— Il Servizio dev’essere stato un grosso cambiamento per te.
— Sì. Finché non incontrai Vorrutyer. — Tacque, poi guardò verso la finestra. — Quand’ero bambino c’era molta più animazione in questo quartiere. Adesso è quasi morto. — Il suo tono si fece meditabondo. — Ci sono dei pezzi della mia vita che non riesco a ricordare troppo bene. È come… il dottore disse che ci ho messo sopra dei cerotti. Ma ci sono molte altre cose che vorrei dimenticare, e non posso.
Lei stava per chiedere quali, ma si limitò ad annuire con un mormorio, per incoraggiarlo.
— Non sapevo chi fosse mio padre. Essere un bastardo, figlio di una puttana, è quasi come essere un mutante.
— La parola «bastardo» è usata per descrivere una personalità negativa, ma dal punto di vista betano non ha nessun significato. I figli avuti da madre singola, anche senza licenza, sono identici a tutti gli altri. Anzi, visto che mancano del ruolo paterno ricevono assistenza e cure particolari. — Perché mi sta dicendo questo? Cosa si aspetta da me? Quando ha cominciato a parlare sembrava quasi impaurito, e ora sembra quasi contento. Cosa gli ho detto di tanto consolatorio? Cordelia sospirò.
Con suo sollievo, Koudelka risalì giusto allora con un vassoio di panini al formaggio, e tre cartoni di birra. Cordelia fu lieta di poter bere, anche se la birra non le piaceva. Mandò giù un boccone di pane e formaggio e disse: — Kou, dobbiamo modificare la nostra strategia.
Lui sedette sul sofà con un movimento goffo e annuì, serio in viso. — Cosa propone?
— È chiaro che non possiamo portarci dietro Lady Vorpatril e il bambino. Ma non possiamo neppure abbandonarli qui. Abbiamo lasciato sei cadaveri e un’auto in fiamme alla Sicurezza di Vordarian. Ci staranno cercando dappertutto, in questa zona. Però non sanno niente di noi; il loro unico obiettivo certo è una donna incinta. Questo ci offre qualche possibilità. Dobbiamo dividerci.
Lui esitò un momento, col panino in mano. — Allora lei pensa di andare con Lady Vorpatril, milady?
Cordelia scosse il capo. — Io devo andare alla Residenza Imperiale. Se non altro perché sono la sola che potrebbe dire: «È impossibile farcela. Bisogna rinunciare.» Drou conosce la strada e gli impianti di allarme del palazzo. E ho bisogno di Bothari. — Così come, in un suo strano modo, Bothari ha bisogno di me. - Questo lascia disponibile soltanto te.
Koudelka strinse le labbra, aspramente. — Certo. Non voglio essere la palla al piede che vi rallenta.
— Finora sei stato il motore che ci ha spinto — disse lei. — Non saremmo arrivati in città così presto e senza rischi, se non fosse stato per te. Noi potremmo fallire, e in questo caso non ci resta che Lady Vorpatril per dire che la nostra missione non è stata un’inutile pazzia. Occupandoti di lei, tu provvederai che questo risultato non vada perso.
— Ma avrò l’impressione che voi andiate in prima linea, mentre io resto in trincea.
— Non dire sciocchezze. Qui sei più che in prima linea. Sei un soldato all’interno delle linee nemiche, e se sarete catturati non avranno pietà di te, né di lei, né del bambino. Non ci sono trincee qui, ma solo la morte, la necessità e la logica. E io ho bisogno assoluto di tutte le tue facoltà. È chiaro, questo?
Lui sospirò. — Cercherò di proteggerla, milady.
— «Cercare» non è abbastanza. Padma Vorpatril ha «cercato» di proteggerla. Tu devi dannatamente riuscirci, Kou.
Lui annuì, accigliato. — Sì, milady.
Bothari si alzò per cercare degli indumenti adatti alla parte di «Marito povero, in viaggio con moglie e figlioletto» che Koudelka avrebbe dovuto recitare. — I clienti lasciano sempre della roba — disse, uscendo. Cordelia si chiese se avrebbero trovato un abito da prostituta per Alys Vorpatril. Koudelka andò a portare un panino anche a lei e a Drou. Quando rientrò nel salotto e si mise a sedere davanti a Cordelia aveva un’espressione abbacchiata.
Dopo un po’ disse, sottovoce: — Sa, adesso capisco perché Drou era così preoccupata all’idea di essere incinta.
— Che vuoi dire? — domandò Cordelia.
— I guai di Lady Vorpatril fanno sembrare i miei… cose dappoco. Santo cielo, quel bambino l’ha fatta soffrire.
— Mmh. È una sofferenza che dura mezza giornata. Un paio di settimane, nel suo caso. Ma non credo che lei la veda così.
— E come, allora?
— È qualcosa che… trascende il dolore. Fabbricare una vita. Io ci pensavo, quando ero gravida di Miles. «Con questo atto, io porto una morte al mondo.» Una nascita, e quindi una morte, e tutte le gioie e i dolori fra la prima e la seconda. Certi antichi simboli del misticismo orientale, come quello della Dea Kali, della Madre-Morte, mi sembravano idioti finché non ho capito che non erano mistici ma crudamente reali. Un «incidente sessuale», come lo chiamereste voi barrayarani, innesca una catena di cause ed effetti che va avanti fino alla fine del tempo. I nostri figli ci cambiano, che vivano o no. Anche se vostro «figlio» stavolta era soltanto chimerico, Drou è stata toccata da quel cambiamento. Tu no?
Lui scosse il capo, perplesso. — Non ci ho mai pensato. Io volevo solo essere normale. Come gli altri uomini.
— Credo che i tuoi istinti siano giusti. Però gli istinti non bastano. Non sarebbe meglio se i tuoi istinti e il tuo raziocinio lavorassero insieme, una volta tanto, invece di battersi per ottenere due risultati diversi?
Lui scrollò le spalle. — Non lo so. Non so come… arrivare a lei, ormai. Le ho chiesto scusa, ma… — Fra voi le cose vanno peggio che mai, no?
— Già.
— Sai cosa mi assilla di più, da quando abbiamo lasciato Base Tanery? — disse Cordelia.
— Cosa?
— Ho dovuto partire senza dire una parola ad Aral. Se mi succedesse qualcosa… o succedesse a lui… ciò che ho fatto resterebbe in sospeso per sempre. Non avrei più la possibilità di rimediare.
— Mmh. — Koudelka incrociò le braccia, annuendo.
Cordelia meditò per qualche secondo. — Cos’hai cercato di fare, a parte chiederle scusa? Hai provato a dire: «Come ti senti?» «Cosa pensi?» «Stai soffrendo?» o magari «Cosa provi per me?» Tutte frasi che finiscono con un punto interrogativo, ora che ci penso. Questo però stimola l’inizio di una conversazione, a volte. Lo sai?
Lui sorrise tristemente. — Non credo che lei voglia parlare con me, e specialmente di questo.
— Supponiamo… — Cordelia si girò a guardare fuori, nel corridoio, ma come se cercasse con gli occhi della mente un altro posto. — Supponiamo che le cose non avessero preso una svolta imprevista, quella famosa notte. Supponiamo che quell’idiota di Evon Vorhalas non avesse interrotto il vostro momento d’amore con un attentato. — Ecco un pensiero tragico. Quel «supponiamo-che-non» era un’ipotesi troppo dolorosa per lei, ma non era soltanto come esempio discorsivo che lo stava usando. — Immagina che nulla vi avesse interrotti. Sareste rimasti lì, a coccolarvi beatamente. — Aral usava spesso quella parola, «coccolarsi». Ma lei non voleva soffrire pensando ad Aral, adesso. — Vi sareste separati con affetto, e il mattino dopo, svegliandovi dopo una notte d’amore… Che si fa in questi casi, su Barrayar?
— Un paraninfo.
— Un cosa?
— I genitori della ragazza, o quelli del giovanotto, assumono un uomo di una certa età. Un intermediario. E attraverso il paraninfo si accordano su… sulle nozze, sulla dote, su tutto.
— E il giovanotto? Tu cos’avresti fatto?
— Avrei deciso la data, presumo, e pagato tutte le spese. Anche se poi in effetti sono i genitori a sborsare i quattrini.
Non c’era da meravigliarsi che un uomo si ritrovasse con dei pensieri. — Tu avresti voluto sposarla? Non andare a letto con lei e basta?
— Sicuro! Ma, milady… io sono soltanto un mezzo uomo, e nelle giornate buone. La sua famiglia si metterebbe a ridere, se mi vedesse.
— Hai mai incontrato i suoi familiari? Li conosci?
— No.
— Kou, stai ascoltando le parole che ti escono di bocca?