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E adesso era il momento della verità.

Lloyd si diresse verso il podio di legno levigato. Il grande sigillo con il globo e la foglia di alloro delle Nazioni Unite si stagliava alle sue spalle. L’aria era secca; Lloyd fu colto da una grande emozione mentre toccava le finiture metalliche del podio. Respirò a fondo, per calmarsi. Poi si piegò verso il microfono: «Vorrei ringraziare…»

Rimase sorpreso nel sentire che la sua voce era stridula. Ma, dannazione, stava parlando ad alcuni fra i politici più potenti del mondo. Deglutì, poi tentò di nuovo. «Vorrei ringraziare il segretario generale Stephen Lewis per avermi consentito di parlare oggi.» Almeno la metà dei delegati ascoltavano la traduzione fornita attraverso cuffie senza fili. «Signore e signori, io sono il dottor Lloyd Simcoe. Sono canadese, ma attualmente vivo in Francia e lavoro al CERN, il Centro europeo per la fisica delle particelle.» Fece una pausa, deglutendo di nuovo. «Come ormai certamente saprete, sembra sia stato un esperimento del CERN a provocare il fenomeno dello spostamento temporale della coscienza. E, signore e signori, io so che sul momento la richiesta vi sembrerà folle, ma sono qui per chiedervi, come rappresentanti dei vostri rispettivi governi, l’autorizzazione a ripetere l’esperimento.»

Vi fu un’esplosione di commenti, una cacofonia di lingue ancora più variate di quelle che si potevano sentire alla mensa del CERN. Naturalmente tutti i delegati sapevano per sommi capi fin dall’inizio quello che Lloyd avrebbe detto… non ci si presenta al cospetto delle Nazioni Unite senza essere passati attraverso una quantità di discussioni preliminari. La sala dell’assemblea generale era gigantesca e semibuia; Lloyd non riusciva nemmeno a distinguere molte delle facce. Tuttavia colse un’espressione di rabbia sul volto di uno dei delegati russi, e qualcosa che assomigliava al terrore su quelli dei delegati tedeschi e giapponesi. Lloyd osservò il segretario generale, un bell’uomo dai capelli bianchi, settantaduenne. Lewis gli rivolse un sorriso di incoraggiamento, e lui proseguì.

«Forse non c’è nessun motivo per farlo» disse Lloyd. «A quanto pare abbiamo le prove innegabili che il futuro rappresentato nella prima serie di visioni non si avvererà… almeno non con esattezza. Tuttavia non v’è dubbio che in quella circostanza moltissime persone hanno avuto delle visioni assai personali.»

Fece una pausa.

«Mi viene in mente il racconto Un canto di Natale, dello scrittore inglese Charles Dickens. Il suo personaggio, Ebenezer Scrooge, ha la visione di un Futuro di là da venire nel quale i risultati delle sue azioni hanno portato all’infelicità molte altre persone, mentre lui stesso è odiato e disprezzato. E naturalmente, questa visione è un’esperienza orribile per lui, se si riferisce all’unico, immutabile futuro. Ma a Scrooge viene detto che, no, il futuro che ha visto è solo l’estrapolazione logica della sua vita, se continuerà a viverla in quel modo. Lui può cambiare in meglio la sua, e le vite di coloro che gli stanno intorno; quell’immagine fuggevole del futuro si rivela così una cosa meravigliosa.»

Bevve un sorso d’acqua, poi continuò.

«Ma la visione di Scrooge si riferiva a un tempo ben determinato: il giorno di Natale. Non tutti abbiamo avuto visioni di eventi significativi; molti di noi hanno visto cose del tutto banali, ambigue in modo avvilente, e almeno un terzo di noi ha visto solo i propri sogni, oppure il buio, nel caso di quelli che erano addormentati durante quei due minuti fra ventuno anni.» Fece un’altra pausa e scrollò le spalle, come se lui stesso non sapesse quale fosse la cosa giusta da fare. «Noi riteniamo di potere replicare l’esperienza delle visioni; possiamo offrire al genere umano un’altra occhiata al futuro.» Sollevò una mano. «So che alcuni governi hanno un atteggiamento diffidente riguardo a queste visioni, e non apprezzano alcune delle cose che in esse sono state rivelate, ma adesso che sappiamo che il futuro non è fisso, io spero che voi ci concederete semplicemente di offrire una volta ancora questo dono, e il beneficio dell’effetto Ebenezer, a tutta la gente della terra. Con la collaborazione di voi, signore e signori, e dei vostri governi, noi siamo convinti di poterlo fare in tutta sicurezza. A voi la decisione.»

Lloyd uscì dalle porte di vetro del palazzo dell’assemblea generale. L’aria di New York gli bruciò gli occhi… dannazione, un giorno o l’altro avrebbero pur dovuto fare qualcosa; dalle visioni risultava che nel 2030 sarebbe stato anche peggio. Il cielo sopra di lui era grigio, attraversato dalle scie degli aerei. Una folla di giornalisti — forse una cinquantina — gli si precipitò incontro, con videocamere e microfoni protesi.

«Dottor Simcoe!» gridò, una donna di mezza età. «Dottor Simcoe! Che succederebbe se la consapevolezza non tornasse più al giorno d’oggi? Se tutti restassimo intrappolati ventuno anni nel futuro?»

Lloyd era stanco. Non si era sentito così nervoso a parlare di fronte alla gente fin dalla discussione per l’esame di laurea. L’unica cosa che voleva era andarsene in albergo, versarsi un bel bicchiere di scotch e infilarsi a letto.

«Non abbiamo motivo di ritenere che una cosa del genere possa verificarsi» rispose. «Sembra che si sia trattato di un fenomeno assolutamente temporaneo, iniziato nel momento in cui abbiamo avviato la collisione delle particelle e concluso nel momento in cui l’abbiamo interrotta.»

«E per quanto riguarda le famiglie di coloro che dovessero morire questa volta? Se la assume lei la responsabilità?»

«E quelli che sono già morti? Non crede di dover loro qualcosa?»

«Tutto questo non è semplicemente un tentativo da parte sua di cercare un po’ di gloria a buon mercato?»

Lloyd respirò a fondo. Era davvero stanco, e aveva un mal di testa feroce. «Signori, signore — uso questi termini in senso lato — voi siete apparentemente abituati a intervistare politici che non possono permettersi di perdere la calma, e così potete rivolgere loro domande con toni da comizio. Be’, io non sono un politico; io sono, tra le altre cose, un docente universitario, e sono abituato a una conversazione civile. Se non siete in grado di rivolgermi domande educate, il nostro incontro finisce qui.»

«Ma, dottor Simcoe… non è forse vero che tutte le morti e le distruzioni sono colpa sua? Non è stato proprio lei a progettare l’esperimento che è riuscito male?»

Lloyd mantenne calmo il tono della voce. «Non sto scherzando, gente. Ho già fatto il pieno di giornalisti; un’altra domanda stronza come questa, e me ne vado.»

Seguì un silenzio perplesso. I giornalisti si guardarono fra loro, poi tornarono a concentrarsi su di lui.

«Ma tutte quelle morti…» cominciò uno.

«Basta così» scattò Lloyd. «Me ne vado.» Cominciò ad allontanarsi.

«Aspetti!» gridò un giornalista. «Si fermi!» strillò un altro.

Lloyd si voltò. «Solo se riuscite a formulare domande intelligenti e civili.»

Dopo un attimo di esitazione, una donna, un’americana di pelle nera, alzò la mano in modo quasi umile.

«Sì?» disse Lloyd, sollevando le sopracciglia.

««Dottor Simcoe, quale decisione pensa che prenderanno le Nazioni Unite?»

Lloyd le rivolse un cenno affermativo, riconoscendo che quella era una domanda accettabile. «Onestamente non ne sono sicuro. Sono intimamente convinto che dovremmo tentare di replicare i risultati… ma io sono uno scienziato, e replicare è il mio pane quotidiano. Io credo che la gente della Terra lo voglia, ma se i loro governanti accetteranno di fare ciò che il popolo desidera, questo non ho modo di saperlo.»

Theo era venuto anche lui a New York, e quella sera condivise con Lloyd i piaceri del buffet di mare dell’Ambassador Grill presso il Plaza-Park Hyatt delle Nazioni Unite.

«Manca poco al compleanno di Michiko» disse Theo, sgranocchiando una chela di aragosta.