Nessuno dei due aprì bocca. — Come paraninfa, spetta a me assumere la rappresentanza dei vostri genitori e parlare in loro vece. Penso che dovrei cominciare impersonando la madre di Kou. — Cordelia esibì un’espressione dolcemente preoccupata e cambiò tono. — «Sai, ho pensato molto a te in questi anni, figliolo. E tu scrivi così di rado alla tua mamma. Non hai ancora conosciuto una brava ragazza che vada bene per te? Hai quasi ventisei anni, lo sai. Devi pensare al tuo futuro.» — Inarcò un sopracciglio quando Koudelka ridacchiò. — Ho il suo stile, eh? Dunque, Kou la ascolta e poi dice: «A dire il vero, Ma, una ragazza ci sarebbe. È bella, intelligente, con la testa a posto…» E la madre di Kou esclama: «Ooh-ooh! Allora so io cosa fare!» E assume me come paraninfa autorizzata. Così io vado da tuo padre, Drou, e gli dico: «C’è questo giovanotto, signore. Un tenente del Servizio Imperiale, il segretario privato del Lord Reggente. È un eroe di guerra, atteso da una brillante carriera al Quartier Generale…» E lui m’interrompe: «Non dica una parola di più! Ooh-ooh! Cosa aspetta quella ragazza a farci conoscere il suo tenente? Ha forse vergogna di mostrargli la nostra umile casa? Sono certo che un vero soldato come lui…»
— Io sono certo che direbbe esattamente un’altra cosa! — brontolò Kou, con una smorfia.
Cordelia si girò verso Droushnakovi. — Ciò che Kou ha detto è che la tua famiglia non farebbe neppure entrare in casa uno storpio.
— No! — esclamò lei, indignata. — Lui non è uno…
Cordelia la zittì alzando una mano. — Come vostra paraninfa, lascia che sia io a parlare. Quando l’amata figlia di un padre severo lo guarda dritto in faccia e gli dice: «Senti, Pa, io amo lui», un padre severo ma prudente risponde solo: «Sì, bambina, ti capisco.» Ammetto che tre nerboruti fratelloni possono essere più duri da lasciarsi convincere. Magari fanno piangere la sorellina e, se vengono a sapere che l’irreparabile è già accaduto, il tenente potrebbe passare un triste quarto d’ora in un vicolo buio. Ma io presumo che tu non abbia ancora telefonato ai tuoi fratelli per lamentarti con loro, Drou.
La ragazza ridacchiò. — È un pezzo che non gli telefono! Koudelka si accigliò, come se solo allora gli sovvenisse di considerare quel pensiero poco tranquillizzante.
— Vedi, Kou? — disse Cordelia. — Sei ancora in tempo a evitare tre inferociti fratelli, se giochi bene le tue carte. — Si girò verso Drou. — So che è un giovanotto acido e sgarbato. Ma in fondo al cuore non è l’egoista che sembra.
— Ho chiesto scusa. Mi dispiace di quello che è successo — mugolò Koudelka, senza guardarla.
— Ho già accettato le tue scuse — disse rigidamente Drou.
— E qui siamo al nocciolo della questione — continuò Cordelia, con più serietà. — Ciò che Kou ha appena detto è: «Be’, se vuoi la sporca verità, Drou, non mi è dispiaciuto per niente. È stato un momento bellissimo, tu sei stata deliziosa, e vorrei farlo ancora, e poi ancora e ancora. E dico farlo nel modo giusto e lecito, nella nostra casa, per sempre e solo con te.» È così, Kou?
Lui parve stordito. — Sì, è così. Lo ammetto.
Drou sbatté le palpebre. — Ma… ma questo è proprio ciò che volevo che tu mi dicessi!
— Davvero? — Lui si piegò in avanti per poterla guardare.
Il sistema del sensale di matrimoni ottiene dei risultati reali. Ma aveva anche i suoi limiti. Cordelia si alzò, abbandonando la posizione d’intermediaria, e guardò l’orologio. Il suo umore si raffreddò di colpo. — Avete poco tempo. Potete dire molto e molto più in fretta se lasciate che a parlare siano gli occhi. Io vado a far compagnia a Lady Vorpatril.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Nei vicoli del caravanserraglio le ombre che precedevano l’alba non erano così tenebrose come sulle montagne. La debole illuminazione della città si rifletteva nella foschia del cielo notturno, e in quel lucore le facce dei suoi compagni sembravano sfocate come antichi dagherrotipi. Cordelia cercò di non pensare come le facce dei morti.
Lady Vorpatril aveva mangiato e fatto qualche ora di sonno; non si reggeva troppo bene sulle gambe ma era in grado di camminare. La tenutaria del postribolo le aveva trovato un modesto abito grigio sorprendentemente sobrio, lungo fino alle caviglie, e calzettoni di lana contro il freddo. Koudelka indossava un vecchio paio di braghe, scarpe scalcagnate e una giacca da lavoro che gli andava corta di maniche. L’aria ansiosa con cui teneva in braccio il piccolo Ivan, avvolto in panni da neonato frusti ma decenti, completava l’immagine di una famigliola di umili origini che cercava di tornare in campagna dai genitori della moglie per sfuggire ai disordini e alla fame della città in guerra. Cordelia aveva visto centinaia di sfollati come loro che s’allontanavano con mezzi di fortuna da Vorbarr Sultana.
Koudelka ispezionò il gruppetto, e l’unica cosa che trovò fuori posto fu il bastone-spada che aveva in mano. Il legno lucido e le belle finiture in acciaio non ne facevano un oggetto da proletari. Ebbe un sospiro. — Drou, puoi nasconderlo da qualche parte? Non si intona ai vestiti che ho addosso, e mi servirebbe a poco anche come arma, col bambino in braccio.
Droushnakovi annuì, avvolse il bastone in una camicia e lo infilò fra i manici di una borsa. Cordelia ripensò all’ultima volta che lo aveva adoperato, e si guardò attorno. — C’è il caso che qualcuno ci prenda di mira, a quest’ora? Anche se non sembriamo dei ricconi, voglio dire.
— C’è gente che ci ammazzerebbe per i nostri stracci — borbottò Bothari. — D’inverno tutto fa comodo. Ma non stanotte. Le truppe di Vordarian hanno rastrellato il quartiere in cerca di «volontari» per scavare quei rifugi antiaerei nei parchi della città.
— Non l’avrei creduto capace di usare come schiavi dei liberi cittadini — mormorò Cordelia.
— È un’idiozia rovinare i parchi — disse Koudelka. — Quei rifugi non potranno ospitare che poche centinaia di persone. Ma fanno sentire la gente minacciata dal «Pericolo Vorkosigan».
Cordelia non ne era stupita. Nella biblioteca del Conte Piotr c’erano ben sei edizioni in lingue diverse di Machiavelli, tutte molto consultate. Abbracciò Alys Vorpatril, che stringendola a sé mormorò: — Dio ti aiuti, Cordelia. E faccia sprofondare all’inferno Vidal Vordarian.
— Andate cauti. Ci vediamo alla Base Tanery, d’accordo? — disse lei. A Koudelka diede una pacca su una spalla. — Sfrutta ogni occasione per confondere la pista. Anche se credi che nessuno vi segua.
— Cerche… ce la faremo, milady — disse Koudelka. Rivolse a Droushnakovi il saluto militare, un gesto in cui non c’era alcuna ironia, anzi un po’ d’invidia. Lei gli restituì un cenno del capo. Nessuno di loro prolungò quel momento con parole inutili, e i due gruppetti si allontanarono in direzioni diverse. Drou gettò qualche sguardo dietro di sé finché Koudelka e Lady Vorpatril ebbero svoltato un angolo, poi accelerò il passo.
Il cielo era ancora del tutto buio quando uscirono dalla zona priva d’energia elettrica in una strada illuminata, dove cominciavano a vedersi passanti che anche in quel mattino d’inverno s’affrettavano verso i loro affari quotidiani. Alle cantonate non pochi mostravano attimi di esitazione prima di svoltare l’angolo, come se fossero pronti a tirare diritto al minimo odore di qualcosa di sospetto, e in quell’incertezza che accomunava molti Cordelia si sentì più sicura. S’irrigidì quando una vettura da superficie della polizia municipale li oltrepassò lentamente, ma non accadde nulla.
A una quindicina di isolati dalla Residenza Imperiale, di fronte alla sede della Camera di Commercio, si fermarono e prima di avvicinarsi all’edificio controllarono che il portone fosse aperto. Era un palazzone a molti piani che ospitava anche gli uffici di una compagnia telefonica, costruito dopo il boom economico che aveva accompagnato l’ascesa al potere di Ezar, trent’anni prima, e restava aperto anche di notte. Attraversarono l’atrio senza vedere nessuno, entrarono in un ascensore antigravità e premettero il pulsante di discesa.