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In quel momento, mentre il pastore parlava, mi sembrò che il mio mondo, rimasto sottosopra così a lungo, iniziasse a tornare al suo posto. Capii che ero stata una sciocca a temere tutto questo, neanche fosse un regalo di compleanno indesiderato o una passerella imbarazzante come il ballo di fine anno. Incrociai lo sguardo luminoso e trionfante di Edward e capii che era una vittoria anche mia. Perché l’unica cosa che importasse era poter stare con lui.

Mi accorsi che piangevo soltanto al momento di pronunciare le parole che ci avrebbero unito.

«Sì», riuscii ad ansimare con un sussurro incomprensibile, battendo le palpebre per schiarirmi lo sguardo e vederlo meglio in volto.

Quando toccò a lui, la parola risuonò netta e trionfante.

«Sì», promise.

Il signor Weber ci dichiarò marito e moglie e le mani di Edward si avvicinarono al mio volto per cingerlo con dolcezza, come fosse delicato quanto i petali bianchi che dondolavano sulle nostre teste. Accecata dal velo di lacrime, cercai di capacitarmi del fatto surreale che quella persona straordinaria fossi io. Quasi fosse possibile, anche i suoi occhi dorati sembravano gonfi di lacrime. Piegò la testa verso di me e io mi alzai in punta di piedi, gettandogli le braccia al collo, con il bouquet e tutto il resto.

Fu un bacio tenero, adorante. Dimenticai la folla, il luogo, il tempo, la ragione. Ricordavo solo che mi amava, che mi voleva, che ero sua.

Lui lo aveva iniziato e stava a lui concludere quel bacio, ma io lo strinsi forte, ignorando le risatine e i colpi di tosse dei presenti. Alla fine le sue mani lasciarono il mio viso e, troppo presto, fece un passo indietro per guardarmi. A prima vista, il suo sorriso spontaneo sembrava divertito, quasi compiaciuto. Ma dietro il momentaneo divertimento per la mia esibizione pubblica c’era una gioia profonda, eco della mia.

La folla scoppiò in un applauso ed Edward si voltò con me verso i nostri amici e parenti. Io però non riuscivo ad allontanare lo sguardo dal suo volto.

Le braccia di mia madre furono le prime a trovarmi, il suo viso solcato di lacrime il primo che vidi quando, controvoglia, distolsi gli occhi da Edward. Poi fu un susseguirsi di abbracci, da un invitato all’altro, senza capire bene chi mi stringesse, mentre la mia attenzione era tutta concentrata sulla mano di Edward intrecciata alla mia. Riconoscevo la differenza fra gli abbracci morbidi e caldi degli umani e quelli delicati e freddi della mia nuova famiglia.

Un abbraccio rovente si distinse fra tutti: Seth Clearwater aveva sfidato la folla di vampiri per sostituire il mio amico licantropo assente.

4

Gesto

La cerimonia confluì armonicamente nel ricevimento, a conferma dell’infallibile organizzazione di Alice. Sul fiume si rifletteva scintillando il crepuscolo: la funzione era durata esattamente il tempo necessario a che il sole si abbassasse dietro gli alberi. Mentre Edward mi guidava oltre le vetrate nel giardino posteriore, i raggi brillavano fra i rami e accendevano il bianco dei fiori. Qui all’esterno, in diecimila componevano il baldacchino profumato e arioso che sovrastava la pista da ballo allestita sull’erba fra due degli antichi cedri.

Tutto rallentò e si fece più rilassato, mentre la dolce sera d’agosto calava su di noi. La piccola folla si sparpagliò sotto il tenue chiarore delle lucine e gli amici appena abbracciati ci seguirono per festeggiarci. Questo era il momento di parlare, di divertirci.

«Congratulazioni, ragazzi», disse Seth Clearwater, chinando la testa sotto una ghirlanda di fiori. La madre, stretta al suo fianco, sbirciava gli ospiti con intensità e timore. Il viso di Sue era scarno e l’espressione fiera era accentuata dall’acconciatura austera dei capelli corti, come li portava la figlia Leah: chissà, forse li aveva tagliati così per dimostrarle solidarietà. Billy Black, all’altro lato di Seth, non era altrettanto nervoso.

Quando guardavo il padre di Jacob mi sembrava sempre di vedere due persone anziché una sola. C’era l’anziano sulla sedia a rotelle, con il volto rugoso e il sorriso splendente visibile a chiunque. E poi c’era il discendente diretto di una lunga stirpe di capi potenti e magici, avvolto nell’autorità che lo accompagnava dalla nascita. La magia, in assenza di cause scatenanti, non aveva toccato la sua generazione, ma Billy condivideva quel potere e quella leggenda che scorrevano attraverso di lui fino a suo figlio, l’erede che aveva voltato le spalle alla magia. Ciò aveva fatto di Sam Uley il primo depositario delle leggende e dei poteri...

Considerati la compagnia e l’evento, Billy sembrava stranamente a proprio agio e le sue pupille nere brillavano come avesse appena ricevuto buone notizie. Restai colpita dalla sua pacatezza. Ai suoi occhi questo matrimonio doveva sembrare una cosa bruttissima, anzi la peggiore che potesse capitare alla figlia del suo migliore amico.

Ero consapevole che per lui non era facile moderare i sentimenti, dato che un evento del genere poteva mettere in crisi l’antico patto fra i Cullen e i Quileute, quello che proibiva ai Cullen di creare altri vampiri. I lupi sapevano che stava per essere infranto, ma gli altri non avevano idea di quale reazione aspettarsi. Prima dell’alleanza, si sarebbe scatenato un attacco fulmineo. Una guerra. Ma, adesso che si conoscevano meglio, c’era spazio per l’indulgenza?

Come per rispondere a questo pensiero, Seth si fece incontro a Edward a braccia aperte. Edward ricambiò senza staccarsi da me.

Notai un leggero brivido in Sue.

«È bello vedere che te la passi bene, amico», disse Seth. «Sono contento per te».

«Grazie, Seth. Te ne sono davvero grato». Edward sciolse l’abbraccio e si rivolse a Sue e Billy. «Grazie anche a voi. Per aver lasciato venire Seth. Per essere accanto a Bella oggi».

«Prego», disse Billy con la sua voce profonda e rauca, e restai sorpresa dall’ottimismo che sprigionava. Forse all’orizzonte c’era una tregua più solida.

Iniziava a formarsi una piccola fila, perciò Seth salutò e spinse Billy verso il buffet. Sue li accompagnò tenendo le mani sulle loro spalle.

Dopo di loro, furono Angela e Ben a reclamarci, seguiti dai genitori di Angela e poi da Mike e Jessica, che, con mia gran sorpresa, si tenevano per mano. Non sapevo che fossero tornati insieme. Meno male.

Alle spalle degli amici umani c’erano le mie nuove cugine acquisite del clan di Denali. Mi resi conto che stavo trattenendo il respiro quando la prima delle vampire, Tanya a giudicare dalla sfumatura rossiccia dei riccioli biondi, si avvicinò ad abbracciare Edward. Accanto a lei, tre vampiri dagli occhi dorati mi guardavano con evidente curiosità. Una delle donne aveva pallidi capelli biondi, dritti e lisci come granturco. L’altra e l’uomo che le stava a fianco avevano i capelli neri, con un’ombra olivastra sul colorito smunto della pelle.

E tutti e quattro erano tanto belli da farmi venire il mal di stomaco.

Tanya era ancora abbracciata a Edward.

«Ah, Edward», disse, «mi sei mancato».

Lui ridacchiò e con destrezza sciolse l’abbraccio, le posò leggero una mano sulla spalla e fece un passo indietro, come per guardarla meglio. «Ne è passato di tempo, Tanya. Ti trovo bene».

«Anch’io».

«Lascia che ti presenti mia moglie». Per la prima volta Edward aveva tutte le ragioni di chiamarmi così e sembrava esplodere di soddisfazione. Il clan di Denali rispose con un’allegra risata. «Tanya, questa è la mia Bella».

Tanya era adorabile come l’avevo immaginata nei miei incubi peggiori. M’inchiodò con uno sguardo molto più riflessivo che rassegnato e mi offrì la mano.

«Benvenuta in famiglia, Bella». Fece un sorriso mesto. «Noi ci consideriamo la famiglia allargata di Carlisle e mi dispiace davvero che di recente non abbiamo, ehm... onorato la parentela. Avremmo dovuto conoscerci prima. Saprai perdonarci?».