Il Conte girò il cavallo e sparì nel sottobosco, lungo un sentiero che Cordelia non avrebbe riconosciuto come tale. Esterhazy e Bothari dovettero unire i loro sforzi per rimetterla in groppa al suo mezzo di trasporto. Piotr mantenne un’andatura moderata, comunque, anche se Cordelia era certa che lo facesse solo per non stancare il suo cavallo. Dopo quel faticoso trotto su per il versante, avanzare al passo fu un sollievo. All’inizio.
Cavalcarono fra gli alberi e i cespugli, oltrepassarono una lunga scarpata e quindi una collina spoglia, dove gli zoccoli dei cavalli scivolavano sulla roccia nuda. Lei aveva gli orecchi tesi al ronzio dei motori antigravità. Quando il primo aereo passò su quella zona, Bothari la condusse in fretta giù per un pendio; qui smontarono e corsero a nascondersi sotto una sporgenza rocciosa, restando al riparo finché il rumore s’allontanò. Tornare su per il versante fu difficile; dovettero procedere a piedi, tirandosi dietro i cavalli su un terreno instabile e sassoso che franava a ogni passo.
Dopo due ore dal principio della fuga era già buio; faceva freddo, e il vento si rafforzò. Le due ore divennero tre, poi quattro, cinque, e a rendere l’oscurità più completa calò una fitta nebbia. Bothari teneva la cavalla di lei accanto al suo e cercava la strada a orecchio per non perdere il contatto con Piotr. Poi cominciò a piovere, un’acquerugiola che rese scivolosa la sella di Cordelia.
Doveva essere circa mezzanotte quando sbucarono in un luogo più aperto, un varco d’ombra fra le ombre, e finalmente Piotr ordinò al gruppetto di fermarsi. Cordelia sedette con la schiena appoggiata a un albero, sfinita e irrigidita, con appena la forza di tenere Gregor fra le braccia. Accovacciato accanto a loro Bothari tagliò a pezzi alcune sbarrette di concentrato che aveva in tasca, il loro unico cibo. E poco dopo, avvolto nella giacca dell’uniforme del sergente, il bambino riuscì a dimenticare il freddo abbastanza da addormentarsi. Sotto il suo peso le gambe di Cordelia persero la sensibilità; ma almeno quel piccolo corpo le teneva caldo.
Dove poteva essere andato Aral? E, quanto a questo, dov’erano e dove stavano andando loro? Cordelia si augurava che Piotr lo sapesse. Con tutte quelle continue deviazioni su e giù per le alture non potevano aver tenuto una velocità superiore ai cinque chilometri all’ora. Davvero Piotr contava di eludere i loro inseguitori allontanandosi così lentamente?
Il vecchio Conte, che s’era seduto sotto l’albero di fronte a lei, si alzò e andò a orinare fra i cespugli. Quando fece ritorno si chinò davanti a lei per guardare Gregor, nel buio quasi assoluto. — Sta dormendo? — sussurrò.
— Sì. Stupefacente, vero?
— Mmh. I giovani — borbottò Piotr. Invidia?
Il suo tono non era ostile come prima, così Cordelia azzardò: — Pensa che Aral sia ad Hassadar, stanotte? — Non ebbe il coraggio di chiedere: «Pensa che sia arrivato vivo ad Hassadar?»
— È arrivato là e se n’è andato, a quest’ora.
— Credevo che avrebbe radunato la guarnigione.
— Radunata e poi dispersa, in cento direzioni diverse. E con chi, fra tutti, è andato l’Imperatore? Vordarian potrà divertirsi a inseguirlo chissà dove. Ma, con un po’ di fortuna, quel traditore non si lascerà sfuggire l’occasione di occupare Hassadar.
— Fortuna?
— Una piccola ma utile diversione. Hassadar non ha alcun valore strategico, né per noi né per lui. Vordarian dovrà stanziare una parte delle sue leali, ma non illimitate, truppe per tenere la città sotto controllo, in una regione dove la guerriglia è una tradizione secolare. Noi sapremo tutto quello che i suoi uomini fanno, ma per loro la popolazione sarà un muro impenetrabile di resistenza passiva.
«E inoltre è la mia capitale. Vordarian occupa con truppe imperiali la capitale del Distretto di un Conte, e molti altri Conti dovranno riflettere sul suo gesto. "Sono io il prossimo?" si chiederà ognuno di loro. Probabilmente Aral si è diretto all’astroporto della Base Tanery. Deve aprire una linea di comunicazione con le forze del Servizio stanziate nello spazio, visto che Vordarian ha in mano il Quartier Generale Imperiale. La lealtà, e quindi la scelta politica degli spaziali, sarà determinante. Dobbiamo presumere che alcuni comandanti d’astronave saranno con lui, ma io prevedo un gran numero di difficoltà tecniche, in specie negli impianti di comunicazione, quando gli incerti cercheranno di capire qual è la parte vincente con cui conviene schierarsi. — Piotr ebbe una risatina macabra, nelle tenebre. — Vordarian è troppo giovane per ricordare la guerra contro Yuri il Folle. Peccato per lui. Col suo colpo a sorpresa è stato abile, si è preso alcuni vantaggi; ma non gli garantisco che potrà prenderne molti altri.
— Ha agito… molto in fretta?
— È stato rapido. A mezzogiorno, quando ero a Vorbarr Sultana, nessuno sembrava aspettarsi niente. Deve aver agito subito dopo la mia partenza.
Un brivido che non aveva a che fare con la pioggia cadde fra loro per un attimo, mentre entrambi ripensavano al motivo per cui Piotr era andato alla capitale quel mattino.
— Vorbarr Sultana ha un grande valore strategico? — domandò subito Cordelia per cambiare argomento. Non voleva riaprire le ostilità.
— In alcune guerre l’ha avuto. Non stavolta. Questa non è una guerra per il territorio. Mi chiedo se Vordarian l’abbia capito. L’obiettivo strategico è la lealtà, la mente degli uomini. Nessun luogo materiale ha più che un’importanza strategica passeggera. Vorbarr Sultana è un centro di comunicazioni, però, e avere in mano le stazioni televisive e i satelliti significa molto. Ma ci sono altri centri, altri impianti, altre risorse.
Noi qui non abbiamo nessuna comunicazione con nessuno, pensò Cordelia. Soltanto con gli alberi e col vento. - Ma se Vordarian è adesso insediato al Quartier Generale…
— Quello che occupa in questo momento, a meno che io non ragioni a vuoto, è solo un grosso edificio pieno di confusione. Dubito che un quarto degli uomini siano ancora ai loro posti, e metà di loro sono lì solo per complottare a favore della parte da cui sperano di avere dei vantaggi. Gli altri stanno pensando a mettersi al sicuro o a portare le loro famiglie fuori città.
— Il capitano Vorpatril… lei crede che Vordarian farà del male a Lord e a Lady Vorpatril? — Alys era quasi al termine della sua gravidanza. L’ultima volta che aveva fatto visita a Cordelia, all’Ospedale Militare Imperiale, camminava pesantemente e il suo addome era molto pronunciato. L’ostetrico le pronosticava un figlio di oltre quattro chili. Ivan, sarebbe stato il suo nome. Alys le aveva descritto la nursery già pronta per accoglierlo, a casa loro, mugolando e massaggiandosi la pancia, e quello era proprio il momento peggiore per…
Quello era il momento peggiore per qualsiasi cosa.
— Padma Vorpatril è in cima alla lista. Vordarian avrà subito spedito una squadra a casa sua. Lui e Aral sono gli ultimi discendenti del Principe Xav… cioè, se qualcuno fosse abbastanza pazzo da rimettere in gioco quella linea di successione al trono. O se accadesse qualcosa a Gregor. Sì, temo che Padma… — Lasciò in sospeso la frase, quasi che così potesse trattenere il suo destino fra i denti.
— Anche Alys e il bambino?
— Alys e le due figlie no. Il bambino sì, purtroppo.
Non era un argomento allegro, sempre che ce ne fosse uno. Il vento, almeno, si stava placando. Cordelia poteva sentire il tranquillo chop-chop-chop dei cavalli che pascolavano l’erba, lì vicino.
— Questi animali non saranno rilevati dai sensori termici? E i nostri corpi, anche se non abbiamo batterie e altre cose addosso? Non vedo come si possa sfuggire a lungo a una ricerca.
— Oh, tutto il bestiame e la gente che vive su queste colline apparirà sui loro strumenti, quando avranno cominciato a puntarli nella direzione giusta.
— Gente? Io non ho visto nessuno.
— Avremo oltrepassato almeno venti fattorie, finora. E in ognuna ci sono capre al pascolo, bovini, cervi rossi e cavalli. Per non parlare dei contadini e dei loro figli, sempre in giro, Siamo fili di paglia in un pagliaio. Tuttavia sarà prudente dividerci, e quanto prima. Se riusciamo ad arrivare a Passo Amie, diciamo per domani a mezzogiorno, avrei un paio di idee.