Lady Vorpatril non poteva correre, ma col loro sostegno riuscì a muovere le gambe in fretta, anche se Cordelia e Droushnakovi dovevano lasciarla fermare ogni due minuti. Poi le doglie si fecero più frequenti, una al minuto.
— Inutile, non arriveremo in tempo — borbottò Bothari, senza spiegare dove avrebbe voluto arrivare. — Aspettate qui. — Scomparve di lato… in un vicolo? Lì sembrava che ci fossero soltanto dei vicoli, freddi e puzzolenti, troppo stretti per il passaggio delle auto. Fino a quel momento avevano incrociato due soli pedoni, che s’erano dovuti accostare al muro per lasciarli proseguire.
— Non può cercare di… trattenerlo? — domandò Koudelka, vedendo che Lady Vorpatril si piegava in due a un’altra fitta. — Dovremmo cercare un medico… o qualcos’altro.
— È per cercare un medico che quello sciocco di Padma si è fatto prendere — mugolò Alys. — Gli avevo detto di non uscire… oh, Dio! — Dopo un momento aggiunse, in un tono discorsivo che sorprese Cordelia: — La prossima volta che ti capiterà di vomitare, caro Kou, prova a tener chiusa la bocca e poi vedremo quanto resisti. È proprio la stessa cosa che stai chiedendo a me. — Si raddrizzò di nuovo, scossa da un tremito violento.
— Non ha bisogno di un medico. Quello che le serve è un posto dove sdraiarsi — disse Bothari dall’oscurità. — Da questa parte.
L’uomo li guidò a una larga porta di legno incorniciata fra solidi montanti di cemento nudo. A giudicare dalla scheggia che Cordelia sentì con un fianco, mentre entravano, Bothari non doveva aveva bussato delicatamente per aprirla. Una volta dentro, appena la porta fu chiusa, Droushnakovi osò tirare fuori una torcia elettrica da una borsa e la accese. Il locale che si videro attorno era completamente vuoto, polveroso. Due porte spalancate, sul fondo, davano in altri locali più interni, silenziosi e disabitati. — Dovremo accontentarci — disse Bothari.
Cordelia si chiese cosa diavolo avrebbero dovuto fare. Lei sapeva tutto sui trasferimenti di placenta, e ora anche sui tagli cesarei, ma in quanto al parto naturale non poteva offrire che consigli teorici. Alys Vorpatril era informata su quello che una donna si aspetta che le accada in una clinica attrezzata. Koudelka e Drou non erano neppure a quello stadio. — Qualcuno di voi ha mai assistito a un parto in condizioni d’emergenza? — domandò.
— Non guardare me. Io sarò un’esperta solo fra un paio d’ore — disse Alys, che malgrado la sofferenza non veniva meno al suo spirito pungente.
Cordelia la guardò negli occhi. — Non sei sola — le garantì con fermezza. Esibire fiducia poteva aiutarla a rilassarsi, almeno. — Ci prenderemo cura di te.
Bothari disse, con una certa riluttanza: — Mia madre faceva la levatrice, fra le altre cose. Qualche volta io andavo con lei e so come si fa. Non è difficile.
Cordelia sbatté le palpebre. Era la prima volta che lui parlava del suo passato; riusciva difficile credere che fosse stato un bambino e avesse avuto una mamma.
Bothari sospirò, rendendosi conto dal modo in cui lo guardavano che questo bastava a metterlo al comando. — Dammi la tua giacca, Kou.
Koudelka si tolse la giacca, mentre Bothari faceva lo stesso, e i due indumenti furono stesi al suolo. Alys venne aiutata a sdraiarsi su di essi. In quella posizione il suo volto riprese un po’ di colore; ma quasi subito le si fermò il respiro e mandò un grido, allorché i muscoli addominali si contrassero ancora.
— Lei si metta qui accanto a me, milady — disse Bothari a Cordelia. Per fare cosa? si domandò lei. Ma lo comprese quando l’uomo sollevò, con mani esitanti, la camicia da notte della partoriente. Mi vuole come meccanismo di controllo. Ma lo scontro a fuoco sembrava aver cancellato del tutto la strana e orribile espressione morbosa che gli era apparsa sul volto, là in quella strada. Per fortuna Alys Vorpatril era troppo assorbita in se stessa per notare che il suo tentativo di mostrare un freddo distacco clinico era piuttosto fallimentare.
— La testa del bambino non si vede ancora — riferì Bothari. — Però manca poco.
Un’altra doglia, un’altra occhiata nella zona, e aggiunse: — Dovrebbe fare in modo di non gridare, Lady Vorpatril. Quelli ci stanno cercando. Capisce?
Lei annuì, e agitò disperatamente una mano in cerca di qualcosa. Drou, intuendo quello che voleva, strappò un pezzo di fodera da una giacca, lo arrotolò e glielo mise fra i denti.
Trascorsero così venti minuti, fra una doglia e l’altra. Alys era sempre più debole e ansimava, con le lacrime agli occhi, incapace di trovare un equilibrio fra il dolore delle contrazioni uterine e la necessità di riprendere fiato. La testa del nascituro apparve, coperta di capelli neri, ma ancora non voleva uscire dalla morsa delle ossa pelviche.
— Quanto tempo credi che ci metterà? — s’informò Koudelka con voce che si sforzava d’essere pacata.
— Penso che non abbia troppa voglia di uscire — disse Bothari. — Dev’essersi accorto che fuori fa freddo, stasera. — La battuta penetrò attraverso la sofferenza di Alys, che non smise di mugolare penosamente ma ebbe uno sguardo di gratitudine. Bothari si chinò a esaminare la dilatazione, le poggiò una mano sull’addome, attese la spinta successiva e la aiutò con una pressione calcolata.
La testa bruna del bambino uscì fra le cosce insanguinate di Lady Vorpatril, senza difficoltà.
— Eccolo qui — disse Bothari in tono soddisfatto. Koudelka mandò un fischio fra i denti, impressionato.
Cordelia prese la testa del piccolo fra le mani e alla contrazione seguente lo estrasse per intero. Il bambino tossì un paio di volte, la sua faccetta acquistò un colore più roseo e d’un tratto emise un vagito acutissimo. Per poco Cordelia non lo lasciò cadere.
Bothari imprecò, gettando un’occhiata alla porta. — Mi dia la sua spada, tenente.
Lady Vorpatril sbarrò gli occhi, inorridita. — No! Dallo a me, lo farò tacere io!
— Non è questo che volevo fare — disse dignitosamente Bothari. — Anche se forse sarebbe un’idea — aggiunse, mentre i vagiti continuavano. Girato verso il muro usò la pistola a plasma per sterilizzare la lama con un colpo a bassa potenza.
All’ultima contrazione addominale il cordone ombelicale fu seguito dalla placenta, che cadde sulla giacca di Koudelka. Cordelia osservò affascinata la fine del supporto nutritivo organico che era stato — ed era ancora — tanto importante nel suo caso. Tempo. Ecco come si sommano gli imprevisti. Di quanto abbiamo diminuito le probabilità di Miles? Stava tradendo suo figlio per salvare il piccolo Ivan? Non così piccolo, comunque; c’era poco da meravigliarsi che avesse dato tante difficoltà a sua madre. Alys doveva essere dotata di ossa pubiche solide quanto la sua volontà, altrimenti non sarebbe uscita viva da una notte come quella.
Quando il cordone ombelicale diventò bianco, Bothari lo tagliò con la spada e Cordelia fece del suo meglio per annodarlo bene. Pulì il bambino con un fazzoletto, lo avvolse in una maglia di lana presa da una borsa e infine lo depose fra le braccia di Alys.
La giovane donna guardò il figlioletto appena nato, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. — Padma diceva… che avrei avuto i medici migliori. Non sapeva quanto… sarebbe stato vero. Ma questo momento io l’avevo sognato con lui vicino a me… vicino a me! Ah, Padma… maledizione, Padma! — Si strinse il figlio al petto e lo cullò un poco. Ad un tratto ebbe un moto di sorpresa e abbassò lo sguardo. — Oh! — esclamò. La bocca del bambino aveva trovato uno dei suoi capezzoli e vi si era immediatamente attaccata con avidità.
— Ottimi riflessi — commentò Bothari.
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
— Per l’amor di Dio, Bothari, non possiamo portarla là! - sibilò Koudelka.
La strada in cui il sergente li aveva condotti era nelle profondità del vecchio quartiere del caravanserraglio. A poca distanza da loro, nell’umida foschia della notte, si ergeva un massiccio edificio a tre piani dalle mura insolitamente spesse. Le imposte di legno stinto erano chiuse, ma qua e là filtravano all’esterno strisce di luce gialla. Una lampada a olio decorativa illuminava una robusta porta di legno verde, l’unica che Cordelia potesse vedere.