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— Non possiamo lasciarla in mezzo a una strada. Ha bisogno di stare al caldo — replicò Bothari. Portava in braccio Lady Vorpatril, che indebolita e tremante si stringeva a lui. — È già tardi. Stanno per chiudere.

— Che razza di posto è questo? — domandò Droushnakovi.

Koudelka si schiarì la gola. — Nell’Era dell’Isolamento, quando il caravanserraglio era il centro di Vorbarr Sultana, qui abitava un Lord. Uno dei principi minori di Casa Vorbarra, credo. Ecco perché a vederla sembra una fortezza. Oggi è… una specie di locanda.

Ah. Così questo è il tuo postribolo, Kou, fu per lasciarsi scappare di bocca Cordelia. Si rivolse a Bothari. — È sicuro? O anche qui tutti sognano di vendere l’anima al migliore offerente?

— Per qualche ora è sicuro — rispose lui. — Non abbiamo più di qualche ora, del resto. — Mise giù Lady Vorpatril, affidandola alle mani di Drou, e andò a bussare alla porta. Poi parlò sottovoce con qualcuno, attraverso uno spioncino. Cordelia si stringeva al petto il piccolo Ivan, tenendolo sotto la blusa per dargli tutto il calore che poteva. Fortunatamente il bambino s’era addormentato ancor prima che uscissero dal vecchio edificio dietro il caravanserraglio. Bothari si girò e fece loro segno di raggiungerlo.

Il corridoio in cui entrarono era una specie di tunnel dal soffitto ad archi, con finestrelle verticali molto più strette all’interno che all’esterno. — Feritoie, per la difesa — spiegò Koudelka. Drou annuì, impressionata dallo spessore dei muri esterni. Ma non c’erano fasci di frecce o pentoloni d’olio bollente ad attenderli. L’uomo che li aveva fatti entrare chiuse la porta e tornò a sedersi davanti a un apparecchio a batterie che trasmetteva un film non barrayarano, probabilmente una registrazione.

Il gruppetto passò in una larga stanza in penombra, una specie di bar-sala da pranzo arredata con spreco di tendaggi colorati. Due donne che indossavano solo la sottoveste, sedute vicino a un largo caminetto dove ardevano braci di legna, si girarono a guardarli con aria indifferente. Un uomo di mezz’età, che beveva vino seduto a un tavolo, non alzò neppure gli occhi dal fondo del bicchiere.

A scortarli nell’interno della casa era venuta una donna alta e magra, che li precedette in un’altra stanza e poi su per le scale senza quasi aprir bocca. Quindici, o forse dieci, anni prima doveva esser stata vivace e di bell’aspetto; ora l’aderente abito rosso intriso di profumo non rendeva un buon servizio alle sue forme ossute. Bothari aveva ripreso in braccio Lady Vorpatril. Koudelka si guardava intorno accigliato, ma sembrava lieto che quella notte ci fosse così poca gente.

Al primo piano la donna li fece entrare in una stanza. — Cambia le lenzuola — mormorò Bothari, senza muoversi verso il letto. La donna annuì e scomparve nel corridoio. Da lì a poco fece ritorno, tirò via le coperte e mise le lenzuola pulite. Soltanto allora il sergente trasferì sul letto Lady Vorpatril. Cordelia le depose il bambino fra le braccia, e lei riuscì a sorriderle, grata.

L’affittacamere (così Cordelia decise di pensare a lei, per amore di Alys) guardò il bambino con un barlume di interesse. — Appena nato, eh? È piuttosto grosso. Tut-tut — disse, accarezzandogli una guancia con un dito.

— E nato due settimane fa — disse seccamente Bothari.

La donna sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi. — Non prendere in giro me, Bothari. Chi credi che assista le mie ragazze, quando partoriscono? Questo signorino è stato sfornato un paio d’ore fa, a dir tanto.

Il sergente gettò uno sguardo preoccupato a Cordelia e si morse le labbra. La donna alzò una mano, seccata. — D’accordo. Due settimane, se qualcuno fa domande.

— Bisogna lasciarla dormire — disse Bothari, — almeno finché non siamo sicuri che non perde sangue.

— Sì, ma non da sola — disse Cordelia. — Risvegliandosi in un posto sconosciuto potrebbe sentirsi disorientata. — Più che sconosciuto, quel posto era praticamente qualcosa di alieno per una donna Vor.

— Resto io con lei, per un po’ — si offrì Droushnakovi, che guardava l’affittacamere come se non le piacesse vederla così vicina al bambino. Dall’occhiata che la ragazza bionda scoccò a Koudelka, Cordelia capì che il suo pietoso tentativo di presentare quella casa come una specie di museo storico l’aveva soltanto irritata. Forse neppure Lady Vorpatril l’avrebbe presa bene quando si sarebbe risvegliata, a mente lucida.

Droushnakovi si lasciò cadere su una poltrona, storcendo il naso all’odore che si levava dall’imbottitura di velluto rosso. Gli altri uscirono. Koudelka entrò in quello che lì aveva la funzione di locale igienico, e poi scese al pianterreno in cerca di qualcosa da mangiare, lasciandoli in un salottino all’inizio del corridoio. L’odore che Cordelia sentiva qua e là suggeriva che nessun edificio del caravanserraglio fosse collegato alle fognature municipali. Non c’erano impianti elettrici né riscaldamento centrale.

Il salottino, illuminato da una lampada a pile appesa al muro, era arredato con un sofà, due poltrone e un tavolo di plastica gialla. Stancamente, Cordelia e Bothari si misero a sedere. Ora che la tensione si rilassava un poco, e che aveva il tempo di guardarlo, si accorse che l’uomo era sporco e malridotto come un accattone. E in quanto a lei, era certa di non avere un aspetto molto migliore.

— Ci sono prostitute, su Colonia Beta? — le domandò Bothari, d’un tratto.

Cordelia si sforzò di non dargli una risposta sarcastica. La voce con cui lui l’aveva chiesto era così stanca da farla apparire una domanda casuale, discorsiva, salvo che Bothari non faceva mai domande casuali. Quanto aveva influito la violenza di quella notte sul suo delicato equilibrio psichico? — Be’… abbiamo i T.S.P.S. — rispose cautamente. — Suppongo che svolgano una funzione sociale equivalente.

— Tiesse Piesse?

— Terapisti Specializzati in Pratiche Sessuali. Bisogna seguire un corso di studio e prendere la licenza governativa. Però è necessario avere anche un diploma di psicoterapista. È una professione che può essere intrapresa da tutte e tre i sessi. Gli ermafroditi sono quelli che guadagnano meglio, e fra l’altro sono anche i più richiesti dai turisti. Non si tratta di… una professione molto considerata, ma non sono neppure dei paria. Voglio dire, non abbiamo paria su Colonia Beta. Un T.S.P.S gode di un rispetto piuttosto modesto, come su Barrayar potrebbe averlo… che so, un sarto, o una parrucchiera. Comunque fornisce un servizio personalizzato, con le sue capacità, la sua inventiva, insomma arricchendolo con le sue doti.

L’idea riuscì a divertire Bothari, che dapprima si accigliò ma infine ebbe un sorrisetto storto. — Soltanto voialtri betani avete la pretesa che una puttana sia laureata in quello che fa. E ci sono… voglio dire, ci sono anche donne che pagano per questo?

— Sicuro. Anche coppie. Il sesso… l’aspetto tecnico della cosa, va imparato. Chi vuole, può fare un po’ di pratica con un T.S.P.S. e così ottenere… mmh, risultati migliori.

Lui scosse il capo, esitò, le gettò un’occhiata di tralice. — Mia madre era una puttana — disse. La sua voce era stranamente lontana. Aspettò la risposta.

— Io… suppongo che fosse… piuttosto povera.

— Non so perché non abbia abortito, quando aspettava me. Lei faceva anche aborti, fra l’altro. Forse pensava alla vecchiaia. A volte mi vendeva ai suoi clienti, da bambino.

Cordelia sbarrò gli occhi. — Questo… questo non sarebbe legale, su Colonia Beta.

— Non ricordo molto di quel tempo. Me ne andai di casa quando avevo dodici anni, appena fui abbastanza grande da cominciare a prendere a calci i suoi dannati clienti. Restai con una banda di ladruncoli per qualche anno, ma a diciotto decisi di arruolarmi nel Servizio. Per togliermi da… — accennò col capo verso l’esterno ed ebbe una smorfia di disprezzo, — da questo schifo.