Lei mi ha guardato, e io ho scoperto che “c’era” paura sul suo viso. Non riusciva a nasconderla.
— Quando arriverà il momento giusto, ti racconterò tutto — le ho detto. — Te lo prometto. Ma adesso non voglio allarmarti.
— Però tu mi allarmi, Richard. Certe cose che dici. Certe espressioni che vedo sul tuo viso. Mi spaventano. — Elise ha avuto un brivido. — Potrei quasi credere… — Si è interrotta su un sorriso angosciato.
— Cosa?
— Che tu non sia del tutto umano.
— Elise… — La mia risata era altrettanto dolorosa. — Io sono umano. Anche troppo. — Ho deglutito. — È solo che… non posso dirti da dove vengo. Non ancora, per lo meno. No, non è una cosa terribile — ho aggiunto, notando che la sua espressione cambiava un’altra volta. — Te l’ho già detto. Non è affatto terribile. Semplicemente, penso che sarebbe sbagliato dirtelo adesso. Sto cercando di proteggerti. Di proteggere noi.
Lei mi ha fissato, e mi sono tornate alla mente le parole di Nat Goodwin, quando ha detto che i grandi occhi chiari di Elise sanno scrutare quelli di un altro “come se potessero penetrare nei recessi stessi dell’anima”.
— Io ti amo, Elise — ho detto. — Ti amerò sempre. Che altro posso aggiungere?
Lei ha sospirato. — E sei certo di non potermi dire tutto.
— Ne sono certo. — Lo ero. — Non ancora.
Elise è rimasta zitta per quello che mi è parso un tempo molto, molto lungo. — Va bene — ha detto alla fine. Vorrei saper esprimere ciò che ho provato in quel momento. Non sapevo quanto quella frase potesse realmente significare per lei, ma mi sono reso conto che doveva trattarsi della resa più incondizionata che le fosse mai stata imposta.
— Grazie — le ho detto.
Ho versato vino per tutti e due. Lei mi ha passato cracker e formaggio, e per quasi un minuto abbiamo mangiato in silenzio. Volevo lasciarle il tempo di abituarsi alla situazione. Alla fine, Elise mi ha detto: — Mi trovo a un crocevia da molti anni, Richard. Sapevo di dovermi sbarazzare di tutte le idee romantiche, per consacrarmi esclusivamente alla carriera. L’uomo che avevo sempre aspettato non arrivava. — Ha messo giù il bicchiere e mi ha guardato. — Poi sei apparso “tu”. All’improvviso. Misteriosamente.
Ha abbassato gli occhi sulle mani. — La cosa che mi fa più paura è permettere che questo… “mistero” mi travolga. Come minaccia in continuazione di fare. Anche adesso, il tuo aspetto e le tue maniere mi incantano tanto che temo di non arrivare mai a conoscerti, a sapere chi realmente sei. È per questo che i tuoi segreti mi turbano. Rispetto i tuoi desideri e sono convinta che tu voglia solo il mio bene. Però…
Un gesto sconsolato delle mani. “Cosa dobbiamo fare? Da dove cominciamo a conoscerci sul serio? È come se, in te, io avessi incontrato le mie più riposte fantasie diventate realtà, il mio sogno più segreto divenuto concreto. Sono stordita, affascinata, ma non posso vivere solo in base a queste emozioni. Non voglio essere la Lady di Shalott, vedere l’amore come un’immagine riflessa nel mio specchio. Voglio vedere ‘te’, voglio conoscerti. Come voglio che tu veda e conosca me, in piena luce, senza illusioni. Non so se tu riesca a farlo. Non so se tu non mi scruti attraverso la stessa cortina incantata che io ho davanti agli occhi. ‘Siamo persone vere, Richard’. Abbiamo vite vere e dobbiamo affrontarle in maniera realistica, se vogliamo divìderle.”
Nonostante i suoi dubbi, mi è parso rassicurante scoprire che anche lei nutriva le mie stesse speranze. Ma non ho osato dirglielo, nel timore che pensasse di vedersi scimmiottata; così, mi sono limitato a commentare: — Sono d’accordo.
— Ad esempio — ha continuato lei — parliamo del mio lavoro. Tu non mi chiederesti mai di lasciarlo, vero?
— Lasciare il tuo lavoro? — L’ho fissata, stupefatto. — Posso essere invasato dall’amore, ma non sono completamente pazzo, Elise. Privare il mondo di ciò che tu puoi offrirgli? Dio onnipotente, non ci penserei mai. Tu sei splendida.
Il suo sollievo non mi è parso totale. — Allora ti aspetti che interpreti solo quello che scrivi tu?
Ho dovuto ridere. — “Elise”. — L’idea mi divertiva, ma forse lei la trovava un po’ meno ridicola, perché si è irrigidita. — Per tutto questo tempo hai continuato a pensare che dietro ogni mia parola, ogni mio gesto, si nascondessero le ambizioni di un commediografo dilettante?
Immediatamente, un’ombra di tristezza sul suo volto. Mi ha teso la mano, e io l’ho presa. — Oh, amore, perdonami — ha detto.
Le ho sorriso. — Non c’è niente da perdonare. Sono cose di cui è necessario parlare. Non dobbiamo nasconderci nulla. Ti dirò, francamente, che per ora non so come mi guadagnerò da vivere, ma di certo non mi affiderò a opere teatrali interpretate da te, di questo puoi essere certa. Forse non scriverò più niente per il teatro. Magari scriverò libri. Perché “so” scrivere. Discretamente.
— Ne sono sicura. Solo…
— Cosa? — Ho chiesto, vedendo che lei non proseguiva.
Le sue dita si sono strette sulle mie. — Qualunque cosa tu possa fare — ha detto — e da qualunque luogo tu sia venuto, adesso che sei qui… — Mi ha scrutato con occhi ansiosi. — “Ti prego, non lasciarmi”.
L’aria era quasi immobile mentre passeggiavamo sulla spiaggia. Io le tenevo il braccio attorno alla vita.
— Continuo a ripeterti che dobbiamo essere realisti — ha detto lei. — Eppure mi aggrappo alla natura di sogno di tutto questo. Sono terribilmente stramba, Richard?
— No. Certo che no. Il nostro rapporto “possiede” una natura di sogno. La avverto anch’io.
Lei si è appoggiata a me con un sospiro. — Spero di non svegliarmi mai.
Le ho sorriso. — Non ci sveglieremo.
— Ho “davvero” sognato di te — mi ha confessato. — Dormendo, e da sveglia. Mi sono detta che stavo solo desiderando la realizzazione di un mio desiderio interiore, ma questo non ha fermato i sogni. Mi sono detta che era solo una reazione alla profezia di quell’indiana, alle predizioni di Marie. Anche negli ultimi giorni, quando ti attendevo coscientemente, quando mi aspettavo di vederti ogni volta che uscivo in spiaggia, mi sono ripetuta che si trattava soltanto della mia immaginazione. Ma non potevo convincermi.
— Ne sono lieto.
— Richard, cos’è questo mistero che ci ha portati a incontrarci? Vorrei sapere, e contemporaneamente non voglio. Anzi, mi sembra una follia tentare di risolvere l’enigma. Perché dovrei sapere? Cosa può essere più importante del fatto di stare con te? Cosa può contare, al di là del mio amore per te, del tuo amore per me?
Le sue parole hanno cancellato ogni ansia dalla mia mente. — Nient’altro conta, Elise. Tutto il resto può aspettare.
— Sì — ha detto lei, decisa. — Che aspetti.
Ci siamo fermati, ci siamo girati a guardarci. Ci siamo abbracciati e baciati, e null’altro aveva importanza, nel mondo intero.
Almeno sino alla fine del bacio. — No — ha detto lei, con finta severità. — Se devo diventare la signora Collier, esigo che tu sappia che persona terribile stai per sposare.
— Dimmi. — Ho tentato di assumere un tono inflessibile. — Oh, torna a parlare, radioso angelo.
Sono scoppiato a ridere, ed Elise mi ha pizzicato il braccio. — Ti conviene essere serio, giovanotto. — Scherzava, ma in sottofondo si intuiva una basilare sincerità. — Tu ti illudi di avere davanti un’esistenza deliziosa, scommetto.
— Non è così?
— “No”. — Mi ha puntato contro un indice ammonitore. — Sarai il marito di una maniaca del perfezionismo che ti porterà alla bottiglia. — Ha soffocato il sorriso divertito che minacciava di incrinare la sua serietà. — Ti rendi conto, caro signore, che ho preparato un rigido programma per il mio matrimonio, nel caso mi fossi sposata? Un “programma!” La mia mente ha elaborato ogni singolo dettaglio del matrimonio come un architetto progetta una casa. — Il sorriso malandrino si è riaffacciato. — Una casa che sarebbe crollata subito, ne sono certa, ammesso che qualcuno la costruisse.