Выбрать главу

— Lo scoprirai a tempo debito. Adesso stai calmo, o dovrò picchiarti un’altra volta.

Un brivido mi è corso giù per la schiena. Era possibile che Robinson avesse ordinato di uccidermi? Un’idea orripilante, ma non inconcepibile. Non era il modo più semplice per sbarazzarsi di me? Lo avevo sottovalutato, illudendomi che fosse solo un prepotente, mentre in realtà era pronto a non fermarsi davanti a nulla per difendere il suo interesse per Elise?

Ho ricominciato a parlare, ma mi sono interrotto subito alla pressione terribile delle loro dita sulle mie braccia. Opporre resistenza era fuori discussione; lo intuivo con raggelante chiarezza. Se esisteva una via d’uscita, dovevo raggiungerla con l’astuzia, non con la forza.

Ho girato la testa di scatto nel superare lo stabilimento balneare. La porta si stava aprendo, e ne usciva una giovane coppia. Ho visto all’interno una terrazza e, più avanti, due grosse vasche di cemento piene d’acqua. Una aveva un lungo piano inclinato in legno. Nell’acqua tiepida (non c’era traccia di vapore) due bambini cavalcavano una piccola botte, spostandosi a guizzi da un lato all’altro. Le loro risate echeggiavano tra pareti e soffitto. Dal bordo della piscina li controllava un uomo anziano, con la barba bianca. Indossava un costume da bagno nero. La metà superiore del costume aveva il collo alto e le mezze maniche; la metà inferiore gli copriva le gambe fino alle ginocchia.

Poi la porta si è chiusa, e la giovane coppia si è avvicinata a noi. Ho fissato l’uomo, chiedendomi se fosse in grado di aiutarmi. L’uomo alla mia destra mi deve avere letto nel pensiero, perché la sua stretta mi ha squassato il braccio, mi ha strappato un sibilo di dolore. — Non dire niente — mi ha avvertito.

Col corpo scosso da tremiti impotenti, ho visto la coppia superarci, dirigersi verso l’hotel. — Una mossa saggia — ha detto l’uomo anziano.

— Dove mi portate?

— In Messico — ha risposto il più giovane.

— “Cosa?”

— Ti portiamo lì, poi ti tagliamo a pezzettini e gettiamo tutto in un pozzo.

Un brivido. — Molto divertente. — Ma non ero affatto certo che scherzasse.

— Non mi credi? — ha cantilenato lui. — Pensi che potrei mentirti?

Ho guardato di nuovo l’hotel, disperato.

— Allora? — ha insistito lui, con una gomitata al mio fianco.

— Vai al diavolo — ho borbottato.

Le sue dita hanno affondato nella mia carne al punto di farmi urlare. — Non mi piacciono i damerini che mi parlano con quel tono — ha detto lui. — Secondo me, vuoi un altro pugno nello stomaco. — Una nuova, dolorosa stretta. — Lo vuoi, Collier?

— Va bene — ho risposto. — Ti sei spiegato.

La pressione delle dita si è allentata. — Lo sai cosa ne faremo di te? — Non era una domanda. — Ti porteremo fuori in barca, ti attaccheremo a un’ancora, e ti butteremo nell’oceano, come cibo per gli squali.

— Andiamo, Jack — è intervenuto l’uomo più anziano. — Smettila di spaventarlo. Gli farai venire i capelli bianchi prima del tempo.

— È “questo” il suo tempo — ha detto Jack.

In quel momento, il vero orrore della situazione mi ha colpito. Mi sono girato a scrutare l’hotel, incapace di trattenere un gemito d’angoscia nello scoprire quanto fosse lontano. — Geme, Al — ha detto l’uomo più giovane. — Secondo te, sta male?

Non gli ho prestato attenzione, assorto nella mia disperazione. Era quella la fine, allora? Il mio lungo viaggio per raggiungere Elise si sarebbe concluso con un brutale omicidio sulla spiaggia? Come potevo essere stato tanto cieco da sottovalutare Robinson? Le ultime parole che mi aveva detto costituivano una minaccia molto precisa. Adesso la stava mettendo in atto, e io avrei perso Elise per sempre, dopo avere trascorso pochi, brevi momenti con lei. Quei libri non sarebbero mai stati diversi; la sua vita si sarebbe conformata a tutto ciò che avevo letto. Il suo “scandalo del Coronado” era già finito. Non ci saremmo più rivisti fino a quella sera del 1953, quando, a un party a Columbia, Missouri, lei avrebbe riconosciuto il mio viso in un ragazzo di diciannove anni, e qualche ora più tardi sarebbe morta. Col mio viaggio non avevo ottenuto nient’altro: un circolo chiuso di infelicità, un continuo viaggiare all’indietro nel tempo per essere ucciso, e poi rinascere e vivere fino al giorno in cui avrei ripetuto il viaggio, per venire di nuovo assassinato.

Mi sono girato verso l’uomo più anziano. — Vi prego, non fatelo — ho detto. — Voi non capite. Io sono arrivato qui dal 1971 per stare con la signorina McKenna. Noi due ci amiamo e…

— Ma che tenerezza — è intervenuto Jack, in un tono di finta comprensione.

— È “vero” — ho continuato io, ignorandolo. — L’ho fatto sul serio. Sono tornato indietro nel tempo per…

— Ua ua uaaa — ha detto Jack.

— Accidenti a te! — ho strillato.

— No, accidenti a “te!” — ha urlato lui. Io mi sono sentito raggelare, vedendo che infilava la destra nella tasca della giacca. “Sono morto”, ho pensato.

— Ehi, ehi. — L’uomo più anziano mi ha lasciato andare per afferrare il socio. — Sei pazzo? Così vicino all’hotel?

— Non me ne importa niente! Voglio infilare una pallottola in quella testa tronfia.

— Tieni la pistola in tasca, Jack, oppure, Dio mi è testimone, ti ridurrò la faccia a polpette — ha ribattuto il più anziano. All’istante, il suo tono mi ha fatto capire quanto fosse più uomo dell’altro, e quale maggiore minaccia costituisse.

Jack è rimasto a fissarlo, senza muoversi. Il più anziano gli ha battuto sulla spalla. — Andiamo, ragazzo — gli ha detto. — Usa il cervello. Vuoi attirarci addosso la polizia?

— Non è ancora nato il damerino che può insultarmi e sperare di cavarsela — ha borbottato Jack.

— È sconvolto, Jack. Non lo capisci?

— Tra un po’ sarà anche morto, te lo giuro — ha ribattuto Jack.

— Sia come sia. Adesso andiamo. — Le parole di Al mi hanno raggelato molto più di quelle di Jack, perché sapevo che non venivano da uno spaccone, ma da qualcuno perfettamente sicuro di sé. Se Al avesse deciso di uccidermi, io sarei morto. Punto e basta.

Ci siamo avviati di nuovo. Il risolino ironico di Al è stato una fitta al cuore. — Cosa hai detto? — ha chiesto lui. — Non avevo mai sentito storie del genere, da uno che implora di salvargli la pelle. — Ho avuto l’impressione di lunghi anni trascorsi a uccidere, e ho rabbrividito.

Dapprima, non volevo rispondergli; poi ho deciso che non avevo niente da guadagnare dal silenzio. — Vi sto dicendo la verità. Mi sono fermato a questo hotel settantacinque anni fa, nel 1971. Ho deciso di…

— Quando sei nato? — mi ha interrotto lui.

— Nel millenovecentotrentasei.

Una risata ansimante è uscita dalle labbra di Al. Sono stato investito dai fumi del whisky. — Molto bene. Se non sei ancora nato, com’è possibile che cammini al nostro fianco?

— È un balordo. Facciamolo fuori — ha detto Jack.

Comprendere quanto fosse difficile spiegare l’enigma mi ha colmato d’ansia. Ma non avevo scelta. — State a sentire — ho detto. — Sono arrivato a questo hotel il 14 novembre 1971. Ho visto una fotografia di Elise McKenna e mi sono innamorato di lei.

— Come no — ha detto Jack.

Ho stretto i denti. — Ho fatto ricerche su quest’epoca, e sono tornato nel 1896 con uno sforzo di volontà. “È vero” — mi sono affrettato ad aggiungere, vedendo il sorriso di Al. — Ve lo giuro. Sono nato il 20 febbraio 1936. Sono stato…

Mi ha interrotto la ruvida pacca di Al sulle spalle. — Sei un bravo ragazzo, Collier, ma sei anche svitato. — E io ho capito quanto fosse assurdo il desiderio di fargli capire. Il che, come unica possibilità, mi lasciava la prospettiva di poter sfuggire a quei due perché avrei perso la mia presa sul 1896, allontanandomi troppo dall’hotel; ed era meno di niente.