Bogey sorrise appena. «Il mio visto di transito? Potrei sempre prendermi una vacanza. Ma non fa nessuna differenza, quanto alla nostra scommessa. Mi devi sempre diecimila franchi.»
Rains inarcò le ciglia. «E diecimila franchi dovrebbero pagare le nostre spese.»
«Le nostre spese?» chiese Bogey, sorpreso.
Rains annuì. «Ah-ah.»
Lloyd guardò le loro schiene che si allontanavano nella notte. «Louis,» dice Bogart, con una voce fuori campo che Lloyd sapeva essere stata aggiunta in post-produzione, «questo potrebbe essere l’inizio di una splendida amicizia.»
«Vede?» disse Lloyd, tornando a fissare la telecamera, e Shaw. «Lei può benissimo vedere Sam che suona As Time Goes By per Rick, ma il finale è già fissato. La prima volta che vede Casablanca, lei se ne sta seduto in punta di poltrona domandandosi se Ilsa andrà con Victor Laszlo o se invece resterà con Rick Blaine. Ma la risposta è sempre stata, e sempre sarà, la stessa: in questo mondo impazzito i problemi di due persone insignificanti non contano un fico secco.»
«Lei sta dicendo che il futuro è immutabile come il passato?» chiese Shaw, apparendo più perplesso di quanto fosse di solito.
«Esattamente.»
«Ma, dottor Simcoe, con tutto il dovuto rispetto, questo sembra non avere senso. Voglio dire, e il libero arbitrio?»
Lloyd incrociò le braccia sul petto. «Non esiste una cosa come il libero arbitrio.»
«Ma certo che esiste» ribatté Shaw.
Lloyd sorrise. «Sapevo che lo avrebbe detto. 0, più precisamente, chiunque guardi i nostri cubi di Minkowski dall’esterno sapeva che lo avrebbe detto… perché era già scolpito nella pietra.»
«Ma come può essere? Noi prendiamo un milione di decisioni al giorno; ognuna di esse modella il nostro futuro.» «Lei ha preso un milione di decisioni ieri, ma esse sono immutabili… non c’è modo di cambiarle, per quanto possiamo pentirci di alcune di esse. E prenderà un milione di decisioni domani. Non c’è nessuna differenza. Lei crede di avere il libero arbitrio, ma non ce l’ha.»
«Allora, vediamo se ho capito bene, dottor Simcoe. Lei contesta che le visioni siano solo uno dei possibili futuri. Sono invece del futuro… l’unico che esiste.»
«Assolutamente. Noi viviamo realmente in un universo che è come il cubo di Minkowski e il concetto di ‘adesso’ è davvero un’illusione. Il futuro, il presente e il passato sono ugualmente reali e ugualmente immutabili.»
«Dottor Simcoe?»
13
Era pomeriggio tardi; Lloyd aveva finalmente concluso l’ultima intervista della giornata, e anche se aveva una pila di rapporti da leggere prima di andare a dormire, in quel momento stava percorrendo una delle grigie stradine di St. Genis. Era diretto verso un forno e un negozio di formaggi, per acquistare del pane e una porzione di Appenzeller, la sua colazione dell’indomani.
Un uomo massiccio sui trentacinque anni gli si avvicinò. Portava gli occhiali — cosa ragionevolmente insolita nel mondo evoluto in cui la correzione tramite laser era stata così perfezionata — e un maglione blu scuro. Aveva i capelli tagliati abbastanza corti, come quelli di Lloyd.
Lloyd avvertì una fitta di panico. Probabilmente era sconsiderato stare da solo in pubblico dopo che il mondo aveva visto la sua faccia alla TV. Guardò a destra e a sinistra, valutando eventuali vie di fuga. Non ce n’erano. «Sì?» disse, esitante.
«Il dottor Lloyd Simcoe?» L’uomo parlava inglese, ma con un accento francese.
Lloyd deglutì. «Sono io.» L’indomani avrebbe dovuto parlare con Béranger perché gli fornisse una scorta.
All’improvviso la mano dell’uomo trovò quella di Simcoe e cominciò a stringergliela calorosamente. «Dottor Simcoe, io voglio ringraziarla!» L’uomo alzò la mano sinistra, come per prevenire un’obiezione. «Sì, sì, lo so, lei non aveva intenzione di provocare ciò che è successo, e so che molta gente ha sofferto per questo. Ma devo dirglielo, quella visione è stata la cosa più bella che mi sia mai capitata. Ha cambiato del tutto la mia vita.»
«Ah» fece Lloyd, ritirando la mano. «Mi fa piacere.» «Sì, signore, prima di quella visione io ero un uomo diverso. Non ho mai creduto in Dio… mai, nemmeno da bambino. Ma nella mia visione io mi trovavo in una chiesa, e pregavo insieme a un’intera congregazione di persone.» «La preghiera del mercoledì sera?» «È proprio ciò che ho detto, dottor Simcoe! Voglio dire, non nel momento in cui avevo la visione, ma più tardi, dopo che hanno annunciato sui notiziari a quale periodo si riferivano le visioni. La preghiera del mercoledì sera! Io! Io, fra tanta gente! Be’, non potevo negare che stava accadendo, che in qualche momento fra adesso e allora io avrei trovato la mia strada. Così ho preso una Bibbia… sono andato in una libreria e ne ho comprata una. Non avrei mai pensato che ce ne fossero così tante edizioni! E tante traduzioni diverse! Comunque ne ho scelta una di quelle che avevano le vere parole di Gesù stampate in rosso e ho cominciato a leggerla. Mi sono detto, ma sì, tanto prima o poi dovrò farlo, tanto vale vedere di che si tratta. E ho continuato a leggere… ho letto anche tutte quelle discendenze, tutti quegli splendidi nomi, così musicali: Obadia. Gebedia… che nomi straordinari! Oh, certo, dottor Simcoe, se non avessi avuto la visione, dopo ventuno anni avrei trovato comunque la strada, ma lei mi ha consentito di trovarla adesso, nel 2009. Non mi sono mai sentito così in pace, così amato. Lei mi ha fatto davvero un grande favore.»
Lloyd non seppe che cosa dire. «Grazie.» «No, signore… grazie a lei!» E tornò a stringergli vigorosamente la mano, poi proseguì rapidamente per la sua via.
Lloyd tornò a casa verso le nove di sera. Gli mancava molto Michiko e pensò di telefonarle, ma a Tokyo erano le cinque di mattina… troppo presto per chiamare. Ripose il pane e il formaggio e si sedette per guardare un po’ di televisione, per rilassarsi qualche minuto prima di esaminare la pila di rapporti.
Scorse i canali finché fu attratto da qualcosa su un notiziario della TV svizzera: una discussione sul Cronolampo. La conduttrice era in collegamento via satellite con gli Stati Uniti. Lloyd riconobbe l’uomo intervistato dalla grande criniera di capelli bruno rossicci: l’Incredibile Alexander, maestro di illusionismo e detrattore dei supposti poteri psichici. Lloyd lo aveva visto diverse volte in televisione, anche nel suo Tonight Show. Si chiamava Raymond Alexander ed era professore alla Duke.
L’intervista aveva evidentemente subito qualche aggiunta in fase di post-produzione: la giornalista parlava in francese, ma Alexander rispondeva in inglese, e la voce dell’interprete si sovrapponeva alla sua, fornendo la versione francese di ciò che stava dicendo l’americano. Le vere parole di Alexander si sentivano appena in sottofondo.
«Lei avrà certamente sentito» disse l’intervistatrice «l’affermazione di quel tipo del CERN secondo cui le visioni mostrano il solo e unico vero futuro.»
Lloyd si drizzò a sedere.
«Oui,» disse la voce del traduttore. «Ma questo è palesemente assurdo. Si può facilmente dimostrare che il futuro è malleabile.» Alexander si agitò sulla sedia. «Nella mia visione mi trovavo a casa mia. E sulla scrivania, allora come adesso, c’era questo.» Nello studio, di fronte a lui, c’era un tavolo. Alexander allungò la mano e prese un fermacarte. La telecamera zumò sull’oggetto: era un blocco di malachite con sopra un piccolo triceratopo d’oro.