Alla fine Carly si fermò. Era giunta di fronte a una porta. Da un lato c’era un manicotto antincendio arrotolato dietro un vetro protettivo, dall’altro una fontanella. Carly bussò. Non vi fu risposta, così lei girò la maniglia e aprì la porta. Entrò e, con un dito ripiegato e un sorriso, indicò a Jake di seguirla. Lui lo fece e, una volta dentro, Carly richiuse la porta dietro di loro.
«Allora?» disse Carly.
Jake alzò le spalle, senza capire.
«Non lo riconosci?» gli chiese Carly.
Jake si guardò intorno. Era un laboratorio spazioso, con le pareti beige e…
Oh, mio Dio!
Sì, le pareti adesso erano beige, ma nel corso dei successivi vent’anni sarebbero state ridipinte di giallo…
Era la sala della visione. C’era il grafico della tavola periodica degli elementi, proprio come lo aveva visto lui. E quel banco da lavoro proprio lì… il banco su cui avevano fatto l’amore.
Jake si sentì arrossire.
«Proprio quello, eh?» disse Carly.
«Proprio quello» confermò Jake.
Naturalmente non potevano inaugurarlo proprio in quel momento; si era nel bel mezzo della giornata lavorativa…
Ma la sua visione… insomma, se il calcolo del tempo era corretto, si era verificata alle sette e ventuno, ora di Ginevra, che corrispondeva a… alle due e ventuno, ora di New York e, vediamo, alle dodici e ventuno ora di Vancouver. Undici e ventuno del mattino… di mercoledì. Come erano riusciti a fare l’amore a quell’ora, in un giorno lavorativo? Oh, certo, le abitudini sessuali avrebbero continuato a diventare sempre più libere nel corso dei prossimi vent’anni, come era successo nei precedenti cinquanta, ma di certo anche nel lontano 2030 non doveva essere facile farsi una scopata con la propria donna in pieno orario d’ufficio. Ma forse il 23 ottobre 2030 era festa; magari tutti gli altri erano a casa. Jake ricordava vagamente che in Canada il Giorno del ringraziamento cadeva in qualche giorno di ottobre.
Camminò per la sala, paragonando la realtà presente con quella che gli aveva mostrato la sua visione. C’era una doccia d’emergenza, abbastanza comune in laboratori dove si usavano prodotti chimici, degli armadietti per l’apparecchiatura e una piccola workstation. Nella visione, in quello stesso punto, c’era stato un personal computer, ma naturalmente era un modellò del tutto differente. E lì accanto…
Lì accanto c’era stato un congegno di forma cubica, di circa mezzo metro di lato, con due lamine piatte che spuntavano dalla faccia superiore, L’una di fronte all’altra.
«Quella cosa che era lì» disse Jake. «Voglio dire, quella cosa che sarà lì. Hai idea di che cosa sia?»
«Forse un Collisore tachioni-tardioni»
Jake sollevò le sopracciglia. «Potrebbe…»
La porta del laboratorio si spalancò ed entrò un grosso canadese. «Oh, scusatemi» disse. «Non volevo disturbare.» «Nessun disturbo» disse Carly, che poi sorrise a Jake. «Torneremo più tardi.»
«Vuoi la prova?» disse Michiko. «Tu vuoi sapere con sicurezza se ci sposeremo? C’è un solo modo per saperlo.»
Lloyd si trovava da solo nel suo ufficio al CERN, a esaminare una serie di tabulati sull’attendibilità del ciclo di operazioni dell’anno prima a 14-TeV, in cerca di una qualsiasi indicazione di instabilità precedente alla prima operazione a 1.150-TeV… quella che aveva provocato la dislocazione temporale. Michiko entrò in quel momento, e quelle furono le sue prime parole.
Lloyd la fissò con aria corrucciata. «Un modo per saperlo? Quale?»
«Ripeti l’esperimento, e vedi se ottieni gli stessi risultati.»
«Non possiamo farlo» disse Lloyd, sbalordito. Stava pensando a tutte le persone che erano morte l’ultima volta. Lui non aveva mai creduto nella filosofia del ‘ci sono cose che il genere umano non deve sapere’, ma se c’era un test che non andava proprio ripetuto, era certamente quello.
«Naturalmente bisognerà annunciare in anticipo il nuovo tentativo» disse Michiko. «Avvisare tutti, accertarsi che nessuno stia volando, stia nuotando, si trovi su una scala. Accertarsi che l’intera razza umana se ne stia seduta o sdraiata quando la cosa avverrà.»
«Non c’è modo di farlo.»
«E invece c’è» ribattè lei. «CNN. NHK. BBC. CBC.»
«Ci sono posti nel mondo in cui ancora non arriva la televisione, e nemmeno la radio, se è per questo. Non saremmo in grado di avvisare tutti.»
«Non sarebbe facile avvisare tutti,» disse Michiko «ma si potrebbe fare, certamente con una percentuale di successo del novantanove per cento.»
Lloyd aggrottò la fronte. «Novantanove per cento, eh? Ci sono sette miliardi di persone. Se anche ci mancasse quell’uno per cento, significherebbe pur sempre settanta milioni di persone da avvisare.»
«Potremmo fare di meglio. Ne sono sicura. Forse avremmo dei problemi con qualche centinaio di migliaia di persone che non possono essere informate… e, diciamoci la verità, quelle poche centinaia di migliaia si troverebbero comunque in aree non tecnologiche. Non c’è nessuna possibilità che guidino automobili o pilotino aeroplani.»
«Potrebbero essere mangiate dagli animali.»
Michiko tagliò corto. «Davvero? Interessante concetto. Mi pare che gli animali non abbiano perso conoscenza durante il Cronolampo, vero?»
Lloyd si grattò la testa. «Di certo non abbiamo visto le strade piene di uccelli caduti dal cielo. E poi, a quanto ci risulta, nessuno ha trovato giraffe che si sono spezzate le zampe cadendo. L’impressione è stata che il fenomeno fosse legato alla consapevolezza; ho letto sul Tribune che gli scimpanzé e i gorilla, interrogati col linguaggio dei segni, hanno riferito di una specie di effetto — molti hanno affermato di trovarsi in posti differenti — ma non avevano a disposizione il vocabolario e il sistema psicologico di riferimenti per confermare o negare di avere effettivamente visto il loro futuro.»
«Non importa; in ogni caso quasi tutti gli animali selvaggi non mangiano le prede prive di sensi; pensano che siano morte, e la selezione naturale ha eliminato da tempo l’abitudine di mangiare carogne in molte forme di vita. No, io sono sicura che potremmo raggiungere quasi tutti, e comunque i pochi che non dovessimo raggiungere è assai improbabile che si trovino in una situazione di rischio.»
«Tutto giusto,» disse Lloyd «ma non possiamo semplicemente annunciare che abbiamo intenzione di ripetere l’esperimento. Ci bloccherebbero le autorità svizzere o quelle francesi, se non lo facesse prima nessun altro.»
«No, se riusciamo ad avere il permesso. Se riusciamo ad avere il permesso da tutti.»
«Oh, andiamo! Gli scienziati possono essere curiosi sulla riproducibilità o meno di un evento, ma che cosa dovrebbe importare a tutti gli altri? Perché il mondo dovrebbe concedere il permesso? A meno che, naturalmente, non gli faccia comodo riprodurre i risultati per confermare la mia colpevolezza, o quella del CERN.»
Michiko sbatté gli occhi. «Tu non rifletti, Lloyd. Tutti desiderano dare un’altra occhiata al futuro. Noi non siamo i soli con una situazione in sospeso dopo la visione. La gente vuole sapere di più sul suo domani. Se tu gli dici che puoi offrigli una nuova occhiata al futuro, nessuno ti metterà i bastoni fra le ruote. Al contrario, smuoveranno mari e monti perché questo avvenga.»
Lloyd rimase in silenzio, riflettendo su quelle parole. «Ne sei convinta?» disse alla fine. «Io sarei portato a credere che ci sarebbe un bel po’ di resistenza.»
«No, tutti sono curiosi. Tu non vuoi sapere chi era quella donna?» Una pausa. «Non vuoi sapere per certo chi era il padre della bambina con cui mi trovavo? Inoltre, se tu ti sbagli sull’immutabilità del futuro, allora forse tutti vedremo un domani completamente diverso, uno nel quale Theo non muore. O magari avremo la visione fugace di un altro tempo: cinque anni più avanti, o cinquanta. Ma il punto è che non c’è una persona al mondo che non vorrebbe una nuova visione.»