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«Non immaginavo che aveste intenzione di andare così a fondo.» Adesso la voce di Anne era più amabile. «Bene, venite nel mio ufficio a parlarne.»

« Volentieri.» Jerome si alzò, e fece un cordiale cenno a Crodwell che si affrettò a voltare la testa. Mentre seguiva Anne, aspirando un’invisibile scia di profumo francese, Jerome fu ancora una volta colpito dalla sua avvenenza. Solo dieci anni li dividevano, e tuttavia lei riusciva a personificare freschezza e vitalità, mentre sembrava che lui fosse precipitato direttamente dalla gioventù nella mezza età. Forse se avesse continuato con le lenti a contatto, come aveva sempre insistito Carla, e si fosse tenuto in forma, e avesse imparato a vestirsi in modo più giovanile, e avesse avuto più mezzi… L’elenco poteva continuare all’infinito, ed era assolutamente inutile. Nel suo ufficio, Anne lo interrogò minuziosamente sulla credibilità di Maeve Starzynski come testimone e sulle circostanze relative a quella strana morte. Jerome le raccontò tutto, sottolineando gli aspetti inesplicabili dei caso.

« Potrebbe andar bene per il giornale» disse Anne quando lui ebbe terminato. «A quanto pare siamo solo noi a occuparci del caso, e ci sono buone probabilità di avere l’esclusiva. Vi do oggi e domani per scrivere un buon articolo a forti tinte, evidenziando gli aspetti per cui mi avevate preso per matta. Fate qualche buona foto, specie della mano, e collegate il caso Starzynski a tutti quelli classici di cui siete a conoscenza… Vi metterò a disposizione un’intera pagina venerdì… Ma cos’avete, Ray?»

« Non vedo come l’articolo possa essere ridotto a una sola pagina.»

«Perché no?»

« È un argomento troppo vasto. Ci vorrebbero intere pagine solo per esaminare le possibili cause, e poi c’è…»

«Non dovete scrivere un libro» tagliò corto bruscamente Anne. «Non esistono spiegazioni scientifiche per la CUS. Questo è il succo della questione… si tratta di un evento soprannaturale.»

«Vi rendete conto di quello che avete…?» Jerome sospirò forte. «Anne, deve esistere una spiegazione. Ogni effetto deriva da una causa.»

«Questo è un modo di pensare dell’Ottocento. Gli scienziati moderni affrontano i problemi da un’altra visuale.»

«Questo non l’avevo mai sentito. Nominatemi un solo scienziato che l’abbia detto.»

«Be’, per cominciare ammettono l’esistenza di cose che non sono in grado di spiegare.»

«Già, però ammetterlo non significa che la spiegazione non esista.»

«Ditemi una cosa» disse Anne, che cominciava ad accalorarsi. «Qualcuno ha mai trovato una spiegazione scientifica della CUS?»

«Ah… No, che io sappia.»

«E voi pretendereste di trovarla dall’oggi al domani?»

«Non credo che ci riuscirei.»

«E allora perché, in nome di Dio, sprecate il mio tempo e il vostro in speculazioni inutili? Volete scrivere la storia come vi ho detto o preferite che passi l’incarico a Cordwell?»

«Farò come volete» rispose Jerome stando sulle sue. «Apprezzo il vostro interesse personale per l’argomento.»

Si alzò, e uscì cercando di mantenere un atteggiamento il più possibile dignitoso, e tornò alla scrivania meravigliandosi di essere riuscito a tenere testa ad Anne, e a sostenere il proprio punto di vista. Dimenticando che, in fondo, era riuscito sconfitto dal colloquio, si mise a canticchiare un motivo di Gilbert e Sullivan mentre riprendeva a consultare l’archivio. Per qualche minuto fu un po’ distratto dal risentimento nei confronti di Anne Kruger, ma poco a poco si isolò dall’ambiente concentrandosi sull’argomento che gli stava a cuore.

Ancora una volta rimase sorpreso nel constatare che alcuni fatti risalivano a parecchi secoli. Il primo esempio dettagliato che trovò era avvenuto a Rheims nel 1725, e fin dal 1763 un francese — Jonas Dupont — aveva raccolto un numero sufficiente di casi da riunirli in un libro che aveva intitolato De Incendiis Corporis Humani Spontaneis, primo resoconto completo del fenomeno. Jerome si era aspettato di trovare una certa qual indeterminatezza, un che di apocrifico nei resoconti, ma fin dal principio risultò che le testimonianze — in previsione di scetticismo da parte dei lettori — erano accurate e positive. Date, nomi e indirizzi erano citati e facilmente verificabili. Non c’era niente tipo “La signora Rossi di X”, cioè quel tipo di testimonianze vaghe e inattendibili, in cui Jerome si era più volte imbattuto in molti libri e riviste. Spaziati nel tempo, cambiando solo alcuni particolari, quei resoconti raccontavano la stessa storia di un fatto orribile, inesplicabile e spaventoso, che minacciava di minare le fondamenta della sua fede nell’essenziale razionalità dell’universo.

Uno degli aspetti che più lo turbò fu che i casi di autocombustione spontanea si erano verificati nei luoghi più disparati. Anche altri che si erano occupati del fenomeno erano stati colpiti da questo particolare, perché dai vari resoconti risultava che i ricercatori avevano tentato più volte e invano di trovare uno schema, un qualsiasi legame fra le vittime. Nel 18° e nel 19° secolo si pensava che una causale delle morti per autocombustione spontanea fosse l’alcolismo… non per chi beveva vino o birra, ma per quelli che eccedevano coi liquori. Jerome capiva come si tendesse ad attribuire la causa della CUS al pesante consumo di “spiriti ardenti”, cosa che del resto pareva un fattore comune nei primi casi, ma non poteva trovarsi d’accordo sapendo che a quei tempi molti — specie nei ceti più bassi — si davano al bere per trovare sollievo alle loro misere condizioni. Nei tempi più recenti, poi, si moltiplicavano i casi di bevitori moderati e anche di astemi che erano morti nello stesso orribile modo.

Continuando a leggere i dati che gli forniva il computer, Jerome vide che erano stati presi via via in considerazione altri fattori per cercare un collegamento, un punto in comune fra le vittime, ma anche queste ipotesi erano state scartate. In un certo periodo si propendeva a credere che le vittime predestinate fossero in prevalenza donne anziane, in altri gli obesi, o i fumatori di pipa, ma col presentarsi di nuovi e diversi casi, tutte queste ipotesi erano state accantonate. Un fattore che destò istintivamente l’interesse di Jerome fu il fatto che le vittime erano tipi poco socievoli, che in molti casi vivevano sole, ma anche questa ennesima ipotesi dovette essere scartata. C’erano molti esempi di uomini, donne, e perfino bambini che avevano preso improvvisamente fuoco in presenza di altri, e si erano ridotti in cenere nel giro di pochi minuti. Morti per autocombustione si erano verificate in sale da ballo, a bordo di imbarcazioni e automobili, negli stadi. Nel 1982 a Chicago e a Montreal nel 1994 — tanto per fare due esempi — due persone avevano preso spontaneamente fuoco mentre camminavano per strada.

Nel corso della sua indagine Jerome provò a volte un senso di reazione istintiva, una specie di ribellione personale verso l’argomento. Non può esser vero, pensava. Questa è roba inventata da una fantasia morbosa.

Ma le foto erano lì a dimostrare che aveva torto.

Le immagini, una penosa parata, erano fotografate con una precisione e una chiarezza che contemporaneamente ripugnava all’occhio e lo invitava a cercare altri orrori… Inoltre le immagini si somigliavano fra loro in modo impressionante. Jerome rimase attonito alla vista dei mucchietti di cenere i cui unici rapporti riconoscibili con l’umanità erano alcuni particolari; un piede infilato in una pantofola, una mano che sembrava un guanto gettato via.

Quando ebbe esaminato tutto il materiale di cui disponeva l’Examiner arrivò a un’unica conclusione: l’unico schema era l’assoluta mancanza di uno schema. Era costretto ad accettare il fatto che chiunque poteva improvvisamente venire divorato dal fuoco in qualsiasi posto e in qualsiasi momento. Tutto dimostrava che si trattava di un evento che si verificava a caso, senza che le condizioni fisiche, materiali, ambientali o sociali delle vittime avessero una pur minima influenza… e Jerome si rifiutava di accettarlo.