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«Che cosa ci stai dicendo?» chiese lei con voce fievole.

«Ho capito quello che intende», intervenne Paul. «Gli uccelli erano vivi quando venivano messi nei corpi. Hanno lottato. Come…» Si srotolò le maniche, quasi che nella stanza fosse calato un freddo improvviso, quindi proseguì: «… come un cuore che batte».

«Proprio così.» Jack si alzò e si mise la giacca. «Proprio così.»

Con tutta l'eccitazione della notte precedente, aveva fatto tardi. Aveva tante cose per la testa. Il suo imminente compleanno, Joni, e, naturalmente, la persona che aveva trascorso un giorno e una notte nel suo appartamento, violata, sottomessa.

La facilità del rapimento, il metodo semplice e simmetrico con cui si era liberato di lei (lasciandola nel giardino, in modo che il marito la trovasse), il futuro promettente che quel successo aveva dischiuso… Questi pensieri lo facevano vibrare, riempiendolo di euforia.

All'inizio, quando lui si era seduto sul sedile posteriore dell'auto con in mano una sega elettrica, la donna aveva perso completamente il controllo del proprio corpo. Pareva in preda a una crisi epilettica: dimenava la testa, batteva i piedi sul tappetino della macchina, muoveva le labbra senza emettere suoni e batteva i denti nell'oscurità. Ma, una volta presa la decisione di stordirla, colpendola sulla testa con l'impugnatura della sega, era diventato tutto più semplice.

C'era stato un unico inconveniente. Dopo aver trascorso giornate intere a studiarla, mentre faceva jogging passando ogni mattina di fronte al St. Dunstan's, si era convinto di aver scelto quella giusta, quella che non avrebbe richiesto nessun intervento chirurgico. Ed era stato travolto dalla delusione quando, giunto nel suo appartamento, l'aveva spogliata e le aveva visto il seno: si era reso conto che avrebbe dovuto tagliarlo qua e là. Comunque si era trattato solo di un dettaglio rispetto al travolgente successo conseguito, un successo che aveva rinsaldato quella fiducia in se stesso già cresciuta negli ultimi mesi. Per il suo compleanno, sarebbe stato pronto per il grande colpo. Ecco quello che stava pensando nella sua cucina trasandata, calda come una serra, mentre apriva un pacchetto di M &M e muoveva distrattamente le dita tra le barre di una gabbietta sul cui fondo giacevano, tremanti ed esausti, quattro diamantini mezzi spennacchiati. Non ricordava l'ultima volta che aveva dato loro da mangiare, ma ciò non aveva la minima importanza.

Mancava un giorno al suo compleanno. Un giorno soltanto. Prese gli M &M e si diresse verso il bagno. Era arrivato il momento di prepararsi.

Alle nove in punto le segreterie telefoniche dell'ufficio del personale del St. Dunstan's si disattivavano.

«Ufficio del personale. Sono Wendy.»

«Wendy…» Jack s'infilò la cravatta nella camicia e si chinò sulla scrivania. «Sono il detective Caffery dell'AMIP. Ci ha aiutati con quella stanzetta della biblioteca, ricorda?»

«Ah, sì, sì. Buongiorno, detective, buongiorno. Mi chiedevo quando si sarebbe fatto sentire. È stato uno shock per tutti. Sapeva che qui, all'ufficio del personale, il signor Harteveld era ben conosciuto? Sono terribilmente desolata, terribilmente desolata. Spero che il suo comportamento non abbia rovinato la sua opinione del St. Dunstan's. Saremmo tutti molto dispiaciuti se… Sa, siamo molto orgogliosi della nostra reputazione e se penso anche solo per un istante che quell'orribile uomo l'abbia compromessa, io…»

«Wendy…»

«Sì.» La donna trattenne il fiato e deglutì. «Mi perdoni.»

«Ha per caso i nominativi di chi è in ferie?»

Quando le disse chi stava cercando, rispose: «Detective Caffery, la metto in attesa mentre vado a prendere la sua cartella». Lo lasciò in compagnia di alcune battute del Canone in re di Johann Pachelbel, e ritornò in meno di un minuto, senza fiato, in preda all'agitazione.

«Pronto? Detective Caffery?»

«Sì?»

«Il signor Thomas Cook è in ferie, rientra l'8 giugno.»

«O così dice.»

«Scusi?»

«Niente. Ha il suo indirizzo?»

Cook viveva al pianoterra di una casa ristrutturata, formata da due appartamenti, a Lewisham. Nessun cantiere in strada o di fronte all'abitazione. Jack e Paul lasciarono Logan nella Sierra, sotto un platano che gocciolava sul cofano dell'auto. Si coprirono la testa con l'impermeabile e si diressero furtivamente verso il piazzale asfaltato davanti all'edificio, varcarono il cancello laterale di legno ed entrarono in giardino. L'erba era alta, e anche lì nessuna traccia di cemento o di lavori in corso. La casa appariva silenziosa: le finestre erano buie e tutte le tende del pianoterra tirate.

I due, in mezzo all'erba bagnata, rivolsero lo sguardo verso l'alto, osservando il tetto a due spioventi che gocciolava. Poi, d'un tratto, le trasmittenti si accesero.

«Bravo sei-zero-due da Bravo sei-zero-sei.» Un po' assurdamente, Logan stava bisbigliando. «Signore?»

Jack tolse la radio dalla custodia attaccata alla cintura. «Bravo sei-zero-due in ascolto.»

«Qualcuno si sta muovendo in casa, signore.»

«Ti abbiamo trovato. Ti siamo addosso. Forza!»

Tornarono alla Sierra di corsa.

«Chi è?»

«Una vecchietta.»

«Una vecchietta?»

«Hai presente il tipo? Capelli grigi, lenti bifocali…»

«La vicina del piano di sopra?»

«Be', se è la vicina di casa, allora mi piacerebbe sapere che cosa sta facendo nell'appartamento segnalato.»

«Come?»

«Al pianoterra. Guarda.»

Si voltarono tutti. Dietro le finestre anteriori dell'appartamento scorsero due grandi mani scostare una tenda.

«Bene», esclamò Jack dirigendosi di nuovo verso la casa. «Forse è un mio errore.»

«Jack», chiamò Paul, accelerando per raggiungerlo. «Cosa credi di fare?»

«Forse è un mio errore, forse il 27 a è giù e il 27b è su.» Suonò il campanello.

Paul, che si trovava al suo fianco, tremò. «Non mi piace, Jack.»

«Ma che dici? È solo una vecchietta.»

«Vestito per uccidere», bisbigliò l'altro. «Vestito per commettere un omicidio, ecco quello che penso.»

Si udirono alcuni passi nell'atrio, passi pesanti, e, quando Jack estrasse il distintivo dalla tasca, Paul si allontanò dalla porta d'ingresso.

«Sul serio, Jack. Tutto questo non mi piace affatto.»

Il viso riflesso nello specchio macchiato sopra il lavandino, i brutti denti e la pelle rossa e lucida ribadivano la convinzione che lo aveva accompagnato lungo tutta la vita: la rabbia era un suo diritto civile, e aveva tutte le ragioni per infuriarsi. Non aveva mai trascorso neppure un giorno, neppure un'ora, della sua esistenza senza vergognarsi del suo aspetto fisico: tendeva a ingrassare e non era mai riuscito a fare granché per modificare i languidi fianchi femminili e le gambe paffute di quand'era bambino. Quando camminava, le cosce sfregavano l'una contro l'altra, e ogni notte lui era costretto a pulire il deposito ceroso che si accumulava nelle pieghe della carne. Possedeva la lussuria di un toro e provava istinti sessuali eccessivi e brutali, ma non c'era da meravigliarsi che avesse raggiunto l'età di vent'anni ancora vergine.

La sua prima, squallida conquista sessuale era avvenuta in un vicolo di Camden, sotto una pioggia battente e in cambio di una mezza bottiglia di Pink Lady. Poi c'era stata una prostituta di St. Lucian a Hackney per dieci sterline, quattro Pernod e del ribes nero. Fu all'età di ventidue anni, quando si era reiscritto al primo anno di Biologia, Fisica e Chimica, che trovò lavoro come addetto alla sicurezza presso l'UMDS, e la sua vita subì una svolta.