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Ci pensai su. «So quello che faccio».

«Come fai a dirlo, Bella? Guarda mia madre, guarda mia sorella. Non è un sacrificio facile come immagini».

«Esme e Rosalie se la cavano alla grande. Se poi sarà un problema, faremo come Esme: adotteremo qualcuno».

Dopo un sospiro, la sua voce riprese vigore. «Non è giusto! Non voglio che tu debba sacrificarti per me. Voglio darti tutto e non privarti di nulla. Non voglio rubarti il futuro. Se io fossi umano...».

Gli posai la mano sulle labbra. «Tu sei il mio futuro. Adesso basta. Smettila di mugugnare, altrimenti chiamo i tuoi fratelli e ti faccio venire a prendere. Forse un addio al celibato è proprio quello che ti serve».

«Scusa. Sto mugugnando, vero? Dev’essere il nervosismo».

«Non dirmi che le gambe tremano a te».

«Non in quel senso. È da un secolo che aspetto di sposarti, signorina Swan. L’attesa della cerimonia nuziale è l’unica cosa che...». S’interruppe a metà frase. «Oh, per l’amor del cielo!».

«Che succede?».

Digrignò i denti. «Non darti pena di chiamare i miei fratelli. Pare che stanotte Emmett e Jasper non ammettano defezioni».

Lo strinsi più forte per un attimo e poi lo lasciai andare. Non avevo uno straccio di possibilità di vincere un braccio di ferro con Emmett. «Divertiti».

Udii uno stridio alla finestra, qualcuno che grattava intenzionalmente le unghie d’acciaio contro il vetro per produrre un rumore agghiacciante, da tapparsi le orecchie e avere la pelle d’oca sulla schiena.

«Se non fai uscire Edward», sibilò minaccioso Emmett, ancora invisibile nella notte, «veniamo a prendercelo!».

«Vai», dissi ridendo, «prima che mi facciano a pezzi la casa».

Controvoglia, Edward si alzò in piedi con un movimento fluido e allo stesso modo s’infilò la camicia. Si chinò a baciarmi la fronte.

«Dormi. Domani è un giorno importante».

«Grazie! Questo mi aiuterà a rilassarmi».

«Ci vediamo all’altare».

«Io sarò quella in bianco». Sorrisi del mio tono perfettamente disincantato.

Lui ridacchiò e disse: «Molto convincente». Di colpo si rannicchiò contraendo i muscoli come fossero molle. Così svanì, lanciandosi fuori dalla finestra troppo veloce perché i miei occhi lo seguissero.

Dall’esterno giunsero un tonfo smorzato e le imprecazioni di Emmett.

«Non fategli fare tardi», mormorai, certa che potessero udirmi.

Allora il volto di Jasper sbucò dalla finestra e i capelli biondo miele divennero argentei alla debole luce della luna che filtrava fra le nuvole.

«Non preoccuparti, Bella. Lo riporteremo a casa più che in tempo».

All’istante divenni calmissima e tutte le mie preoccupazioni persero d’importanza. Jasper, a modo suo, aveva talento come Alice con le sue previsioni inquietantemente accurate. La differenza era che Jasper si occupava di stati d’animo anziché di futuro, ed era impossibile resistere alle emozioni che decideva di farti provare.

Mi sedetti goffa, ancora aggrovigliata nella coperta. «Jasper? Cosa fanno i vampiri alle feste d’addio al celibato? Non avrete intenzione di portarlo in uno strip club, vero?».

«Non dirle niente!», ringhiò Emmett dal basso. Dopo un altro tonfo, Edward soffocò una risata.

«Rilassati», disse Jasper e fu quello che feci. «Noi Cullen abbiamo una variante nostra. Soltanto qualche puma e un paio di grizzly. Una normalissima serata fuori casa».

Mi domandai se sarei mai riuscita a parlare con altrettanta disinvoltura della dieta "vegetariana" dei vampiri.

«Grazie, Jasper».

Fece l’occhiolino e sparì dalla mia vista.

All’esterno era calato il silenzio assoluto. Fra le pareti vibrava il russare smorzato di Charlie.

Mi adagiai sul cuscino, insonnolita. Con le palpebre pesanti, osservai le pareti della mia cameretta, divenute bianche alla luce della luna.

L’ultima notte nella mia stanza. L’ultima notte come Isabella Swan. Una notte ancora e sarei diventata Bella Cullen. La faccenda del matrimonio era una vera spina nel fianco, ma dovevo ammettere che il nome mi suonava bene.

Lasciai vagare oziosamente i pensieri, sicura che il sonno mi avrebbe catturata. Ma dopo pochi minuti rieccomi più sveglia che mai, mentre l’ansia tornava a strisciarmi nello stomaco contorcendolo nelle posizioni più scomode. Il letto sembrava troppo morbido, troppo caldo senza Edward. Jasper si era allontanato e ogni serena sensazione di pace se n’era andata con lui.

Mi aspettava una giornata molto lunga.

Ero conscia della stupidità di molte mie paure, dovevo soltanto prenderne atto. Stare al centro dell’attenzione era inevitabile. Non potevo passare la vita a confondermi con il paesaggio. Tuttavia, alcune preoccupazioni erano più che giustificate.

Prima di tutto, c’era lo strascico dell’abito da sposa. Alice aveva palesemente lasciato che la sua sensibilità artistica avesse la meglio sulla praticità. Affrontare la scalinata dei Cullen con tacchi e strascico mi appariva impossibile. Avrei dovuto allenarmi.

Poi c’era la lista degli ospiti.

La famiglia di Tanya, il clan di Denali, sarebbe arrivata prima della cerimonia.

Che la famiglia di Tanya e gli ospiti della riserva Quileute, ovvero il padre di Jacob e i Clearwater, fossero nello stesso luogo nello stesso momento rappresentava una faccenda più che delicata. Quelli di Denali non amavano i licantropi. Irina, la sorella di Tanya, aveva persino rifiutato l’invito al matrimonio. Covava ancora un sentimento di vendetta contro i licantropi che avevano ucciso il suo amico Laurent (il quale a sua volta stava per uccidere me). A causa del suo rancore, la comunità di Denali aveva abbandonato la famiglia di Edward nel suo momento di maggiore difficoltà. Era stata l’improbabile alleanza con i lupi Quileute a salvarci la vita quando l’orda di vampiri neonati aveva sferrato l’attacco...

Edward mi aveva promesso che non sarebbe stato pericoloso che il clan di Denali e i Quileute si tenessero vicini. Tanya e la sua famiglia, con l’eccezione di Irina, si sentivano tremendamente in colpa per la loro defezione. La tregua con i licantropi faceva parte del prezzo che erano disposti a pagare per risarcire il debito.

E se questo costituiva il problema maggiore, ce n’era anche uno minore: la fragilità della mia autostima.

Non avevo mai visto Tanya, ma ero certa che conoscerla non sarebbe stata una bella esperienza per il mio ego. Un tempo, probabilmente prima ancora che io nascessi, aveva fatto il filo a Edward. Non che potessi dare la colpa a lei o a chissà chi altra per averlo desiderato, ma la immaginavo come minimo bellissima e al massimo straordinaria. Malgrado Edward preferisse me, cosa evidente quanto incomprensibile, sapevo che non mi sarei trattenuta dal fare paragoni.

Avevo brontolato un po’ finché Edward, che conosceva le mie debolezze, non mi aveva fatto sentire in colpa.

«Per loro siamo la cosa più simile a dei parenti, Bella», mi aveva ricordato. «Si sentono ancora orfane, sai, malgrado sia passato tanto tempo».

Dovetti riconoscerlo e nascosi il mio broncio.

Tanya aveva adesso una famiglia numerosa quasi come quella dei Cullen. Erano in cinque: alle sorelle Tanya, Kate e Irina si erano aggiunti Carmen ed Eleazar, più o meno allo stesso modo in cui ai Cullen si erano aggregati Alice e Jasper, uniti dal desiderio di vivere in maniera più compassionevole rispetto ai vampiri normali.

Malgrado la compagnia, però, Tanya e le sorelle erano, in un certo senso, ancora sole. Ancora in lutto. Perché, tantissimo tempo prima, anche loro avevano avuto una madre.

Riuscivo a immaginare il vuoto lasciato dalla perdita, persino dopo mille anni. Tentai invano di visualizzare la famiglia Cullen senza colui che ne era il creatore, il centro e la guida: Carlisle, il padre di tutti.

Carlisle aveva raccontato la storia di Tanya una delle tante notti in cui avevo fatto tardi a casa Cullen, cercando di imparare il più possibile e di prepararmi al meglio per il futuro che avevo scelto.