e toccò con delicatezza Shadow sulla faccia. «Ehi, è vero. Se dai la caccia all’uccello del tuono puoi riportare in vita la tua donna. Ma lei appartiene al Lupo, al regno dei morti, non deve più calpestare la terra.»
«Come fai a saperlo?» domandò Shadow.
Whiskey Jack non mosse le labbra. «Cosa ti ha detto il bufalo?»
«Di credere.»
«Un buon consiglio. Pensi di seguirlo?»
«Più o meno. Sì.» Stavano parlando senza pronunciare parole, senza l’ausilio della bocca, del suono. Shadow si chiese se per i due uomini presenti nella roulotte loro fossero rimasti immobili per un secondo o una frazione di secondo.
«Quando avrai trovato la tua tribù torna a trovarmi» disse Whiskey Jack. «Ti posso aiutare.»
«Lo farò.»
Whiskey Jack abbassò la mano. Poi si rivolse a Wednesday. «Vuoi andare a riprenderti il tuo Ho Chunk?»
«E cos’è?»
«Ho Chunk. È così che i Winnebago si riferiscono a se stessi.»
L’altro fece di no con la testa. «Troppo rischioso. Recuperarlo potrebbe rivelarsi problematico. Lo staranno cercando.»
«È rubato?»
Wednesday fece un’aria offesa. «Nemmeno per sogno. I documenti sono nello scomparto del cruscotto.»
«E le chiavi?»
«Ce le ho io» disse Shadow.
«Mio nipote, Harry Bluejay, ha una Buick dell’81. Perché non mi date le chiavi del camper? Potete prendervi la sua macchina.»
Wednesday arruffò il pelo. «Che razza di affare sarebbe?»
Whiskey Jack scrollò le spalle. «Ti rendi conto di come sarà difficile riprendere il camper dal punto in cui l’avete abbandonato? Ti sto facendo un favore. Prendere o lasciare. A me non interessa.» Chiuse la bocca sottile come una ferita di coltello.
Wednesday aveva un’aria arrabbiata, poi la rabbia si stemperò in rammarico. «Shadow, dagli le chiavi del Winnebago» ordinò. Shadow obbedì.
«Johnny» disse Whiskey Jack, «puoi portare questi uomini da Harry Bluejay? Digli da parte mia che deve dargli la macchina.»
«Volentieri» rispose John Chapman.
Si alzò, prese un piccolo sacco di tela appoggiato accanto alla porta e uscì. Shadow e Wednesday lo seguirono. Whiskey Jack rimase sulla soglia. «Ehi» disse a Wednesday, «tu non tornare. Non sei il benvenuto.»
L’altro alzò il dito medio verso il cielo e in tono affabile rispose: «Fottiti».
Scesero a valle nella neve, aprendosi un varco dov’era più alta. Chapman li precedeva a piedi nudi, rossi sulla crosta di neve dura. «Non hai freddo?» gli chiese Shadow.
«Mia moglie era choctaw».
«E ti ha insegnato dei sistemi magici per non sentire il freddo?»
«No, credeva che fossi matto. Diceva sempre: "Ma perché non ti infili gli stivali, Johnny?".» Il pendio divenne più ripido e dovettero smettere di parlare. Incespicavano e scivolavano, si afferravano ai tronchi delle betulle per non cadere. Quando il terreno diventò un po’ più piano Chapman riprese: «Adesso è morta, ovviamente. Quando è morta credo di essere andato un po’ fuori di testa. Può succedere a tutti. Può succedere anche a te». Gli batté una pacca sul braccio. «Per Gesù e Giosafat, sei grande e grosso.»
«Così dicono» rispose Shadow.
Camminarono lungo quella ripida discesa per circa mezz’ora e quando arrivarono a fondovalle imboccarono la strada sterrata diretti al gruppo di case che avevano già visto dall’alto.
Un’automobile rallentò, si fermò. La donna al volante abbassò il finestrino e disse: «Avete bisogno di un passaggio, voi tre ubriaconi?».
«Molto cortese da parte sua, signora» rispose Wednesday. «Stiamo cercando un certo Harry Bluejay.»
«Sarà alla sala giochi» rispose lei. Shadow pensò che fosse sulla quarantina. «Salite.»
Salirono tutti: Wednesday accanto al posto di guida, Shadow e John Chapman sul sedile posteriore. Le gambe di Shadow erano troppo lunghe per lo spazio tra i due sedili, ma cercò di sistemarsi alla meglio. L’auto ripartì e procedette sobbalzando sul fondo stradale sconnesso.
«Da dove venite?» chiese la donna.
«Siamo andati a trovare un amico» rispose Wednesday.
«Che vive sulla collina qui dietro» aggiunse Shadow.
«Quale collina?»
Shadow si girò a guardare dal polveroso parabrezza posteriore. Non c’era nessuna collina, soltanto la pianura coperta di nuvole.
«Whiskey Jack» continuò allora Shadow.
«Ah, qui lo chiamiamo Inktomi. Credo che sia lui. Mio nonno raccontava delle belle storielle sul suo conto. Le migliori erano spinte, ovvio.» Presero una buca e la donna imprecò. «Tutto a posto, lì dietro?»
«Sissignora» rispose John Chapman. Si teneva aggrappato al sedile con tutte e due le mani.
«Sono le strade della riserva» disse lei. «Ci si fa l’abitudine.»
«Sono tutte così?» domandò Shadow.
«Più o meno. Quelle qui intorno sono così. E non venire a chiedermi che fine fanno tutti i soldi che guadagnano i casinò, perché quale persona sana di mente verrebbe fin qui per andare in un casinò? Di quei soldi noi non sentiamo nemmeno l’odore.»
«Mi dispiace.»
«Non è il caso.» Cambiò marcia con una grattata e un gemito. «Sapete che la popolazione bianca della zona continua a diminuire? Ormai ci sono solo città fantasma. Come si fa a tenerli qui a lavorare nei campi dopo che hanno visto il mondo alla televisione? E comunque coltivare le Badlands non rende. Perciò prima ci hanno portato via la terra e si sono insediati dove stavamo noi, e adesso se ne vanno. Vanno a sud. A ovest. Magari se aspettiamo che si trasferiscano tutti a New York o a Miami e Los Angeles ci possiamo riprendere le terre senza muovere un dito.»
«Buona fortuna» disse Shadow.
Trovarono Harry Bluejay nella sala giochi, al tavolo del biliardo, impegnato in qualche tiro spettacolare per far colpo sulle ragazze. Aveva una ghiandaia azzurra tatuata sul dorso della mano destra e molti piercing all’orecchio destro.
«Ho hoka, Harry Bluejay» salutò John Chapman.