Se solo Dimitrios avesse fatto la stessa cosa.
Camminando si ritrovò davanti al suo ufficio. C’era qualcuno che doveva chiamare, qualcuno che doveva venirlo a sapere da un amico, prima che la cosa gli esplodesse in faccia sui media di tutto il mondo.
Le parole di Michiko rimasero sospese fra loro. «Che facciamo?»
Era ora, Lloyd lo sapeva. Era ora che l’inquadratura giusta venisse illuminata; era il momento della verità, il momento in cui gli sarebbe stata rivelata la decisione che lo spaziotempo aveva registrato. Guardò gli occhi di Michiko, aprì la bocca e…
Rrrring! Rrrring!
Lloyd imprecò, diede un’occhiata al telefono. Il codice sul display diceva ‘LHC CERN’. Nessuno avrebbe chiamato così tardi dall’ufficio se non si fosse trattato di un’emergenza. Prese la cornetta. «Si?»
«Lloyd, sono Theo.»
Ebbe voglia di dirgli che non era l’ora giusta per telefonare, che richiamasse più tardi, ma prima ancora di riuscire a farlo, Theo lo incalzò.
«Lloyd, ho appena ricevuto una telefonata. Mio fratello Dimitrios è morto.»
«Oh, mio Dio» disse Lloyd. «Oh, mio Dio.»
«Che succede?» gli chiese Michiko, sgranando gli occhi per la preoccupazione.
Lloyd coprì la cornetta. «Il fratello di Theo è morto.»
Michiko si portò una mano alla bocca.
«Si è ucciso» disse Theo al telefono. «Un’overdose di sonnifero.»
«Mi dispiace tanto, Theo» disse Lloyd. «Posso… c’è qualcosa che posso fare?»
«No, no. Niente. Ma ho pensato di fartelo sapere subito.»
Lloyd non comprese dove voleva arrivare Theo. «Ah, grazie» disse, con un accento di confusione nella voce.
«Lloyd, Dimitrios aveva avuto una visione.»
«Che? Oh.» Poi una lunga pausa. «Oh.»
«Me ne ha parlato lui stesso.»
«Deve essersela inventata.»
«Lloyd, era mio fratello, non se l’è inventata.»
«Ma non è possibile…»
«Lo sai che non è stato il solo; ci sono stati anche altri rapporti in tal senso. Ma questo… questo è confortato da prove. Lavorava in un ristorante in Grecia, e il proprietario del ristorante del 2030 lo è anche nel 2009. Ha visto Dim nella sua visione, e Dim ha visto lui. Quando ne parleranno in televisione…»
«Io… ah, merda» disse Lloyd. Il cuore gli batteva forte. «Merda.»
«Mi dispiace» disse Theo. «La stampa ci si butterà a pesce.» Una pausa. «Come ti ho detto, mi è sembrato il caso di fartelo sapere.»
Lloyd cercò di calmarsi. Come poteva essersi sbagliato fino a quel punto? «Grazie» disse alla fine, poi: «Senti, senti, questo non è importante. Tu come stai? Va tutto bene?»
«Me la caverò.»
«Perché se non vuoi restare solo, io e Michiko possiamo venire da te.»
«No, è tutto a posto. Franco Della Robbia è ancora qui al CERN; passerò un po’ di tempo con lui.»
«D’accordo» disse Lloyd. «D’accordo.» Un’altra pausa. «Senti, io devo…»
«Lo so» disse Theo. «Ciao.»
«Ciao.»
Lloyd appoggiò il telefono sulla forcella.
Non aveva mai visto Dimitrios Procopides; anzi, Theo non ne parlava molto spesso. Niente di strano; anche Lloyd parlava raramente di sua sorella Dolly. Alla fin fine, era solo una morte in più dopo una settimana di innumerevoli morti, ma…
«Povero Theo» disse Michiko, scuotendo dolcemente la testa avanti e indietro. «E suo fratello… povero ragazzo.»
Lloyd la fissò. Michiko aveva perso sua figlia ma adesso, per un attimo, aveva trovato spazio nel suo cuore per piangere un uomo che non aveva mai conosciuto.
Il cuore di Lloyd era ancora in subbuglio. Le parole che era stato sul punto di pronunciare prima che squillasse il telefono gli echeggiavano ancora nelle orecchie. E adesso che cosa stava pensando? Che voleva ancora combattere? Che non era ancora pronto a mollare? Che doveva conoscere quella donna bianca, trovarla, incontrarla e fare una scelta sensata, razionale, fra lei e Michiko?
No.
No, non era quello. Non poteva essere quello.
Ciò che stava pensando era: sono un idiota.
E poi pensava: lei è stata incredibilmente paziente.
E poi ancora: forse l’avviso che il matrimonio non poteva durare automaticamente è stata la cosa migliore che potesse capitare. Come ogni coppia, loro avevano dato per scontato che il loro matrimonio durasse ‘finché morte non vi separi’. Ma adesso Lloyd sapeva, dal primo giorno, così come nessuno lo aveva mai saputo, nemmeno gli altri come lui che erano figli di un’unione fallita, che non era necessariamente per sempre. Che sarebbe stato duraturo solo se lui avesse combattuto, e si fosse impegnato allo stremo per renderlo duraturo in ogni momento cosciente della sua vita. Sapeva che se si fosse sposato, quella sarebbe stata la sua priorità. Non la sua carriera, non quel dannato, inafferrabile Nobel, non le pubblicazioni scientifiche, non le amicizie.
Lei. Michiko.
Michiko Komura.
0… o Michiko Simcoe.
Quando era un adolescente, negli anni 70, sembrava che le donne volessero rinunciare per sempre alla sciocca abitudine di assumere il cognome di qualcun altro. Eppure, ancora oggi, quasi tutte prendevano il cognome del marito. Ne aveva già parlato con Michiko e lei aveva affermato che aveva tutta l’intenzione di fare la stessa cosa. Certo, Simcoe non era musicale come Komura, ma si trattava di un piccolo sacrificio.
Ma no.
No, lei non avrebbe dovuto assumere il suo cognome. Quante donne divorziate avevano ancora non il cognome di nascita, ma quello di qualcuno che apparteneva al loro passato, il ricordo quotidiano di errori giovanili, di amori finiti male, di momenti dolorosi? E poi Komura non era il cognome da ragazza di Michiko: lei si chiamava Okawa, e Komura era il cognome di Hiroshi.
Tuttavia doveva conservarlo. Doveva rimanere Komura, perché Lloyd ricordasse, ogni giorno, che lei non gli apparteneva, che doveva lavorare per il loro matrimonio, che il domani era nelle sue mani.
La guardò: guardò la sua carnagione perfetta, i suoi occhi seducenti, i suoi capelli così neri.
Tutte quelle cose, naturalmente, col tempo sarebbero cambiate. Ma lui voleva essere presente, assaporare ogni momento, godere le stagioni della vita insieme a lei.
Sì, insieme a lei.
Lloyd Simcoe fece qualcosa che la prima volta non aveva fatto… oh, ci aveva pensato, allora, ma aveva rigettato l’idea come sciocca, antiquata, non necessaria.
Ma era quello che voleva fare, che aveva bisogno di fare.
Si piegò su un ginocchio.
E prese la mano di Michiko nella sua.
E fissò il suo volto paziente, adorabile.
E disse: «Vuoi sposarmi?»
E Michiko, colta alla sprovvista, sussultò visibilmente.
E poi un sorriso si formò lentamente sul suo viso.
E lei disse, quasi in un bisbiglio: «Sì.»
Lloyd sbatté gli occhi, che gli si velarono.
Li aspettava un futuro glorioso.
22
Era stato sorprendentemente facile convincere Gaston Béranger che il CERN doveva replicare l’esperimento dell’LHC. Del resto lui era convinto che non avessero nulla da perdere e tutto da guadagnare, se il tentativo fosse fallito: sarebbe stato difficilissimo dimostrare la responsabilità del Centro per tutti i danni provocati la prima volta, se il secondo tentativo non avesse prodotto alcuna dislocazione temporale.