— Milady! Sergente! — esclamò il vecchio. — Siete vivi, grazie al cielo!
— Così pare — disse Bothari con voce piatta. — Cosa le è successo, maggiore?
— Sono finito fra due squadre di Vordariani, mentre consegnavo la posta in una fattoria. Stanno frugando le colline casa per casa, e iniettano a tutti quelli che incontrano una dose di penta-rapido. Devono averne usato a barili, di quella roba.
— La aspettavamo ieri pomeriggio — disse Cordelia, cercando di non avere un tono accusatore.
Il cappello di feltro di Kly si mosse su e giù. — Sì, questo era il programma, se non fosse stato per le squadre di Vordarian. Non potevo rischiare che mi interrogassero. Dovevo aggirarli. Ho mandato il marito di mia nipote ad avvertirvi, ma lui è arrivato a casa mia dopo mezzogiorno e i soldati erano già lì. Mi sono detto che tutto era perduto. Poi, invece, quando abbiamo visto che al tramonto non se ne andavano, ho ripreso coraggio. Non sarebbero rimasti là, se vi avessero trovati. Così ho pensato di venire da queste parti a dare un’occhiata. Ma non speravo di trovarvi.
Kly fece girare il cavallo e li affiancò. — Qui, sergente, metti il bambino in groppa.
— Posso portarlo in braccio. Credo che sia meglio se fa salire la mia Lady, maggiore. È sfinita.
Fin troppo vero. Cordelia era così stanca che perfino un cavallo le sembrava un dono del cielo. Fra lui e Bothari, Kly riuscì a tirarla sulla groppa calda dell’animale, dietro di sé. Cordelia si aggrappò alla ruvida blusa del postino e ripresero la marcia verso valle.
— Come avete fatto a scappare? — volle sapere Kly.
Cordelia lasciò che a rispondere fosse Bothari, in brevi frasi che il passo rapido con cui doveva star dietro al cavallo rese ancora più succinte. Quando raccontò degli uomini che avevano sentito parlare dal foro d’aerazione, Kly latrò una risata. Subito però il vecchio tacque, guardandosi attorno. — Bene. Staranno laggiù per settimane, se credono di trovarvi nelle caverne. Ottimo lavoro, sergente.
— È stata un’idea di Lady Vorkosigan.
— Ah. — Kly si volse a mezzo, alitando fiato odoroso di foglia-gomma sulla faccia di Cordelia. — Davvero?
— Aral e Piotr sembravano del parere che le diversioni servano a qualcosa — spiegò lei. — Ho pensato che Vordarian non dispone di un illimitato numero di uomini.
— Lei pensa come un soldato, milady — approvò Kly.
Cordelia corrugò le sopracciglia, poco propensa ad apprezzare quel complimento. L’ultima cosa che voleva era pensare come un soldato di Barrayar, giocando al loro gioco con le loro regole. Il militarismo che impregnava la loro esistenza, il loro mondo e i loro rapporti con gli altri era allucinante, e ancora peggio se visto dall’interno com’era costretta a viverlo lei. M’ero illusa che sarei riuscita a camminare sull’acqua?
Kly li portò avanti per altre due ore, deviando continuamente su altri sentieri e stradicciole fangose. Poco prima dell’alba, quand’era ancora buio pesto, giunsero a una lunga baracca, o a una casa di contadini. Era una costruzione simile alla casupola di Kly, ma alquanto più grande, fatta di stanze aggiunte l’una all’altra in periodi successivi e con materiali diversi. Da una finestra usciva la luce gialla e vacillante di una candela fatta in casa.
Una donna di mezz’età dai capelli grigi uniti in una treccia uscì sulla porta, con indosso una giacca sulla camicia da notte, e accennò loro di entrare. Un uomo, anch’egli coi capelli grigi ma più giovane di Kly, prese il suo cavallo e lo portò verso una tettoia sul retro. Il postino fece per seguirlo.
— Siamo al sicuro, qui? — domandò Cordelia, intirizzita. Qui dove, fra l’altro?
Kly scrollò le spalle. — I vordariani hanno già visitato questa casa, due giorni fa. Il marito di mia nipote, qui, dice che nei dintorni non dovrebbero essercene.
La vecchia sbuffò, probabilmente pensando alla perquisizione. — Prima che finiscano con le caverne, tutte le altre fattorie e il lago, ci vorrà un po’ perché tornino da queste parti. Ho sentito dire che stanno ancora calando palombari e macchine sul fondo del lago. Questo posto è sicuro come può esserlo qualunque altro. — Kly annuì e andò a occuparsi del suo cavallo.
In altre parole, poco sicuro come qualunque altro. Bothari si stava già sfilando gli stivali. Doveva avere qualche vescica. In quanto a lei, si sentiva i piedi così gonfi che non avrebbe potuto infilarsi nessuna scarpa meno scalcagnata di quelle babbucce flaccide. E le scarpe di corda di Gregor erano semidistrutte. Non s’era mai trovata così al limite della resistenza fisica, rigida di freddo e dolorante in tutte le ossa, anche se in passato aveva fatto escursioni più lunghe. Era come se la gravidanza interrotta avesse risucchiato energia da lei per trasferirla a un altro. Si lasciò mettere a tavola, mangiò pane e formaggio e poi fu portata a letto in una stanza laterale, su uno stretto giaciglio accanto a Gregor. Quella notte voleva credere d’essere al sicuro come un bambino credeva a Padre Gelo alla Festa d’Inverno, ciecamente, perché aveva scoperto che le incertezze e i dubbi minavano troppo le sue forze.
Il giorno dopo un ragazzino sui dieci anni miseramente vestito uscì dalla boscaglia tirandosi dietro con una corda l’altro cavallo di Kly, il sauro piccolo e grasso. Il postino fece restare fuori vista i tre ospiti mentre pagava il servizio con qualche moneta. Sonia, la non più giovane nipote di Kly, aggiunse alla ricompensa un paio di pagnotte dolci e poi mandò subito via il ragazzo. Gregor, che lo sbirciava dalla finestra, aveva l’aria di invidiare l’aria indipendente e avventurosa con cui si allontanava saltellando sull’erba.
— Non ho osato andare a prenderlo di persona — spiegò Kly a Cordelia. — Vordarian ha tre plotoni di uomini lassù a casa mia, oggi. — Quel pensiero gli strappò una risatina. — Ma il ragazzo non aveva niente da dire a quei bastardi, salvo che il postino non stava bene e aveva bisogno del suo cavallo.
— Non lo avranno interrogato col penta-rapido, per caso?
— Oh, sì.
— Hanno osato questo!
Kly ebbe un sorriso storto nel vedere la sua espressione indignata. — Se Vordarian non riesce a catturare Gregor, il suo colpo di stato rischia di finire male. E lui lo sa. Non c’è niente che non oserebbe fare, a questo punto. — Fece una pausa. — Possiamo esser lieti che la tortura sia stata sostituita da un’iniezione in un braccio, milady, mi creda.
Il marito della nipote di Kly sellò il sauro, quindi agganciò alla sella le quattro grosse borse. Il postino si mise il cappello e salì in arcioni.
— Se non rispettassi il mio orario, al generale non sarebbe facile mettersi in contatto con me — spiegò. — Devo andare. Sono già in ritardo. Ma tornerò. Voi e il bambino restate in casa e cercate di non lasciarvi vedere da nessuno, milady. — Fece girare il cavallo verso la stradicciola e poco dopo sparì fra gli scheletriti alberi rosso-bruni indigeni di Barrayar, oltre una svolta.
Cordelia trovò il consiglio di Kly fin troppo facile da seguire. Nei quattro giorni successivi trascorse la maggior parte del tempo a letto. Le ore scivolavano via rapide in un ottuso silenzio che le intorpidiva i sensi, un torpore privo di pensieri uguale a quello in cui s’era lasciata avvolgere dopo le complicazioni chirurgiche del trasferimento di placenta. La conversazione non la distraeva molto. I montanari erano laconici quanto Bothari. Meno cose uno sapeva, meno poteva dire. I vecchi occhi di Sonia la scrutavano spesso con curiosità, ma la donna non domandava altro che «Ha fame?» o «Vuole che le prepari un po’ di thè?» Cordelia non sapeva neanche il suo cognome.
Il bagno. Dopo il primo, non osò domandarne altri. La vecchia coppia lavorò metà del pomeriggio per portare in casa secchi d’acqua e scaldarne abbastanza per lei e Gregor. I loro semplici pasti erano frutto di lavoro manuale fatto in casa e nei campi. Niente «Per riscaldare, strappare la linguetta» da quelle parti. La tecnologia, il migliore amico della casalinga, lì non c’era. A meno che non apparisse sotto forma di un distruttore neuronico nelle mani di un soldato dagli occhi duri per cui quei contadini erano poco più che animali.