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Tia accarezzò Benjamin sul viso. Lui ricambiò il sorriso, sereno, trattenendo la sua mano contro la guancia.

Non vidi tutte le espressioni d’amore e di dolore. Mi distrasse un’improvvisa pressione che picchiettava contro l’esterno del mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam. La pressione non creò danni e poi sparì.

Non ci fu alcun mutamento nelle forme silenziose e immobili degli anziani a consiglio. Ma forse qualche segnale mi era sfuggito.

«State pronti», sussurrai agli altri. «Si comincia».

38

Il potere

«Chelsea sta cercando di rompere i nostri legami», sussurrò Edward. «Ma non riesce a trovarli. Non ci sente...». Spostò lo sguardo su di me. «Sei tu con il tuo scudo?».

Gli sorrisi risoluta. «Sto dominando tutta la situazione».

Improvvisamente Edward si staccò da me e con la mano si sporse verso Carlisle. Al tempo stesso, accusai una stoccata più forte contro lo scudo, nel punto in cui avvolgeva protettivo la luce di Carlisle. Non fu dolorosa, ma nemmeno piacevole.

«Carlisle? Tutto bene?», gli chiese Edward angosciato.

«Sì. Perché?».

«Jane», rispose Edward.

Nel momento stesso in cui pronunciò il suo nome, lei lanciò una dozzina di attacchi acuminati nel giro di un secondo, che martellarono tutto lo scudo elastico, diretti verso dodici punti luminosi diversi. Poi allentai la presa per verificare che lo scudo non avesse subito danni. A quanto pareva, Jane non era stata in grado di perforarlo. Mi guardai intorno rapida; stavano tutti bene.

«Incredibile», disse Edward.

«Ma perché non aspettano che decidano?», sibilò Tanya.

«È la loro procedura normale», rispose brusco Edward. «Di solito rendono inoffensive le persone sotto processo, in modo che non possano fuggire».

Guardai dalla parte di Jane, che fissava il nostro gruppo furiosa e incredula. Ero piuttosto sicura che, a parte me, non avesse mai visto nessuno restare in piedi dopo un suo attacco feroce.

Probabilmente non fu un gesto molto maturo. Ma immaginai che Aro ci avrebbe messo un secondo a intuire, se già non l’aveva fatto, che il mio scudo era molto più potente di quanto sapesse Edward: avevo già un bersaglio gigantesco disegnato sulla fronte e non c’era più motivo per cercare di mantenere segreto quello che ero capace di fare. Quindi scoccai un sorriso compiaciuto in direzione di Jane.

Lei strinse gli occhi e sentii un’altra fitta di pressione, questa volta diretta in particolare a me.

Schiusi di più le labbra, mostrandole i denti.

Jane si fece sfuggire un grido acuto misto a un ringhio. Tutti sussultarono, persino il disciplinato corpo di guardia. Ma non gli anziani, che non si distolsero minimamente dal loro conciliabolo. Il suo gemello la trattenne per il braccio mentre si accucciava, pronta a balzare.

I rumeni cominciarono a sghignazzare maligni, pregustando quello che sarebbe successo.

«Te l’ho detto che questo era il nostro momento», disse Vladimir a Stefan.

«Guarda un po’ che faccia fa quella strega», ridacchiò Stefan.

Alec confortò la sorella con una pacca sulla spalla, poi la prese sottobraccio. Si girò verso di noi, imperturbato, con aria angelica.

Mi aspettavo una pressione, un qualche segno del suo attacco, ma non avvertii nulla. Continuava a fissare nella nostra direzione, con il bel viso inalterato. Ci stava attaccando? Stava perforando il mio scudo? Ero l’unica che riusciva ancora a vederlo? Strinsi la mano a Edward.

«Tutto bene?», gli chiesi con voce strozzata.

«Sì», sussurrò.

«Alec ci sta provando?».

Edward annuì. «Il suo dono è più lento di quello di Jane. Avanza strisciando. Ci raggiungerà fra qualche secondo».

Fu allora che lo vidi, quando seppi cosa dovevo cercare.

Sopra la neve fluiva lentamente una strana foschia limpida, quasi invisibile sullo sfondo bianco. Mi ricordava un miraggio: una lieve distorsione della vista, un barlume. Allargai lo scudo oltre Carlisle e il resto della nostra prima linea, perché temevo la vicinanza di quella foschia furtiva nel momento in cui ci avrebbe colpiti. E se fosse riuscita a incunearsi attraverso la mia protezione intangibile? Dovevamo forse fuggire?

Un brontolio basso attraversò il terreno sotto i nostri piedi e una folata di vento soffiò via la neve in turbini improvvisi nello spazio fra la nostra postazione e quella dei Volturi. Benjamin aveva visto la minaccia strisciante e stava cercando di dirottare la foschia lontano da noi. La neve rendeva facile vedere in che direzione lui scagliava il vento, ma la nebbia non reagiva in nessun modo. Era come l’aria che soffia senza lasciare traccia attraverso un’ombra: l’ombra era immune.

La formazione triangolare degli anziani finalmente si separò quando, con un atroce cigolio, in mezzo alla radura si aprì una faglia profonda e stretta, una lunga linea a zigzag. Per un attimo la terra mi tremò sotto i piedi. Le folate di neve precipitarono nel buco, ma la foschia riuscì a passarci sopra, immune alla gravità come lo era al vento.

Aro e Caius spalancarono gli occhi a vedere la terra che si apriva. Marcus, invece, non tradiva alcuna emozione.

Tacquero, in evidente attesa che la foschia ci raggiungesse. Il vento sibilava più forte, ma non cambiava il percorso della foschia. Ora Jane sorrideva.

Poi la foschia si scontrò contro un muro.

Ne sentii il sapore appena toccò il mio scudo: aveva un gusto denso, dolce, stucchevole. Mi ricordava vagamente la novocaina quando mi desensibilizzava la lingua.

La foschia si arricciò verso l’alto, cercando una falla, un punto debole. Non ne trovò. Le dita della nebbia perlustrarono in alto e intorno a sé, cercando un modo per entrare, e nel farlo evidenziavano le proporzioni incredibili dello schermo protettivo.

Da entrambi i lati dello squarcio creato da Benjamin la gente rimase a bocca aperta.

«Bel colpo, Bella!», esultò Benjamin a voce bassa.

Mi ritornò il sorriso.

Vedevo gli occhi socchiusi di Alec, il dubbio dipinto per la prima volta su quei lineamenti, mentre la sua foschia mulinava innocua intorno ai bordi del mio scudo.

E fu allora che capii che ce la potevo fare. Ovvio, sarei diventata l’obiettivo numero uno, la prima a dover morire, ma finché resistevo eravamo ben più che superiori rispetto ai Volturi. Noi avevamo ancora Benjamin e Zafrina, loro neppure un aiuto soprannaturale, finché reggevo.

«Dovrò assolutamente concentrarmi», sussurrai a Edward. «Quando arriveremo al corpo a corpo, sarà più difficile mantenere lo scudo intorno alle persone giuste».

«Te li terrò lontani».

«No. Tu devi assolutamente occuparti di Demetri. Sarà Zafrina a tenermeli lontani».

Zafrina annuì seria. «Nessuno toccherà questa ragazza», promise a Edward.

«Mi occuperei io di Jane e Alec, ma sono più utile qui».

«Jane è mia», sibilò Kate. «Ha bisogno di essere ripagata con la sua stessa moneta».

«E Alec è in debito di varie vite con me, ma posso accontentarmi della sua», ruggì Vladimir dall’altra parte. «È tutto mio».

«Io voglio solo Caius», disse pacata Tanya.

Gli altri cominciarono a spartirsi gli avversari a loro volta, ma in breve vennero interrotti.

Aro, fissando calmo la foschia inutile di Alec, finalmente parlò.

«Prima che votiamo...», esordì.

Scossi la testa rabbiosa. Ero stufa di quel balletto. In me si stava riaccendendo la sete di sangue e mi dispiaceva di dover restare ferma, perché così sarei stata molto più utile agli altri. Desideravo disperatamente di combattere.

«...lasciate che vi ricordi», continuò Aro, «che, qualunque sia la decisione del consiglio, non occorre che ne consegua alcuna violenza qui».

Edward proruppe in una risata tetra.

Aro lo fissò triste. «Sarebbe uno spreco deplorevole per la nostra specie perdere qualcuno di voi. Specialmente tu, giovane Edward, e la tua compagna neonata. I Volturi sarebbero felici di accogliere molti di voi fra le loro schiere. Bella, Benjamin, Zafrina, Kate. Avete molte possibilità di scelta davanti a voi. Prendetele in considerazione».