Il colonnello non gli rispose. Si grattò il mento. L’altro ufficiale lasciò andare la camicia da notte della donna e suggerì: — Forse è meglio portarla al Quartier Generale e lasciare che se la sbrighino loro.
La guardia che teneva Lady Vorpatril sogghignò, continuando a premere il ventre contro le natiche di lei. — Mica dobbiamo portarcela subito, no? Voglio dire, non c’è fretta. E questa è carne Vor. Una possibilità che non capita tutti i giorni.
Il colonnello ebbe una smorfia fra disgustata e sarcastica. — Tu sei un pervertito, caporale.
Cordelia si rese conto, sbalordita, che per Bothari la scena non aveva più soltanto un aspetto tattico. Nei suoi occhi c’era una luce strana, fra inorridita e morbosamente affascinata, e gli si era accelerato il respiro. Dai veicoli erano usciti anche il secondo autista e altre due guardie, che assistevano in silenzio.
Ad un tratto il colonnello si slacciò la fondina e impugnò il distruttore neuronico. — No — disse, raggiungendo all’improvviso una decisione che lasciò esterrefatta Cordelia. — No, la finiremo qui, in fretta e pietosamente. Fatti da parte, caporale.
Strana pietà…
La guardia colpì con un calcio i ginocchi di Alys, da dietro, per farle piegare le gambe, e la gettò brutalmente al suolo. Lei protese le braccia, ma non poté salvare il suo addome da un duro colpo sul marciapiede bagnato. Padma Vorpatril, intontito dal penta-rapido, mandò un gemito e si mosse verso di lei. Il colonnello lo ricacciò indietro con una gomitata, puntò il distruttore neuronico sulla donna ed esitò, come incerto se mirare alla testa o all’addome.
— Spara per uccidere! - sibilò Cordelia a Bothari. Balzò fuori dal loro nascondiglio, puntando lo storditore a due mani, e premette il grilletto.
Bothari l’aveva oltrepassata con un balzo da tigre, e il raggio azzurro del suo distruttore neuronico colpì il colonnello ancor prima del raggio sparato da lei. Poi fu una macchia scura che si muoveva nel buio, correndo verso il riparo della più vicina delle due auto. Sparò ancora più volte, crepitanti scintille bluastre che elettrificarono l’aria, e due guardie caddero. Le altre si gettarono dietro i veicoli e risposero al fuoco.
Distesa sul marciapiede Alys Vorpatril sollevò le ginocchia, per proteggersi l’addome con le braccia e con le gambe. Suo marito Padma vacillò storditamente verso di lei e si lasciò cadere carponi, come per abbracciarla o coprirla col suo stesso corpo. In quel momento il tenente, rotolando via da dietro una ruota della vettura in cerca di un riparo migliore, si fermò e alzò il distruttore neuronico, mirando alla testa del Lord.
Quel momento di pausa gli fu fatale, ma purtroppo non gli impedì di sparare. Il distruttore neuronico di Droushnakovi lo investì in pieno con una scarica nello stesso istante in cui anche Cordelia lo colpiva con lo storditore. Dalla pistola dell’uomo era però già scaturito un abbagliante lampo d’energia, dritto verso la nuca di Padma Vorpatril. I capelli dello sventurato arsero in una sola vampa; il suo corpo s’inarcò con una violenta convulsione, e quando cadde di lato ebbe alcuni lunghi fremiti come se soffrisse ancora, ma era già morto. Alys Vorpatril mandò un grido, un verso breve e rauco che le si spezzò in gola. Si alzò sulle mani e sulle ginocchia, e per qualche momento parve congelata fra l’impulso di trascinarsi verso il corpo del marito o fuggire via.
Droushnakovi aveva scelto bene la sua posizione. L’ultima guardia e uno degli autisti riuscirono a ripararsi dai colpi di Bothari, ma non dai suoi. L’altro autista s’era invece gettato dentro una delle vetture; riuscì a metterla in moto e partì a velocità folle. Non andò lontano: in fondo alla strada la pistola a plasma di Koudelka centrò il parabrezza prima che il superstite completasse la curva. Il veicolo sbandò all’esterno, passò dritto fra due furgoncini posteggiati al marciapiede, evitandoli con precisione miracolosa, e si schiantò contro la facciata di un edificio. Dall’abitacolo si levarono lingue di fiamma.
Ecco qui. La nostra intera strategia era basata sulla possibilità di agire in silenzio e senza farci vedere, no? Pensò Cordelia, correndo avanti. Lei e Droushnakovi arrivarono insieme accanto ad Alys Vorpatril; la afferrarono sotto le ascelle e la tirarono in piedi.
— Andiamocene da qui — grugnì Bothari, girando intorno all’altro veicolo. Scavalcò il cadavere di una guardia e si chinò sul corpo di Padma Vorpatril, per spegnere le fiammelle che si levavano dai resti della sua camicia. Cordelia gli fu grata di quel gesto inutile.
— Santo cielo — mormorò Koudelka, che arrivava zoppicando con le borse in mano. Guardò la scena. — Ah, pover’uomo. Vordarian dovrà pagare anche per questo.
La strada era ancora deserta. Non per molto, sospettava Cordelia. Bothari indicò una traversa buia. — Da quella parte. Andiamo.
— Non ci converrebbe prendere quest’auto? — domandò Cordelia.
— No. La rintraccerebbero. E non serve, dove stiamo andando.
Lei non era affatto certa che Alys Vorpatril, sconvolta e tremante, potesse sopportare lo sforzo di tener loro dietro, ma si mise la pistola nella cintura e le passò un braccio intorno alla vita. Drou la sostenne dall’altra parte, sollevandola quasi di peso quando scesero dal marciapiede per seguire il sergente dall’altra parte della strada. Koudelka le sorpassò; adesso erano loro le più lente del gruppo.
Alys stava piangendo, ma non in modo isterico. Si voltò una sola volta a gettare uno sguardo verso il corpo del marito, poi concentrò tutte le sue energie nelle gambe con cupa determinazione. Camminare così svelta era troppo per lei, e doveva afferrarsi l’addome con le mani per non farlo sobbalzare a ogni passo. — Cordelia! — ansimò. Una protesta? Un saluto? Una supplica? Ma non aveva abbastanza fiato, né per lamentarsi né per fare domande.
Erano appena a quattro o cinque isolati di distanza quando Cordelia sentì delle sirene nella zona da cui stavano fuggendo. Ma Bothari si limitò a gettare un’occhiata indietro, senza scomporsi. Svoltarono in un altro vicolo e lei si rese conto che stavano attraversando un quartiere dove l’illuminazione stradale non funzionava, oppure non esisteva affatto. La strada era visibile solo per i riflessi nelle pozzanghere, e la nebbia si stava infittendo.
All’improvviso Alys inciampò, e lei fu sul punto di lasciarla cadere al suolo. Per una trentina di secondi dovettero lasciarla riposare, ansante, piegata in due dal dolore.
Mentre la aiutava a raddrizzarsi Cordelia s’accorse che l’amica aveva l’addome molto duro; la sua camicia da notte era bagnata di un liquido maleodorante. — Santo cielo, hai le doglie? — chiese. Ma la risposta era già fin troppo chiara.
— Sono in travaglio da ieri — mormorò Alys. Sembrava incapace di tenersi eretta. — Credo che mi si siano rotte le acque, poco fa, quando quel bastardo mi ha buttato in terra. A meno che non sia sangue… ma dovrei essere già morta, se fosse tutto sangue… mi fa male, adesso. — Strinse i denti e raddrizzò le spalle, con uno sforzo.
— Quanto le manca? — esclamò Koudelka, allarmato.
— Che ne so? Non sono mica un ostetrico! Le sue supposizioni valgono le mie, Kou! — sbottò Lady Vorpatril. Una fiammella di rabbia, per scacciare la paura e il dolore. Non scaldava molto in quell’umidità.
— Non le manca molto, credo — disse la voce di Bothari, nel buio. — Bisogna fermarci in qualche posto. Muoviamoci.